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Cos'è la morale? Cosa si intende per morale?

Si definisce morale tutto il sistema di regole che il soggetto possiede che gli permettono di agire e di distinguere il giusto (la regola che lui stessa usa) dallo sbagliato (altre regole diverse dalle proprie ritenute errate).

Detto in altre parole la morale per estensione può essere intesa come qualsiasi interrogativo conscio venga fatto sull'efficacia delle regole scelte per l'azione, arrivando a decretare qualcosa giusta se si crede porterà all'obiettivo e sbagliata se si crede che non vi porterà.

Ogni comportamento umano conscio si basa sulla definizione dell'obiettivo e relativa definizione del piano d'azione, la morale nasce dalla domande "quali regole vanno usate per raggiungere l'obiettivo? Quali non vanno usate? Le regole usato sono giuste? Sono sbagliate?".

Esiste anche una morale non conscia? Si, quando il soggetto usa l'istinto, va a sensazione per stabilire se qualcosa è giusto o meno.

Ricapitolando la morale conscia si basa su delle regole che il soggetto ha sviluppato, mentre la morale inconscia si basa sull'istinto, che a sua volta ha delle cause di condizionamento emotivo.

La morale esiste a prescindere che l'essere umano che agisce ne sia conscio, si parla di metamorale se il soggetto è conscio e si interogga sulle regole morale che ha sviluppato.

Questo punto è fondamentale perché non è detto che il soggetto sia conscio della morale che lo guida, che si renda conto di quando usa una regola per definire giusto e sbagliato, che si renda conto dell'istinto che lo porta a sentire se qualcosa è giusta o sbagliata.

La metamorale è un qualcosa che sviluppato gli esseri umani più illuminati. Ma di per sé la morale di un soggetto o di un animale esiste nel momento stesso in cui agisce, sia quella un'azione emotiva o ragionata.

 

La morale è un costrutto utile a capire il comportamento, la metamorale ci aiuta a capire la complessità di un soggetto che analizza la sua stessa morale.

Facciamo un passo indietro e prima di parlare di morale guardiamo al comportamento, quando un soggetto vuole ad esempio comprarsi un gelato, sa che ha bisogno di soldi, ha bisogno di un luogo dove si venda il gelato andare lì e poi comprarlo e mangiarlo.

Senza queste regole non potrebbe dire cosa è giusto fare per comprare un gelato e cosa è sbagliato fare.

Se io vi dicessi "sto per andare a comprare un gelato al macellaio" voi mi rispondereste, stai sbagliando perché possedete le regole che vi dicono cosa vende un macellaio e chi vende un gelato.

La morale è un interrogarsi sulle regole operative del soggetto, che lo portano a dire cosa sia giusto o sbagliato, giusto è ciò che secondo il soggetto porterà al risultato, sbagliato è ciò che non porterà all'obiettivo desiderato.

Prendiamo un esempio più complesso, immaginiamo una donna che deve scegliere fra 3 pretendenti con cui sposarsi, questa scelta cambierà in modo drastico la sua vita.

Ogni volta che questa donna si chiederà se ha scelto in modo giusto o lo farà qualcuno a lei vicina si entra nel piano metamorale.

Una donna che sceglie solo sull'estetica è passabile di giudizio sbagliato perché se lei vuole avere una famiglia solida, sono altri i fattori da tenere in considerazione.

Il mondo è meccanicistico e ogni accosa accade sulla base di specifiche regole, il piano morale è la massima rappresentazione di tutto questo, dell'uomo che si interroga su quali siano le regole da usare, da scegliere per raggiungere l'obiettivo.

Nel linguaggio comune le persone fanno confusione fra morale (giusto e sbagliato) e sinderesi (bene e male a livello personale) ed etica (bene e male a livello sociale).

Solitamente si usa giusto e sbagliato per intendere tutto facendo un'enorme confusione.

La morale non entra in alcun modo nel merito dell'obiettivo posto, la morale subentra dopo "quale è il modo per raggiungere questo obiettivo?" è la sinderesi invece che si occupa di analizzare la scelta degli obiettivi in base al bene del soggetto.

