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"Non c'è alcuna scelta nell'accettazione, non si può scegliere di accettare qualcosa, l'unica cosa che puoi scegliere è come reagire ad essa"

Cos'è l'accettazione?

(accettare la vita che si è scelti, si accetta qualcosa solo se non la si vede più come un danno, cambiando la percezione (distorcendola apposta o vedendola per quella che è senza pericolo) o cambiando la realtà)

Trascendere, si supera l'acrimonia pensando immediatamente al futuro in cui si può agire per limitare i danni o superare i danni, risolvere comunque la questione e si impedisce a qualcosa che non accettiamo nel presente di danneggiarci ulteriormente oltre i danni già fatti; 

Accettare, è lo stato psicologico di chi non vede nessun danno in qualcosa che subisce e che accade intorno a lui e di conseguenza lo accetta, cioè non reagisce, non prova nulla di negativo nei confronti di quell'evento;

Tollerare, sebbene non lo si accetti nella propria mente appare conveniente non fare nulla, cioè insieme al danno si percepisce anche un vantaggio e quindi il soggetto si concentra sui pro e non sui contro, anche se i contro in qualche modo lo avvelenano dentro;

Transigere, vado alla ricerca di un compromesso che me lo faccia tollerare, che riduca il danno e aumenti i vantaggi, 

Rassegnazione, lo stato psicologico di chi non accetta qualcosa ma al tempo stesso si convince che non ci sia nulla da fare, che non possa farlo o che non convenga farlo, la rassegnazione è condita da tristezza ma non da rabbia.

 

Dire a qualcuno "accettalo" è un errore, non si può accettare nulla che si pensa possa produrre un danno, le soluzioni sono solo negli altri termini qui sopra descritti.

 

La trascendenza è il miglior modo all'inizio di reagire a ciò che non si accetta, per impedire che il soggetto con la sua acrimonia produca reazioni che lo danneggino o siano inefficaci, che disperda energia e provi più emozioni negative del necessario.

 

FINO A QUI

accettarlo come evento presente e cambiabile nel futuro, in modo da non rovinarsi il presente, "perché prendersela se ormai è successo e puoi comunque nel tempo riparare a tale situazione?" l'accettazione momentanea, questa è la pazienza? una forma di pazienza? regolazione emotiva?

 

l'errore di dire ad una persona "accettalo" non c'è controllo, se si percepisce un danno o ci si rassegna o si combatte non lo si può accettare, l'unica cosa che si può fare è elaborarlo per trascenderlo, cioè cambiare se stessi e il proprio punto di vista in modo che non si veda più come un danno, lo si accetti perché viene visto come una cosa diversa)

Per accettazione si intende quel fenomeno per cui un soggetto non prova alcuna emozione negativa nel momento in cui vede qualcosa, pensate al fatto che di fronte a voi c'è un tavolino con roba riposta sopra, questo lo accettate così come accettate numerose altre cose mentre la vostra attenzione si focalizza immediatamente su ciò che non accettate.

Quando una persona non accettata qualcosa prova un'emozione generale di rancore, c'è una risposta emotiva la quale evolve in sentimenti differenti spaziando fra risentimento, tristezza, rassegnazione a seconda di quale è il desiderio del soggetto.

Il primo dilemma è cosa fare di fronte ad un evento che genera rancore? Va cambiato la realtà o va cambiata la visione di questa realtà da parte della persona? Questo dilemma non è affatto di facile risoluzione perché in alcuni casi potrebbe convenire agire per cambiare l'a realtà mentre in altri casi la soluzione migliore è quella di rendersi conto che conviene cambiare se stessi per arrivare ad accettare quell'evento guardandolo in modo diverso.

Facciamo un esempio per capire la differenza:

- primo caso, il soggetto porta il panino a scuola ma le persone che ha intorno tendono a mangiargliene quasi tutto lasciandolo affamato, cosa che ovviamente il soggetto non accetta, qui cosa conviene fare? Lavorare su stessi affinché si accetti questo evento o combatterlo e fare in modo che non accada più?

- secondo caso, il soggetto è insicuro e non accetta una realtà probabilistica e ogni volta che capitano degli eventi di dubbio o probabilistici il soggetto entra in una fase di rancore e non accettazione, qui cosa conviene fare? Lavorare su stessi affinché si accetti questo evento o combatterlo e fare in modo che non accada più?

