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Perchè esisti?
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Perché continui ad esistere?

Questa domanda è un taboo, cresciamo in una società in cui l'esistenza viene percepita come sacra e il solo mettere in discussione questo dato di fatto non è contemplabile.

Questo porta una schiera di persone a domandarsi di fronte al suicidio frasi come "perché quella persona si sarà suicidata?" dando per scontato che ognuno debba continuare ad esistere, che non ci sia alcun senso logico dietro un suicidio.

Se eliminiamo per un secondo il concetto morale di "dover vivere" e "la vita è sacra" la prima domanda che viene da chiedersi è "Perché così poche persone si suicidano?".

Quante persone soffrono? Quante persone hanno un'esistenza al limite della sopportazione? Se confrontiamo questi numeri con quelli che scelgono il suicidio ci si rende conto di come le persone nonostante tutto scelgano di andare avanti.

La domanda a questo punto è perché? Perché una persona in quello stato non interrompe la sua esistenza? Le risposte sono quattro:

- religione e morale, la persona crede nella sacralità e la paura di fare qualcosa di sbagliato è così intensa da impedirle di suicidarsi;

- speranza o lungimiranza, la persona crede (in modo illusorio o valido) che nel futuro la situazione migliori;

- pulsione all'autoconservazione, la persona non raggiunge una sofferenza tale da sconfiggire la pulsione che ci spinge come specie ad autoconservarci;

- altre inibizioni minori e varie che sommatte riescono a sconfiggere il pensiero suicida (come ad esempio la paura di soffrire o far soffrire qualcuno a noi vicino).

 

L'obbiettivo di questo articolo è di svegliare le persone chiuse mentalmente che pensano che ogni persona vada avanti perché c'è una sola spiegazione al fatto che non ci si suicida, ad esempio una persona che pensa che la vita sia sacra deduce erroneamente che per ogni altra persona sia così, etc..

In questo modo ci si può rendere che vicino a noi ci sono persone che hanno desiderato o desiderano ancora suicidarsi e se non l'hanno fatto è perché c'è qualcosa che le ferma e solo parlando con queste persone si può scoprire cosa è.

 

Il suicidio è un evento che fa riflettere sia sotto il profilo della sofferenza e di quanto questa sia un ostacolo a qualsiasi livello di intensità (elimina la serenità) e ci ricorda che un'esistenza in cui non si è raggiunto o non si può raggiungere il proprio scopo perde così tanto di significato che probabilmente l'idea del suicidio non è così disturbata come si possa pensare.

Diverse persone non accettano la possibilità di suicidio basando la loro teoria sul "nel futuro c'è sempre un modo per cambiare le cose" e anche di fronte a malattie incurabili trovano risposte come "ma che ne sai possono scoprire la cura". L'errore di queste persone è nel processare a livello logico una problematica emotiva insopportabile, se una persona passa giorni e mesi a soffrire psicologicamente in modo insopportabile non può fare a meno di considerare la fine di oggi anche come un rimedio a qualcosa che non si sopporta più. Chi non ci è passato non può comprendere perché l'unico modo per farlo è esporsi ad una sofferenza continuata, tentate di immaginare il dolore più intenso psicologico che abbiate mai provato ed estendetelo nel tempo per mesi o anni, se siete riusciti a simulare questo evento senza fare errori vi sarete resi conti che la speranza nel futuro cozza con un presente in cui non ce la si fa più.

Un altro punto che impedisce alle persone di accettare il suicidio è il fatto che queste persone non riescano a comprendere cosa significi suicidarsi perché di fatto non hanno compreso cosa significhi vivere.

Per alcune persone la vita è un'esperienza passiva, come fumarsi una sigaretta, come mangiare un piatto di pasta o assistere ad un panorama, eventi piacevoli ma che non descrivere il verbo vivere nella sua forma attiva, in cui una persona coltiva obbiettivi, coltiva desideri, coltiva una serie di cose e quando viene messo di fronte all'impossibilità di averne o si rende conto che non ne ha, la depressione che ne consegue non può non essere considerata.

Il modo migliore per trattare il suicidio è quello di paragonarlo all'accanimento terapeutico, quando una persona sta male va curata, la stessa persona desidera essere curata, ma quando passano i mesi e la persona non guarisce e comincia a non sopportare più quella situazione va accettato e compreso che la scelta di andarsene è una scelta coerente e ponderata.

 

Ci sono suicidi che non avvengono in questo modo e quelli sono criticabili, ma al tempo stesso va accettato che esistono modi coerenti di andarsene perché la situazione non è sostenibile e dopo i tentativi fatti non è modificabile.

 

 

ultima modifica il: 17-10-2015 - 14:17:59
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