Il moralista infatti è colui che ti dice cosa fare senza tenere conto che potresti avere obiettivi differenti, è moralista perché dà giusto e sbagliato senza mettersi nei tuoi panni, senza capire che obiettivo hai, basandosi su regole universali o obiettivi personali che proietta sull'altro.

Tenere a mente la differenza fra morale e sinderesi aiuta a capire il mondo e trarne il meglio fra due aspetti diversi dell'essere umano, la fase dove si fissano obiettivi (sinderesi) e la fase in cui si pianifica l'azione per raggiungere tali obiettivi (morale).

Non essere moralisti significa sospendere ogni forma di giudizio sugli altri e il loro comportamento fino a quando non si conosce il loro obiettivo e il loro modo di essere.

Ma quante persone sono in grado di fare questo? Quante persone riescono a capire questo passaggio?

Le persone non possiedono nemmeno i concetti di sinderesi o di etica, non hanno gli strumenti mentali per comprendere la complessità del comportamento altrui.

La sinderesi è ciò che ci porta a dire quale effetto avranno degli obiettivi sulla nostra persona e nel caso annullare degli obiettivi già stabiliti perché pensiamo che non ci facciano più bene.

L'etica è la riflessione sulle conseguenze a livello sociale di tali obiettivi, se ciò che raggiungeremo danneggerà le altre persone.

Una cosa che fa bene a me non è detto che faccia bene alla società, se sinderaticamente è un bene (per me) ragionando a livello etico potrei vedere che fa male alla società e quindi scegliere di rinunciare a quel bene personale per non fare male alla collettiività.

Facciamo un esempio concreto, un soggetto si pone questo obiettivo "voglio fare dei soldi", arriva un soggetto che gli dice "se mi aiuti a seppellire dei rifiuti tossici in un terreno ti do moltissimi soldi".

A livello morale è giusto, perché il soggetto raggiunge l'obiettivo, a livello sinderetico invece iniziano i primi conflitti con domande "si ottengo molto denaro ma se mi scoprono? Se mi arrestano? Se mi fanno una multa?" ecco che oltre il giusto c'è anche il male, ma non solo c'è anche l'interrogazione etica "e se questi rifiuti fanno ammalare qualcuno?" portandolo a stabilire che tale comportamento è un male non solo per sé ma anche a livello sociale.

Morale, sinderesi ed etica sono fondamentali per comprendere la realtà ma purtroppo le persone mediamente non hanno questa profondità di pensiero, usano il termine morale per intendere tutti e tre i concetti facendo un grosso minestrone mentale che lascia confuso il soggetto, impedendogli di capire la differenza fra giusto, bene personale e bene sociale.

Non solo a confondere ulteriormente è il fatto che di base esistono due forme di morale:

- morale rigida, detti anche principi, il soggetto applica le regole in modo rigido, usa un giusto e sbagliato universale che non riconsidera in base al contesto

- morale elastica, il soggetto stabilisce giusto e sbagliato in modo contingente, guarda alle circostanze.

 

La morale rigida la si riconosce dal fatto che il soggetto risponde in modo schematico alle cose, attua quelle regole senza chiedersi nulla. (morale rigida che nasce dall'ubbia o da apprendimenti)

 

A loro volta esiste una sinderesi elastica e una sinderesi rigida, si legga il relativo articolo per approfondire.

 

La morale è fondamentale perché descrive come facciano le persone a capire come agire, pone l'accento su tutte le credenze a cui il soggetto attinge per capire cosa fare e giudicare i piani d'azione in giusti e sbagliati.

 

 

C'è sempre un giudizio morale? No, in alcuni casi le persone possono agire in modo impulsivo o parossistico, non hanno bisogno di definire un piano d'azione a livello conscio, altre volte il soggetto potrebbe giudicare moralmente il suo piano impulsivo ma non sempre questo avviene.