 

Questi due scenari sono stati scelti appositamente "facili" per far capire come nel primo scenario è chiaro che convenga opporsi a ciò che non si accetta mentre nel secondo caso non convenga in quanto il soggetto agisce a vuoto in quanto non può cambiare la realtà e la cosa migliore da fare è cambiare se stessi, superare quella fragilità di personalità che porta il soggetto ad essere insicuro.

 

In linea generale conviene cambiare la visione che si ha di quell'evento quando questa scelta produce più utile (specialmente nel lungo periodo) che tentare di cambiare la realtà viceversa conviene cambiare la realtà quando questa scelta produce un utile immediato maggiore di quello che cambiare se stessi per accettarla. 

Una persona potrebbe trovare difficile calcolare ò'utile in quanto alcuni scenari di non accettazione sono determinati da fragilità, ignoranza o distorsione, elementi che impediscono al soggetto di capire qual è la scelta migliore ed è per questo che in alcuni casi è necessario l'intervento di una persona esterna come un terapeuta che aiuti il soggetto per capire qual è la strada migliore da seguire una volta analizzata la situazione insieme.

 

Si potrebbero fare un'infinità di esempi ma resterebbe il fatto che ogni scenario è diverso e solo calcolando l'utile si può capire se conviene opporsi ad una realtà che non si accetta o cambiare se stessi per accettarla. Alcune persone erroneamente riducono la questione a "accetta ciò che non puoi cambiare mentre lotta per ciò che puoi cambiare" cosa che non è necessiamente valida in ogni occasione, può capitare uno scenario in cui anche se il soggetto può effettivamente opporsi per cambiare la realtà  sarebbe comunque stato più conveniente cambiare la visione della stessa per accettarla.

L'unica cosa che si può affermare è che quando non si può cambiare la realtà conviene cambiare la visione che si ha della stessa per accettare una realtà immodificabile ma per il resto rimane la strada di calcolare l'utile per capire quale strada sia la più conveniente.

Una volta scoperto che conviene cambiare se stessi arriva la parte più difficile in quanto attuare un cambiamento di personalità richiede conoscenza, tempo e risorse che non tutti sono disposti a spendere e non tutti sono in grado di sostenere, si legga personalità per approfondimento.

 

L'oblio della rassegnazione

Ovvero quando il soggetto non riuscendo a cambiare una cosa che non può accettare per smettere di soffrire trova rifugio nella rassegnazione. Ci sono scenari in cui il soggetto si rende conto che conviene cambiare ma non ci riesce e quindi resta con una realtà che continua a non accettare e per difesa finisce con il rassegnarsi ad essa.

La rassegnazione consiste nel non accettare e al tempo stesso smettere di opporsi al cambiamento della realtà, riducendo di conseguenza la sofferenza. La rassegnazione è frequente in quei casi dove l'accettazione è davvero difficile, così come è difficile il cambiamento. Pensate ad una persona vittima di un fallimento educativo tale che l'ha resa disadattata a più livelli e fobica, un soggetto con una qualità esistenziale bassa che è divenuta inaccettabile, il soggetto non accettando questo fatto ha tentato di cambiare la realtà che in questo caso vuol dire cambiare la sua personalità ma non ci riesce, quindi l'alternativa è cambiare la sua visione delle cose facendo in modo che "avere un'esistenza infelice" non sia più così inaccettabile fallendo anche in questo, il soggetto quindi qui ha come unica alternativa la rassegnazione in modo che nonostante continui a non accettare la situazione soffra di meno, non faccia più tentativi di opposizione, riducendo la sofferenza al minimo. 

In linea teorica una forma di cambiamento (cambiare la realtà o cambiare la visione della realtà) è sempre possibile ma non è sempre facile e per alcune persone può anche significare non farcela e finire con il rifugiarsi nella rassegnazione. Qui potrebbero nascere diversi errori quali "io non posso cambiare, questa situazione non è modificabile" quando in realtà non è così e le persone per comodità passono da "è difficile e attualmente non ci riesco" a "è impossibile" cosa che stronca qualsiasi possibilità futura di uscire fuori da quella situazione. Quindi è fondamentale non cadere in questa trappola e ricordare che una delle due forme di cambiamento è sempre possibile e se non ci si riesce è solo un blocco momentaneo ma che può essere risolto in qualche modo e con l'aiuto di qualcuno.

