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Hai trovato il tuo posto nel mondo?
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Erano gli anni delle superiori, un giorno la professoressa ci assegnò un tema riguardo il ruolo dell'istruzione nella vita delle persone, non ricordo il titolo esatto ma si richiedeva di analizzare la correlazione fra il grado di istruzione e la qualità esistenziale.

In quel periodo già mi ero reso conto di come alcune persone che avevano dato priorità allo studio accademico, si fossero perse diverse esperienze che facevano "crescere" sul lato esistenziale, si pensi ad esempio alla simpatia, una skill fondamentale che non impari a scuola dietro i banchi di scuola, chi è quel folle che si aspetta che la scuola dia tutto? Eppure il tema proposto aspirava a quello, all'elogio cieco nei confronti della scuola.

Ero furbo e non sono mai andato contro i prof ma non sono nemmeno mai stato un lecchino e quindi sebbene per prendere un voto alto mi sarebbe convenuto seguire la pista dell'elogio proposto dalla prof scelsi comunque di scrivere il mio pensiero contenente un'aspra critica nei confronti di quello che oggi chiamerei "fallimento scolastico" che avevo già percepito a quei tempi, evidenziando tutte le lacune che avevano le persone "illuse" che la scuola o i libri dessero tutti gli strumenti necessari a vivere.

Oggi l'avrei scritto diversamente quel tema, aggiungendo quanto sia fondamentale criticare, guardarsi intono e integrare tutto con diverse fonti, avrei scritto in modo più chiaro che la scuola era una condizione necessaria ma non sufficiente e che era altrettanto necessario avere altre basi come una visione attiva dello studio o come fonti alternative agli unici testi scolastici posti o ai genitori che avevano l'unica voce in capitolo.

Quello che scrissi e che mi venne contestato fù una frase chiara seppur riduttiva che era più o meno questa "la scuola manca di tante cose e non è in grado di porsi come strumento assoluto e quindi non può essere la scuola della vita", trovai questa frase segnata con un appunto che riportava il "non senso" al punto che la prof mi chiamò per delle spiegazione e dopo una breve discussione lei mi disse che la scuola era fondamentale alla vita e che la mia critica non aveva fondamento.

Chi era la prof? Una donna giovane, che ora definirei nella morsa della "confusione dell'eclettico" i cui studi non l'avevano portata alla consapevolezza.

A quei tempi era appena sposata fresca di studi e da lì a poco sarebbe rimasta in cinta, tutto lo studio classico che ha percorso non gli ha evitato né una esistenza media e standardizzata né gli ha dato strumenti per gestire e comprendere una classe piena di ragazzi seppure avessero pochi anni  meno di lei, io ora ho 26 anni e saprei come tenere anche 30 ragazzi per 5 ore muti senza fiatare, quando comprendi concetti come dovere, evitamento, paura, ansia o motivazione e hai un minimo di potere decisionale come lo ha un prof, puoi essere in grado anche di farli camminare sui carboni ardenti, non a caso c'erano prof che sapevano tenerci immobili come fossimo tante persone paralizzate.

Eppure questa donna aveva la convinzione che la scuola le avesse dato tutto le risposte e che non solo, fosse la risposta a tutto, nonostante i miei tentativi di far comprendere cosa sia lo studio e di quanto sia necessario io stesso affermerei che non è tutto, niente può essere ridotto a tutto, tante cose sono necessarie per un percorso ma non c'è mai un'unica variabile fondamentale e assoluta per tutti o per tutto.

Dopo una breve discussione io rimasi della mia teoria e lei anche, ma non mi piegai, avevo già intuito il fallimento scolatistico e il problema che per quanto uno studio e una scuola possa essere funzionale erano necessarie altre variabile e la scuola non era la riposta a tutto.

Cosa c'entra questo racconto con la domanda "Hai trovato il tuo posto nel mondo?"

Se chiedessimo alla mia ex professoressa qual'è il suo posto nel mondo lei non avrebbe dubbi a riguardo, il suo postolo ha trovata, immerso nello "studio" nell'essere professore, nello studiare e far studiare, lei non sarebbe l'unica mi sono capitate diverse persone che affermavano di aver trovato il loro posto nel mondo, ma non tutte, altre invece erano ancora alla continua ricerca di questo posto, del loro posto.

La cosa che mi chiedo è questa :"possibile che alle persone interessi trovare il loro posto e non chiedersi chi sono?" non intendo chiederselo a livello sommario, ma a livello approfondito, pensate a quante caratteristiche di personalità noi possediamo, al nostro atteggiamento o al bambino dimenticato, abbiamo un mondo da scoprire dentro di noi, non che questo faccia la differenza nel cambiamento anche se è uno dei passi fare, la domanda è perché limitarsi a trovare quel posto per realizzarsi e non interessarsi alla propria identità? 

Forse che le persone pensino che trovare il posto automaticamente sveli la loro personalità come per magia? Un po' come le persone che fanno un puzzle, vanno a caso senza usare un metodo senza usare le loro abilità cognitive e spaziali, e quando un pezzo si incastra casualmente vanno avanti, allo stesso modo le persone sperano che una volta trovato quello spazio in cui si incastreranno automaticamente scopriranno chi sono?

Io non sono d'accordo su questa teoria, io penso che chi trova il suo posto in realtà si sta illudendo che quello sia il suo posto, io ipotizzo che per nessuno di noi ci sia alcun posto, una persona che ha trovato se stessa, che ha scoperto se stessa e sopratutto ha fatto crescere se stessa qualsiasi posto può essere il  suo posto se in quel posto può essere felice, ma con le sue mani e non a causa di quello che c'è in quel posto.

Non chiederti qual'è il tuo posto, chiediti piuttosto chi sei, cosa c'è che non va e chi vuoi diventare, il luogo, 

gli obbiettivi non contano, tutto può essere necessario e allo stesso può cambiare per uno scopo più grande, uno scopo non ha luogo e non ha tempo, tutto può essere usato per uno scopo ma è un viaggio che va oltre lo spazio e il passare delle ore.

Le persone si attaccano a qualcosa, difendono un'idea soltanto per potervi appartenere, trovare uno spazio illusorio dove sentirsi a casa, bisogno che nasce dal fatto che sono persone che altrimenti si sentirebbero "spaesate" "impaurite" "parzialmente vuote e inadeguate" persone che non sono autosufficienti e per questo hanno bisogno di illudersi che quello sia il loro posto così da sentirsi a casa e azzittire i fantasmi che albergano ancora in loro.

Se un giorno la mia professoressa fosse licenziata e suo figlio rifiutasse completamente tutti i suoi insegnamenti rivolti all'elogio della scuola, cosa proverebbe quella donna se non sentirsi crollare il suo posto la sua casa sotto i piedi? Morire sotto il peso della macerie solo perché ha scelto di illudersi con radicata convinzione che quello fosse il suo posto senza rendersi conto che la nostra esistenza è mutevole e chi si ferma rischia di perdersi, la libertà è un'esclusiva di chi ha alternative ed è autosufficiente ed è profondamente conscio del continuo cambiamento di tutto.

ultima modifica il: 06-03-2014 - 22:40:56
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