 

Si parla di stato amorale in due casi:

- il soggetto agisce seguendo degli impulsi, tipico del soggetto infantile/adolescente o di un soggetto emotivo, anche se ha una morale questa momentaneamente è come se non ci fosse perché il comportamento non sta avvendendo su base conscia;

- il soggetto non ha ancora sviluppato delle regole in un settore, anche volendo non ha una risposta morale, non sa dire cosa è giusto e sbagliato.

 

Quando si fa la morale ad un'altra persona, dicendogli quale sono secondo noi le regole giuste che il soggetto dovrebbe seguire,  si sta facendo una predica.

(aggiungere irreprensibile)

 

La morale per comodità può essere scissa in due momenti differenti:

- fase dichiarativa, quando una persona parla di quello in cui crede, quando dialaga con qualcuno di ciò che è giusto o sbagliato, delle sue regole, etc...

- fase operativa, pone l'accento su come il soggetto agisce attingendo alle regole che ha sviluppato, cosa si ritiene giusto da fare, cosa ritiene sbagliato e quindi da non fare, il soggetto stabilisce cosa fare affinché si raggiunga l'obiettivo scelto in fase sinderetica.

 

Non è detto che il soggetto però agisca sempre sulla base di una morale interna.  

 

Ci sono prevalentemente quattro stati di morale:

- autonoma, detta anche autonomia, il soggetto non lascia che gli altri gli dicano cosa fare o come farlo, non teme gli altri e pur di portare avanti la propria visione il soggetto può arrivare allo scontro. Qui si assiste al fenomeno in cui il soggetto tende a rifiutare l'autorità, ma può seguire figure carismatiche che possono portarlo a cambiare visione morale, quindi cambiano il comportamento perché cambiano la morale alla base del soggetto;

- eteronoma, il soggetto anche se ha una sua visione delle cose la lascia da parte per seguire regole esterne, il soggetto fa ciò che gli viene detto o lo fa nel modo che gli viene detto, segue regole esterne. Il movente è la paura, il soggetto quindi risponde alle autorità e segue ciò che gli viene detto, questo è ciò che ha dimostrato Milgram nel suo famoso esperimento. Il soggetto in stato di eteronomia percepsice un conflitto interno fra ciò che vorrebbe fare e ciò che invece si sente costretto a fare per paura di ripercussioni da parte di quella che percepisce come un'autorità, come qualcuno che potrebbe fargli del male se non obbedisse. L'eteronomia in alcuni casi si può manifestare anche quando il soggetto è insicuro sulle sue regole, quindi c'è la paura di fare qualcosa di sbagliato e per questo trova quasi rassicurante il fatto di seguire quello che gli viene detto all'esterno come senso di deresponsabilizzazione;

- anomica, il soggetto non ha una propria visione su alcune cose, il soggetto non sa cosa fare, non comprende lo scenario e vede nelle direttive altrui un modo di fare qualcosa. Se non conosci le regole o pensi che non ci sono non può esserci giusto e sbagliato, lo stato di anomia è soggettivo perché in realtà una regola su qualcosa c'è sempre, basti pensare anche solo alle regole della fisica. Il soggetto anomico mentre agisce non è in grado di prevedere l'esito delle sue azioni, ma potrebbe sentirsi in colpa nel momento in cui vedendo l'esito si rende conto di ciò che ha fatto. Mentre nello stato eteronomico il soggetto sa cosa sta per succedere anche se non riesce a sottrarsi all'autorità, nello stato anomico il soggetto non si rende conto fino a quando non percepisce l'effetto delle azioni e del comportamento che ha adottato.

- amorale, il soggetto anche se conosce le regole intenzionalmente non le segue o non le rispetta, se ne frega.

 

 

Attenzione a non confondere la morale eteronomica con fenomeno dell'ignavia, nell'ignavia il soggetto cambia gli obiettivi perché ha paura degli altri, si nasconde, è comnque una sua scelta morale autonomia di essere ignavo. Nell'eteronoma il soggetto si piega a quello che gli altri gli dicono di fare anche se lui vorrebbe fare diversamente, lo vive come un'imposizione e non una scelta, come qualcosa a cui non riesce a opporsi.