 

Alla luce di questo è facile smascherare le persone che accettano da quelle che si rassegnano, dato che la seconda è relativamente più facile della prima, per rassegnarsi è sufficiente arrendersi mentre per accettare è necessario cambiare se stessi e la visione del mondo, così come è difficile cambiare la realtà stessa quando è possibile farlo (e anche conveniente).

Se una persona soffre non ha accettato ma si è rassegnata, una persona che accetta qualcosa non soffre più per quell'evento che prima le produceva rancore.

Esempio di rassegnazione e accettazione, una coppia inizia ad avere degli attriti e il partner chiede all'altro di smettere di fare qualcosa che non accetta, passa il tempo ma episodio continua a ripetersi producendo sempre più rancore nel soggetto e incrinando il rapporto stesso. Il soggetto si rende conto che la realtà non può essere cambiata quindi l'unica cosa che può fare è cambiare la sua visione delle cose per farselo accettare in quanto se le cose continuano ad andare così il rapporto potrebbe finire e questo scenario non desidera farlo accadere.

Qui il soggetto potrebbe rassegnarsi, contuando a soffrire in maniera minore per i comportamenti dell'altro (cosa che comunque nel tempo porterà ad altri attriti ma in misura minore) o invece accettarlo e non provare più alcun rancore o emozione negativa per quell'episodio ritornando ad uno stato di compatibilità.

È sufficiente quindi chiedere al soggetto "continui a provare fastidio?" se la persona dice poco vuol dire che è rassegnazione, se dice "nulla" vuol dire che ha realmente accettato.

 

Perché le persone non accettano qualcosa? È impossibile rispondere a questa domanda, l'unica cosa che si può dire è che alcune persone hanno una personalità tale da portarli a vedere quegli elementi come qualcosa che non  desiderano che esista, qualcosa che produce emozioni negative e che per questo hanno la spinta a cambiarla o allontarsi da essa. Questo articolo nasce sulle interazioni in cui le persone non si possono allontanare da ciò che non accettano dando luogo a queste dinamiche, si legga rancore per approfondire.

 

 

Accettazione alloplastica

Con il termine alloplastico si fa riferimento al cambiamento che il soggetto compie nei confronti dell'esterno, con accettazione alloplastica ci si riferisce al dualismo in cui un soggetto sa scegliere se accettare o cambiare l'esterno.

 

APPUNTI:

 

[da aggiungere il metodo di autointervento del "prendere tutto come viene" per bypassare il meccanismo selettivo della persona che analizzando finisce per accettare o non accettare qualcosa, autoconvindosi che alcune realtà sono così e non si possono cambiare.

il metodo della "non resistenza" in cosa consiste? Nel rendersi conto che per alcune cose non ne vale la pena opporsi, che l'esistenza è una e anche se qualcosa non li accetta piuttosto che risentirsi puntare alla strada del lasciar perdere, invece di cambiare e opporsi a ciò che si ha di fronte scegliere di cambiare strada e semplicemente andare via. Metodo che si può applicare in pochi casi

 

la non accettazione e le tre strade, rassegnazione, elaborazione, rancore (il gruppo di sentimenti che si prova quando si accetta qualcosa)]

DA RIVEDERE

Nel linguaggio comune il termine accettazione è diffuso anche se potrebbe portare fraintendimento a causa dei diversi significati attribuiti, elenchiamoli:

- accettazione come sinonimo di ingresso in un gruppo, essere accettati da qualcuno, inteso come fenomeno opposto a quello dell'espulsione e dal rifiuto, l'essere allontanati da qualcuno o un gruppo di persone;

- accettazione come sinonimo di sopportazione;

- accettare inteso come componente conscia che scruta e analizza la realtà e giudica gli eventi in "normali, giusti,accettabili" oppure non accettabili (anche indifferenti ma in quel caso è come se non li analizzasse o andasse immediatamente oltre).

 

L'AB elimina elimina completamente il primo significato dato che è sinonimo di "integrazione"  e anche il secondo e ridefinisce l'accettazione esclusivamente sul terzo significato.

