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Il Distacco
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Il Distacco è un film del 2011 diretto da Tony Kaye, che racconta la storia di un professore dal passato travagliato che svolge il ruolo di supplente in un una scuola che simboleggia il degrado culturale e sociale in alcune zone d'America.

Il motivo principale per cui recensisco questo film è la presenza di una frase che caso raro si sposta totalmente con tutte le teorie presentante dall'AB:

"Non è indispensabile essere forti, sai? Quello che conta davvero è che molte persone mancano di consapevolezza. E' fondamentale che tu lo tenga ben presente Meredith, perché ne incontrerai sempre a qualsiasi età"

 

Questa frase ha due chiavi di lettura, la prima è quella classica "non pensare alle parole degli altri, sono stupidi, non sanno quel che dicono" che di solito fa poco o nulla.

La seconda chiava di lettura è quella che implica che se gli altri mancano di consapevolezza, l'osservatore non ne può mancare.

Non è indispensabile essere forti si traduce nel rendersi conto dell'inutilità della resilienza, anzi una volta compresa la realtà si comprende quanto sia stato inutile lottare contro determinate persone in quanto era il nostro punto di vista a causare quello stato paradossale, lottare contro qualcosa che costruiva la nostra mente.

La nostra mente non si inventa che qualcuno possa giudicarci o accanirsi contro di noi, ma si limita a guardare solo quello tirandone fuori significati che non esistono.

Che senza ha fissarsi sul giudizio e dedurne chi sa cosa quando non si comprende cosa spinge le persone a farlo e tante altre dinamiche ad esso correlate, una persona consapevole oltre che desensibilizzata a tale giudizio, oltre che aver annullato la componente istrietica, comprende anche perché accade tutto quello accada, una volta che la persona ha una visiona chiara delle cose, una visione desensibilizzata delle cose, la trappola della sofferenza non scatta più ma risulta semplicemente indifferente.

Quella frase è un invito velato a prendere come prima cosa consapevolezza di tutto, lasciare perdere tutto e puntare alla comprensione della realtà e delle persone che sono a contatto con essa.

 

A parte questa frase il film può essere interpretato in diversi modi, seguirà il mio personale punto di vista.

Premesso che non so se la logica proposta nel film sia oggettivamente accaduta o accada tutt'ora da qualche parte in America, a prescindere se sia reale o meno questo film può dare comunque spunti a livello esistenziale.

Il punto centrale del film è il problema, chiunque appaia ha dei problemi ed è interessante vedere una netta distinzione fra tutti i personaggi secondari che hanno problemi causati dalle loro scelte, e invece il personaggio principale che ha un problema e addirittura una serie di disturbi invece causati dal nonno, che abusò della madre fino a portarla al suicidio lasciandolo orfano all'età di 7 anni circa.

Non vengono dati spunti precisi per dedurre il perché il personaggio principale si ritrovi a fare da supplente in questa scuola per "rifiuti della società" e "ragazzi difficili" quindi si può supporre che provi piacere e desiderio di aiutare gli altri perché lui in primis è stata una persona che ha sofferto.

Questo lo porta ad essere l'unico supplente professore che trova piacere in ciò che fa, staccandosi nettamente da tutti gli altri professori che si lamentano continuamente e vengono destabilizzati dal lavoro che invece si ritrovano a "dover fare".

E' questo lo spaccato che abbiamo di fronte da una parte una serie di persone fra professori e alunni che "scontano le loro decisioni disfunzionali" dall'altra questo supplente che "paga le azioni illegali del nonno sulla madre".

Entrambi possono essere considerati come fallimenti educativi, anche se oggettivamente il trauma del professore è un gradino sopra al fallimento educativo di tutti gli altri traumi eppure, la persona che sta avanti a livello esistenziale è il professore.

Ricordando un po' la mia storia, più sofferenza in un'età di fragilità, che porta a più sensibilità, che ha portato a tante domande le quali hanno portata a tante risposte che portano ad andare avanti nei confronti degli altri a livello esistenziale.

Il problema è che la statistica ci suggerisce che la la maggior parte delle persone non ce la fa, la sensibilità e le troppe domande non ti portano necessariamente avanti, anzi è più probabile che portino risposte che finiscoio di distruggerti, che finiscano per farti richiudere in una serie di convinzioni per poi trovare un appiglio esterno perché da soli non "funziona", chi si rivolge a sostanze stupefacenti, chi nell'amore, chi in qualsiasi altra cosa purché sia sopportato dall'esterno in tutto quello che non è in grado di svolgere da solo.

Questo professere rappresenta la minoranza, non è stato schiacciato dal suo fallimento educativo, anche se per quanto sia andato avanti non riuscito a superare quel trauma, anche se è necessario specificare che un fallimento educativo non necessariamente implica traumi del genere, anzi statisticamente sappiamo che un fallimento educativo è dato da traumi minori e carenze esistenziali e casi come questi rappresentano la minoranza, cioè è possibile arrivare a fallimenti educativi di vasta portata senza ricadere in traumi così intensi e specifici, perché il punto centrale del fallimento educativo non è tanto il trauma quanto la carenza di insegnamento e la sofferenza generale in un'età in cui la sofferenza "segna".

Tolti questi due blocchi interessanti che sarebbero la frase sulla consapevolezza e il divario esistenziale fra supplente e i restanti personaggi, il film nell'insieme si potrebbe definire "banale" dato che non si fanno altro che inserire un insieme di storie "problematiche" come prostituzione, bullismo e mancanza di autostima o autoefficacia che andranno a rendere complicato il lavoro del supplente.

Per finire penso che il termine "distacco" sia completamente fuori luogo con la trama del film, ma questo forse è più causato dalla traduzione e da come intendono il termine "detachment" gli americani, non che un errore del regista.

Questo film io l'avrei chiamato "L'uomo senza volto in una stanza vuota" una metafora suggerita da una studentessa che lo raffigura così, una stanza vuota perché anche se ci sono studenti questi sono vuoti cioè inconsapevoli, e un uomo senza volto perché anche se lui non è vuoto come gli altri e ha fatto passi in avanti nei confronti delle altre persone, si ritrova ad un disturbo che gli impedisce di appropiarsi completamente della sua personalità, un errore che non sè suo eppure sarà lui a pagarlo per tutto il corso della sua esistenza.

ultima modifica il: 24-08-2012 - 0:34:09
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