 

 

Nell'autonomia il soggetto invece rifiuta di seguire quello che gli si viene detto di fare o come farlo, almeno che qualcuno non riesca a convincerlo che alcune sue regole sono sbagliate e quindi porta a cambiarle, ma il soggetto comunque agirà in base alle regole che ha senza ascoltare istruzioni esterne.

Nell'autonomia il soggetto non ha paura dell'autorità o se ce l'ha comunque la sua motivazione a seguire le sue regole piuttosto che quelle di altri.

 

La prima cosa da fare quando vediamo qualcuno comportarsi in uno specifico modo è chiedersi, le regole che sta usando sono sue? O sta ascoltando qualcun altro? In questo ultimo caso perché lo ascolta? Per paura o insicurezza (eteronomia) o perché non saprebbe cosa fare (anomia)? 

La morale autonoma si sviluppa sulla base di due fattori:

- esperienza, tutto ciò che il soggetto apprende vivendo, agendo e scoprendo che qualcosa non era efficace, lo faceva soffrire, lo faceva stare bene, etc...

formazione, tutto ciò che viene trasmesso da altre persone, tramite racconti o tramite spiegazione.

Cioè si basa su tutte le regole  che il soggetto ha appreso in vita sua.

 

 

 

 

La moralità

Con questo termine solitamente si definisce l'insieme di regole morali di un soggetto o di un gruppo quando le condivide. L'utilità di questo termine è duplice, da una parte ci suggerisce che le persone hanno un insieme di regole morali e dall'altra ci ricorda che alcuni soggetti ha una moralità assolutistica pensando che le loro regole siano le migliori o le uniche valide e tutte le altre siano sbagliate.

uelli visti come giusti e validi in senso assoluto.

Per capire la moralità va accettato il fatto che alcuni soggetti non lasciano la libertà al soggetto di fare come vogliono per raggiungere l'obiettivo, ma pensano che ci sia un unico modo giusto di fare le cose disprezzando tutte le strade diverse.

 

 

 

 

Morale e consequenzialismo

 

 

collegamento con contegno

 

 

FINO A QUI

La morale all'atto pratico porta il soggetto alla sinderesi, cioè a poter fare due cose:

- il primo è quello della creazione degli obiettivi, quello che comunemente viene definito anche bene e male dalle persone, o in termine tecnico sinderesi, le persone inseguono il loro bene e fuggono dal loro male, una volta indivuato ciò che è bene e ciò che male fissano gli obiettivi per raggiungere questo stato ed evitare il male;

- il secondo è quello della pianificazione, cioè il come raggiungere gli obiettivi, descritto anche come giusto e sbagliato, la persona tenderà a comportarsi nel modo che crede giusto ed evitare quello sbagliato.

Detto in altre parole possiamo costruire obiettivi positivi e pianificare modi di fare giusti perché sviluppiamo una morale interna, apprendiamo cosa fare e come farlo per il nostro benessere.

 

Il problema è che non tutta la morale è valida, alcuni soggetti sviluppano una morale distorta con tutte le conseguenze paradossali che ciò comporta. 

 

La visione di questo articolo si può definire come "utilitarismo relativistico" in quanto ogni persona in base al suo modo di percepire la realtà, come vede e come conclude, finirà per stabilire a modo suo cos'è utile e cosa è bene per lei, anche facendo errori, ma mossa dal cercare il massimo utile possibile, non necessariamente nel presente (altrimenti sarebbe edonismo).

 

Utilitarismo consequenzialista, il soggetto fa uso dell'intelligenza e dell'analisi per determinare obiettivi e piani d'azione;

Utilitarismo ubbioso, il soggetto fa uso di regole e schemi assoluti che prescindono dal concetto. Esempio "se ti sposi sarai felice" una regoletta che non può essere applicata a tutti indiscrimiminatamente, se il soggetto ci crede avrà una morale ubbiosa. Un consequenzialismo semplicistico, dogmatico. Lo stesso vale per l'istinto e l'inconscio, farsi guidare dalle emozioni.