L'accettazione è un evento così comune e frequente che si potrebbe dire che accada almeno ogni minuto nell'esistenza di una persona, ogni volta che il suo pensiero ricade su qualcosa che ritiene "ok, normale, giusta" che rispecchia il suo modo di pensare.

Pensate ad una persona che è nella sua casa e che intende gestisce a suo modo, casa in cui avrà disposto le cose nello schema e ordine che ritiene più opportuno o giusto per le sue credenze. Ogni volta che la guarda, che vede come le cose sono disposte (ovvero sono rimaste come le ha lasciate) non avverte nulla, o meglio è come se vedesse la realtà e in pochissimo tempo la accettasse e pensasse fra sé che è tutto ok, ma quando ad esempio qualcuno gli sposta qualcosa, nel momento in cui vede che c'è qualcosa fuoriposto ecco che non lo accetta, generando un'emozione negativa chiamata risentimento che non cessa fino a quando la persona non farà ritornare le cose nello stato in cui le accetta, ovvero in questo caso rimetterle nell'ordine desiderato.

Estendete questo fenomeno all'intera esistenza umana, ai rapporti, al lavoro, ovunque così da comprendere perché le persone all'improvviso è come se scattassero, rispondendo a ciò che non accettano.

Il primo errore che si fa di solito nei confronti dell'accettazione è quello di considerarlo un percorso attivo, errore che nasce in seguito ad una diffusa illusione del controllo, riscontrabile anche in diversi siti di crescita personale.

Non c'è niente che la persona possa fare in quel momento, è la sua personalità, il suo essere a determinare se può accettare o meno qualcosa, una volta che le emozioni sono partite non c'è nulla che la persona possa fare per controllare, al più si può tentare di gestire/intervenire sul risentimento.

Le uniche quattro cose che si possono fare di fronte al risentimento sono:

- metodi stabilizzanti cercando di ridurre al minimo o bloccare la reazione, dove la persona tenta di intervenire sul risentimento per diminuirlo ed evitare qualsiasi possibile reazione impulsiva;

- cambiare angolazione della realtà, cercando una visione di insieme che elimini il risentimento che nasce dalle incomprensioni evitabili;

- cambiare se stessa per il futuro, dove la persona  cambia se stessa e la sua percezione della realtà così che quello che oggi non ha accettato domani sarà accettabile;

- cambiare il proprio programma esistenziale, le proprie scelte e decisioni in modo che non si abbia più a che fare con tale evento (cosa comunque non sempre possibile da fare).

 

Analizziamo il primo punto, la persona non agisce in modo preventivo ma si limita ad intervenire sul risentimento, facendo in modo che questo comunque non gli arrechi danni, non lo porti a dire o fare cose di cui potrebbe pensirsi, si pensi al metodo stabilizante "conta fino a tre", oppure di persone che si distraggono per non pensare più a quell'evento che non accettano.

Questo punto racchiude quei metodi palliativi e che tamponano una situazione ma non cambiano il futuro e la qualità esistenziale generale della persona in modo significativo.

Analizziamo il secondo punto, cosa si intende per cambio di angolazione?  Cambiare angolazione vuol dire rimanere se stessi, ma fare un "sforzo attivo" di spostarsi, in modo che anche se si guarda la stessa cosa con lo stesso modo si abbia modo di cogliere delle parti che prima erano sfuggite e che avevano falsato il proprio iniziale giudizio.

Cambiare angolazione vuol dire riuscire a guardare qualcosa nella sua totalità, avere quella visione di insieme che prima sfuggiva.

Il cambio di angolazione nasce in risposta ad una iniziale analisi riduttiva, in questo caso la persona è come se si rendesse conto che probabilmente non accetta la situazione perché non ha compreso l'intera logica che vi è dietro, non ha un quadro sufficientemente chiaro di cosa sia successo e perché, delle motivazioni in gioco, di cosa si potrebbe aver commesso senza essersene resi conto. Cambiare angolazione in pratica vuol dire metaforicamente di tirarsi indietro, indietreggiare così che nel campo visivo entrino sempre più elementi, la persona possa osservare meglio ogni elemento e comprendere.