 

Ogni azione umana è il risultato di motivazione e morale

 

Scelta dell'azione, pianificazione dell'azione.

Bene e male, Giusto e sbagliato.

 

La sinderesi è una parte della morale, quella in cui il soggetto stabilisce cosa è bene o male per lui o per altri.

 

La morale razionale

La morale ubbiosa

Un moralista perde di vista la validità, la sua visione di bene e male, giusto e sbagliato è distorta.

 

 

Il lato etico della morale, il soggetto non pensa strettamente a sé ma anche agli altri, si rende conto che non può pensare solo a sé per una questione di convenienza, se la società in cui si trova collassa ci rimette anche lui.

 

L'etica come studio, l'etica come visione del soggetto, quanto è sviluppata l'etica di una persona? Quanto è distorta?

 

La morale nasce da una visione soggettiva in cui il soggetto crescendo ha acquisito delle regole e delle credenze sulla realtà circostante

FINO A QUI

Il giudizio morale nasce perché il soggetto fra un confronto fra ciò che crede e le proprie regole e ciò che è stato usato e in base a quello afferma se c'è discordanza o meno se è giusto o sbagliato.

Ad esempio una persona che pensa che la cosa più importante da fare in un'amicizia sia la presenza giornaliera, dirà ad una persona che si sente in modo discontinuo che sta sbagliando.

Quando un soggetto agisce per sé, lo fa pensando di essere nel giusto, diviene qualcosa di implicito anche se a volte è possibile che si faccia un errore non intenzionalmente o che si cambi visione delle cose per giudicare sbagliato anche il proprio comportamento passato.

Il giudizio morale è fondamentale spiegando due fenomeni significativi a livello esistenziale:

- il primo è quello della norma e del comportamento in generale, il soggetto si comporterà in base a quella che è la sua visione del mondo, la sua visione morale, se questa cambia, cambia anche il suo modo di agire;

- il secondo è quello del giudicare gli altri, dando non solo il giudizio di giusto e sbagliato ma anche di approvazione e disapprovazione in base al fatto che il soggetto se pensa che qualcosa sia sbagliato ne potrebbe anche percepire un danno, il giudizio morale porta anche a presumere quali siano le possibili conseguenze.

Ed è proprio questo secondo punto che genera, quando usato in modo distorto ed eccessivamente presuntuoso, il moralismo, dove il soggetto pensa di sapere con facilità, e a volte perfino assolutizzazione, cosa sia giusto e sbagliato anche per gli altri senza nemmeno conoscerli.

 

 

 

Il concetto di morale è utile non solo per dare un nome a tutto quello che il soggetto pensa e percepisce del mondo in un'ottica di giusto e sbagliato ma anche perché ci fa capire che anche le altre persone formulano questi giudizi in modo continuativo. 

Da qui si possono trovare due tipi di moralità:

- La moralità relativistica si potrebbe definire come quella consapevole e adattativa, il soggetto sa che ogni persona la pensa a modo proprio su qualcosa e si interroga sul modo di pensare degli altri in modo tale da poter mettere in atto quel comportamento adattivo che gli dà modo di essere approvato alle persone a cui si rivolge. Il soggetto sviluppa una visione statistica nei gruppi dove è immerso dove si rende conto che alcune persone la pensano in modo simile, ma sono statistiche relative a specifici gruppi presi in esame. C'è uno studio della moralità;

- La moralità assolutistica si potrebbe definire come quella disadattativa e soggettivistica, il soggetto per diversi motivi crede che quelle regole che ha sviluppato, ciò che gli hanno inculcato o la morale delle poche persone che ha intorno sia quella di tutti, sia quella universale e quindi crede che non serva studiare la moralità al di fuori di sé, la sua moralità è quella di tutti.