Un esempio lampante di cambio di angolazione è quello di prendere quella che pensiamo essere un'offesa nei nostri confronti e una volta analizzata meglio scoprire che non era tale, quante volte le persone hanno reagito con rabbia ad una presunta offesa salvo rendersi conto solo in seguito che non era tale, se la persona si fosse fermata e si fosse chiesta "ma aspetta un attimo io ora mi sto risentendo ma non è che non ho compreso in pieno cosa stia accadendo?" avrebbe evitato un risentimento inutile.

Un altro esempio lampante è quello di guardare l'evento o la persona che ci fa risentire e invece di guardare solo l'evento in sé analizzare anche perché quella persona o evento sia così, cosa è successo che ha portato gli eventi ad arrivare fino a quel punto.

Questo metodo generale di cambiare angolazione non intende spingere una persona a ricercare tutti gli aspetti o ogni aspetto possibile di una situazione ma intende suggerire che quanti più elementi si considerano quanto più questo potrebbe aiutare a comprendere meglio una situazione ed eliminare quel risentimento nato da un'incomprensione. Questo metodo ha i suoi limiti, non è sempre efficace, prima di tutto perché come sappiamo il risentimento nasce anche in quelle situazioni dove non c'è un'incomprensione, la persona ha compreso ed è proprio la realtà quella che non accetta, il secondo limite è quello per cui in alcuni casi non c'è neanche modo di guardare meglio la situazione. Il terzo limite è dato da un'eventuale emotività passiva, se il risentimento è intenso la persona potrebbe perdere la lucidità necessaria per poter attuare questo metodo di analizzare con maggiore approfondimento una situazione che potrebbe aver "malinteso". Questo terzo limite è però aggirabile, come? Nel momento in cui la persona cambia la sua tendenza euristica a analizzare la realtà, partendo con il presupposto di essere più approfonditi (concetto spiegato più approfonditamente più avanti nell'articolo).Questo ci ricorda come questo punto vada visto come un "piccolo aiuto sbrigativo" e che il reale cambiamento per essere più tolleranti è quello di cambiare la propria percezione della realtà, sia eliminando la distorsione sia cambiando altre credenze in generale che anche se non sono distorti sono comunque limitanti.

 

Il terzo punto riguarda il punto centrale dell'accettazione e della tolleranza, ovvero il cambiamento più profondo che porta la persona a poter accettare la realtà che ha di fronte senza ricorrere ad alcun metodo stabilizzante. Questo è il punto più difficile da affrontare perché la persona si ritrova di fronte al fatto che ha un problema e che il problema è lei, cosa crede della realtà, come deduce gli eventi e che fino a quando non cambierà questa cosa si ritroverà ad avere un risentimento che nasce semplicemente dal fatto che vede le cose in modo distorto. Come si cambia percezione su qualcosa? Si legga percezione per approfondire.

Nel momento in cui una persona cambia se stessa per accettare quell'evento in futuro (cioè evitare che si risenta di nuovo), sta diventando di fatto una persona più tollerante, una persona che ha investito affinché possa essere più tollerante verso la realtà in generale (si legga tolleranza per approfondire).

Cambiare se stessi metaforicamente equivale a cambiare i propri occhi, come se la realtà fosse la stessa ma la persona le vedesse in modo diverso con "occhi nuovi" e in questo modo riuscisse finalmente ad accettarla.

Pensiamo ad una donna che ha una percezione distorta in generale del concetto di bellezza, percezione che la porta ad un giudicarsi come brutta, evento che non accetta e che la fa risentire ogni qualvolta accada qualcosa che la spinga ricordarselo/autogiudicarsi nuovamente. Nel momento in cui la donna arriva a rendersi conto di cosa sia realmente la bellezza, di quello che è e del ruolo dell'autogiudizio arriva ad avere una nuova visione che le fa cessare il risentimento.

 

Il quarto punto riguarda una strategia che l'AB ritiene conveniente solo se la persona non riesce ad attuare un cambiamento o una stabilizzazione del risentimento, si tratta di evitare qualcosa e come è facile comprendere evitare vuol dire comunque a vivere meno. Diverse persone erroneamente adottato questa come prima strategia o comunque la usano solo nel momento in cui non riescono a mettere in atto una stabilizzazione, sono persone che nemmeno considerano la possibilità di cambiare. In definitiva questo punto converrebbe usarlo come ultima spiaggia, dove la persona non riesce in alcun modo a risolvere la situazione in altro modo. Dove probabilmente è la sua visione di alcuen cose a portarla a non accettarne altre, visione che se non è disposta a cambiare e non è considerabile distorta preclude comunque alla persona di poter interagire in determinati aspetti dell'esistenza. 

Nel momento in cui la persona è intenzionata ad eliminare o ridurre il risentimento dalla sua esistenza il più possibile la prima cosa che conviene fare è porsi una domanda in seguito ad ogni risentimento "mi sto risentendo a causa di una percezione distorta sull'argomento o è solo un problema di angolazione, una visione incompleta di ciò che ho di fronte?". 

Per risolvere questo interrogativo la prima cosa da fare che è anche quella più facile e immediata è quella di provare a rianalizzare la situazione, se questa rianalisi non porta a nulla si passa al rianalizzare una eventuale distorsione sull'argomento. In ogni caso questo percorso anche se non portasse ad individuare una distorsione sarebbe comunque fonte di crescita dato che la persona ha riesaminato un aspetto della sua visione che in qualche modo porterà un miglioramento generale.

Si pensi al valore, un valore può essere criticato ma ad un determinato punto anche se epurato da eventuali credenze e certezze diventa comunque una scelta soggettiva e se la persona continua a sceglierlo per coerenza comunque si ritrova ad esempio a non poter accettare determinate cose che vanno contro quel suo valore.

Se nemmeno questo punto è efficace per tollerare tale situazione non resta altro che passare al terzo punto, quello dell'ultima spiaggia, ovvero se non si desidera risentirsi è necessario evitare quelle situazioni. Come abbiamo già detto questo accade quando la persona ha una particolare visione delle cose in cui crede, e che anche dopo continue analisi e test di validità (per comprendere se non ci siano errori deduttivi in gioco e credenze distorte) arriva alla conclusione che essere in quel modo, sposare quella visione ha come conseguenza quella di non poter accettare determinate cose.

 

 

La necessità del cambio di angolazione è un indicatore di personalità

Come abbiamo già spiegato la persona quando si risente per una incomprensione evitabile si rende conto che le sarebbe bastato guardare la situazione in modo più approfondito indicando come la persona tenda ad avere una prima visione della realtà in modo euristico, cioè punta ad una economicità e la porta a concludere qualcosa, a risentirsi per una visione monca (ma non distorta). Questo vuol dire che se la persona fosse più algoritmica e approfondita si ritroverebbe a non avere più questa problematica, lasciando solo un eventuale risentimento o di origine distorta o di scelta nella personalità.

 

Ridurre o eliminare il risentimento è un percorso che inizia con una serie di domande e di cambiamenti sia di personalità che di "visione euristica" della realtà, ma una volta arrivati alla fine di quel percorso, quando il cambiamento nella personalità è concluso ci si può anche accontentare di aver tolto il grosso, c'è un'enorme differenza fra un'esistenza in cui il risentimento è qualcosa di sporadico e non abbatte la probabilità di trovare persone compatibili, con quella in cui il risentimento non solo è base giornaliera ma probabilmente anche oraria.

 

 

Accettare il risentimento

Per alcune persone il risentimento viene percepito come qualcosa di normale, sono persone che quando si risentono non attuanano la strada del cambiamento al più applicano qualche metodo di autointervento per sopportare più facilmente e/o più a lungo. Accettare il risentimento è una provocazione, in realtà la persona sviluppa delle credenze che l'aiutano a stabilizzarsi e poter coesistere con qualcosa di negativo e logorante. Alla base di questa scelta c'è la credenza/speranza che si possa sopportare in eterno, che non ci sia altro modo, che ogni persona conviva necessariamente con il risentimento nella sua esistenza e nei suoi rapporti.

Queste persone in questo modo barattano un risparmio di energie del presente evitando di fare cambiamenti a se stessi con la funzionalità nel futuro, predisponendosi ad un punto di rottura futuro inevitabile causato dal fatto che prima o poi la persona non riuscirà più a sopportare e stufa e sofferente di tale situazione interromperà quell'attività, cosa descritta dalla teoria della compatibilità nell'ambito dei rapporti.