 

 Appunti:

- la morale della favola, le favole, i racconti che tentano di trasmettere una specifica visione di giusto e sbagliato al soggetto e quindi creando una morale ad hoc, la religione e i genitori usano largamento questo strumento. Si pensi al fatto che la bibbia altro non è che un insieme enorme di favole e racconti per inculcare una specifica morale;

- la morale usata nella sinderesi

Il paradosso morale, un genitore ci inculca una morale non adattativa, il soggetto persegue qualcosa pensando che sia moralmente accettabile quando gli altri lo disapprovano continuamente e viene danneggiato a livello sociale. Qualsiasi evento distorce la visione morale del soggetto o produce una morale bigotta (si fa così e basta) finendo per far sentire al soggetto di agire moralmente ma in realtà viene disapprovato dagli altri, viene danneggiato da come si comporta.

- la morale è subordinata all'etica, cioè il soggetto che pensa al giusto e sbagliato non può farlo trascindendo dai vincoli etici, delle ripercussioni sulla struttura sociale che il suo comportamento può avere e che seguire l'etica è necessario per non danneggiare una struttura in cui vive e da cui dipende.

 

 FINO A QUI

Perfezionismo morale e sufficienza morale

Il primo tende a sfociare nella sociofobia, il secondo nell'integrazione nel gruppo accettando che non si può essere approvati da tutti. Solitamente il perfezionista morale è colui che ha eccessiva paura di qualsiasi reazione possa avere chi ci disapprova.

 

Fino a qui 

La moralità è il bene e male, il giusto e sbagliato nell'ambito sociale e di interazione con gli altri. Sentire o conoscere cosa succederà se si farà qualcosa, se non si farà, come reagiscono gli altri, cosa possono farci, è il costume che conviene indossare al soggetto per evitare qualcosa, per raggiungere qualcosa sociale.

Qual è la differenza fra moralità e identità sociale?

 

La sinderesi in generale è l'abilità di un soggetto di sentire o comprendere cosa sia bene o male per sé o altri. 

 

Il termine che descrive il giudizio di giusto o sbagliato invece?

 

Il confine sottile fra apprezzare e pensare che sia un bene, il concetto di anticipazione dell'emozione

 

 

Nuova ipotesi

giudizio sinderetico, bene o male, a prescindere di tutto ci sono cose che produranno il bene di qualcuno e il male, il paradosso della morale che crea il male di un soggetto perché l'obiettivo della morale non è tanto il benessere del singolo ma il funzionamento del gruppo;

giudizio morale, giusto e sbagliato in accordo con le regole morali del gruppo

giudizio di valore. ciò che in base ai miei gusti apprezzo, cioè mi da piacere

 

e il giusto e sbagliato?

(il fallimento educativo di chi usa la morale artificiale per regolare il comportamento di un soggetto conf acilità non rendendosi conto che così gli produrrà una serie di regole morali interiori distorte che lo influenzeranno per tutta l'esistenza, punendolo invece di spiegare)

Si definisce morale quel giudizio che si compie nei confronti di cose, persone o azioni sulla base delle conseguenze che questi avranno su di sé e sulla propria qualità esistenziale, nonché benessere.

La morale si traduce all'atto pratico in un dualismo di "bene" e "male" dove per bene si intende tutto ciò che produrrà piacere e quindi benessere e male in tutto ciò che farà soffrire e allontanerà dal piacere e da quello che viene visto come bene.

Giusto e sbagliato non sono giudizi morali, in quanto queste forme di giudizio sono riservate più al modo e alla validità, sono due concetti che si sostituiscono a valido e non valido.

La morale si sviluppa in tre modi:

- morale artificiale, tramite storie, tramite punizioni, il soggetto viene portato a credere a qualcosa più per gli stimoli prodotti da persone specifiche, per l'effetto emotivo che susciano direttamente con punizioni e racconit;

- morale appresa, il soggetto tramite lo studio di qualcosa arriva a concludere che qualcosa faccia bene o male, basandosi solo sulla base "ipotetica/teorica";

- morale esperienziale, il soggetto dall'esperienza che va produce una morale basata sugli effetti di ciò che fa, il bene e il male lo recepisce chiaramente dalla realtà stessa.