 

 

Investimento alla tolleranza preventivo

Alcune persone potrebbero scegliere di fare cambiamenti migliorativi alla loro personalità diventando più tolleranti non solo ogni volta che si risentono ma anche strategicamente e in modo preventivo.

 

 

Qual'è la differenza fra accettare e rassegnarsi?

Accettare vuol dire che la persona per come è o avendo strategicamente cambiato appositamente la sua percezione del cose non prova alcuna emozione negativa nei confronti di tale evento, rassegnarsi vuol dire che la persona nonostante non accetti qualcosa e si risenta al tempo stesso scelga di non opporsi a tale evento, il risentimento implica una sorta di "ribellione" un desiderio di opporsi e cambiare l'evento che non si accetta, rassegnarsi vuol dire smorzare il risentimento lasciando che questo comunque continui a far soffrire ma che non spinga più a fare nulla, come se la persona si lasciasse "distruggere" da quell'evento, come se non accettasse l'evento in sé ma ormai accetta che sarà sempre così e non potrà più fare nulla per cambiarlo.

 

Perché conviene intervenire sul risentimento?

Il risentimento oltre che inquinare l'esistenza e l'umore della persona è alla base di due grandi problematiche:

- evitamento inevitabile;

- problema nel trovare persone o eventi generici compatibili.

 

L'evitamento inevitabile nasce dal fatto che anche se una persona è intenzionata nonostante tutto a portare avanti un'attività, il risentimento che all'inizio è solo un problema umorale, che inquina e rovina la situazione, sul lungo termine sarà così insopportabile che porterà la persona a chiudere con quel progetto/rapporto.

Il problema della compatibilità è invece statistico quanto più una persona è tollerante quanto più le sarà facile trovare persone che accetterà senza che per si ritrovi a scartarle perché non accetta ciò che fanno o dicono, per il risentimento che genera negatività.

 

 

Accettare le emozioni

L'accettazione riguarda anche il fenomeno delle emozioni? La risposta è no, un'emozione una volta che nasce può trovare resistenza nella coscienza con le conseguenze che sfocierà in determinati sentimenti, questa teoria riguarda la realtà e come la persona reagisce consciamente quando vede qualcosa che "per come la pensa" non può accettare.

Quando una persona parla di accettare le sue emozioni, ad esempio affermando "ho accettato l'ansia" in realtà si sta riferendo che ha accettato quei fenomeni che generavano ansia. Questo problema succede sopratutto quando una persona usa i termini in modo arbitrario e quindi finisce per condirli con sua esperienza personale, aggiungendoci per l'appunto ciò che gli causa quell'emozione.

in realtà non si sta riferendo al fenomeno dell'accettazione ma a quello della rimuginazione e dell'elaborazione, dove la persona si rende conto che il disturbo andava avanti perché era il suo approccio mentale che ne alimenta la distruttività, nel momento in cui ha riconosciuto tale problema il solo fatto di arrendersi ha diminuito drasticamente il disturbo,  cosa che viene metaforicamente definita come "scendere a patti con il mostro interiore".

 

Come chiamare una persona che si risente con una frequenza elevata? (Don fumino)

APPUNTI: 

 

- l'istinto spinge una persona ad allontanarsi da ciò che le causa risentimento, ma solo quando ci sono appunto degli stimoli condizionati che generano allarme

Accettare e tollerare smontano la grande illusione sull'anima gemella, ovvero che soltanto persone uguali possono stare insieme, ma non è così, anche le persone più diverse possono stare insieme se hanno qualche affinità e tutte le differenze sono reciprocamente accettate e tollerate. 

 

- Accettazione e elaborazione

- l'accettazione di eventi causati da persone, l'accettazione di eventi non rinconducibili a nessun agente, come la morte, un incindente imprevedibile etc..

- la confusione fra sentimenti di allontanamento e quindi "simil non accettazione" una sorta di non accettazione inconscia, con la non accettazione che è un concetto completamente conscio.

il ruolo dell'offesa nell'accettazione;

la differenza fra tolleranza e accettazione.

 

 

ultima modifica il: 27-08-2018 - 10:26:50
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