 

Per questo si parla di "morale della favola" o "la morale qual è" perché che sia uno studio, che sia un tentativo esterno di educarci e portarci a vedere il bene o il male o che sia un'esperienza diretta, da ognuno di questi casi il soggetto può trarci una morale ovvero ciò che per lui è un bene o un male, ma in alcuni casi trarci una morale assoluta pensando che quello valga anche per altri oltre che per lui, cadendo in errore.

 

La probabilità di distorsione varia in ogni punto, pensare che una cosa sia bene o male e poi avere un esito diverso.

 

La morale elastica e la morale rigida, rendersi conto che l'esperienza e la propria visione va comunque riadattata al nuovo contesto.

 

 

 

(La differenza fra giudizio morale e moralità, fare attenzione al giudizio degli altri per integrarsi, generando norme morali che a sua volta hanno l'effetto di omologare e imporsi per oggettività.)

 Si definisce morale quel comportamento che le persone mettono in atto basandosi sul pensiero e osservazione delle persone che hanno intorno, seguendo una condotta che sia approvabile, che non susciti reazioni negative e giudizi negativi con gli altri, favorendo l'integrazione o almeno la pacifica convivenza.

La morale nasce lentamente, in modo diretto e indiretto, in quanto il soggetto inizia ad emulare ed essere omologato con quei stessi comportamenti che vede intorno a sé e viene punito o premiato a seconda di come si comporta, se il suo comportamento devia da quella normalità.

Questa crescita morale ha tre strade e tre manifestazioni differenti:

- Morale conscia, il soggetto consciamente si interroga sul cosa pensa l'eventuale osservatore (ogni persona ha una sensibilità differente sul quante persone interessarsi) e nel momento in cui pensa che queste potrebbe disapprovare modifca il comportamento, cioè segue quel comportamento che tende a non essere disapprovato;

- Morale condizionata "gli altri", non c'è il "questa persona la pensa così" ma solo un "c'è un altro soggetto giudicante". Qui non necessariamente viene attivato da tutti, ma il soggetto sulla base di specifiche figure percepisce il divieto, a prescindere di come l'altro la pensi, di chi l'altro sia, etc..;

- Super Io, non c'è più la necessita di un giudice esterno o di pensieri, quella norma portata dalla cultura e dalle persone con cui il soggetto ha interagito è stata talmente introiettata e scesa nell'inconscio che viene percepito come un divieto a priori.

 

 

Giudizio di valore

Giudizio morale, basato sulla visione morale del soggetto che rispecchia le norme comuni di comportamento e condivise, anche se il soggetto potrebbe sviluppar morali distorte e non oggettive. L'utilità massima della morale la si trova quando si ha a che fare con sconosciuti, come se il soggetto proprio perché non può conoscere le varie persone ha una risposta comportamentale facile da seguire avendo norme di condotta comune, vedere la normalità e seguirla. La morale può essere invadente, sviluppare norme, come ad esempio la norma sulla sessualità, dove si considera normale essere eterosessuali.

 

La moralità oggettiva valida

La moralità oggettiva non valida

 

La moralità va intesa come l'insieme di norme condivise e conosciute, che non necessariamente vengono accettate dal singolo o usate, la moralità in quanto tale è valida solo la maggior parte delle persone di un gruppo tengono viva quella morale, cioè sono le prime ad avere quella visione in termine di valore e di approvabilità di una condotta, generando la norma e la normalità si basa proprio su questo, sul fatto che quel comportamento verrà accettato, apprezzato o approvato dai più. Se cambia la visione oggettiva cambierà anche la morale, alcuen norme inizieranno a venir meno proprio perché ciu si rende conto che chi le viola non subisce conseguenze particolari, non c'è la gogna che ci sarebbe per una visione reale oggettiva.

 

 

Giudizio di approvabilità, l'approvazione è il giudizio che le 

 

 

La complessità della morale sta nel comprendere il concetto di cultura, sottocultura e oggettività, la morale non nasce dal nulla ma segue una visione comune del gruppo di persone che a sua volta può essere descritta in termini di cultura comune, di credenze comuni le quali fanno si che la morale in qualche modo rispecchi questa visione oggettiva, c'è quindi un continuum fra moralità, sottocultura oggettiva e omologazione intesa come comportamento che in qualche modo ha anche un effetto educativo, una forza conservativa che plasma a sua volta le nuove persone.

Il problema è che nella morale ci potrebbero essere delle norme impositive, essere normali e accettati può in alcuni casi voler dire fare cose così significative da andare contro la libertà e l'autenticità del singolo, qui la morale sfocia in moralismo, cioè il soggetto inizia a rendersi conto che per essere accettato, per non aver problemi ed essere considerato normale può solo andare contro se stesso.

Perché si arriva fino a questo punto? Perché queste norme e convenzioni possono spingersi fino a questo livello? Una risposta non c'è, se pensiamo ad un singolo e le sue motivazioni ogni persona si limita a giudicare gli altri in termini di valore e di approvabilità, cioè si interessa mediamente a ciò che l'altro ha da offrirgli in termini di piacere e si interessa al fatto che l'altro potrebbe in qualche modo danneggiarlo, la morale cosa c'entra allora?

Che quella che è una visione del singolo viene considerata dalla persona stessa condivisa, cioè la persona quando si rende conto che non è solo il suo modo di vedere ma è quello condiviso (o crede che sia condiviso) è come se avesse più potere, si sentisse più leggitimato ad intervenire, giudicando l'altro non solo dal suo punto di vista ma da quello che crede essere un giudizio morale, cioè del costume di quel luogo e che la maggior parte delle persone la pensano come lui.

A livello pratico non cambia nulla se nn per il fatto che la persona è più disinibita e quasi ne è rafforzata dal giudizio, perché pensa di aver manforte, di avere ragione, di essere dalla parte dalla maggioranza, ma la dinamica è comunque quella che ruota intorno al giudizio di valore e al giudizio di approvazione, il giudizio che si riceverà sarà comunque mosso dalla soggettività.

Conoscere la morale è quindi utile per sapere cosa evitare o casa fare per evitare problemi, per evitare che il non seguire problemi abbia conseguenze, ma questo non va inteso come legge universale perché come abbiamo detto poi sarà comunque l'altro a giudicarci nella sua soggettività e poi la possibile risposta sarà al più modulata se crede che il suo giudizio rientra anche nella visione morale.

 

Quando una persona si scontra con qualcuna che usa la morale per imporgli  un comporamento, per andare contro la sua autenticità, si ha a che fare con un moralista e si entra nel fenomeno del moralismo, ma è fondamentale capire che l'altro sta usando la morale comunque per un suo motivo, chi vuole cambiarci lo fa comunque perché in qualche modo ha motivo per farlo e la morale è solo un'arma in più, una visione delle cose per cui è come si avesse ragione, come se tutti sono così e quindi è necessario che cambi.

Questo va separato da chi invece ci vuole cambiare e tenta di imporsi sul nostro comportamento senza far ricorso al concetto di morale, non c'è moralismo ma solo un tentativo di cambiare qualcuno per i propri interessi.

 

 

 

 

Ognuno di queste tre morali potrebbe presentare problematiche adattative perché la persona risponde alla presenza di altri soggetti con culture e pensieri differenti da quello che pensano abbia o sentono che abbia.

Nel primo caso per percezione distorta, nel secondo e terzo caso perché si usano condizionamenti ricevuti da specifiche persone su altre, anche distanti culturalmente.

 

Si parla di eteronomia per evidenziare l'esistenza di queste norme osservabili all'esterno, una persona con una morale conscia adattiva risponde solo all'eteronomia che osserva realmente all'esterno, il pensiero dell'altro, l'oggettività morale di quel luogo.

 

Anomia, quando in luogo ci sono poche norme o insufficienti norme?

Autonomia, quando un soggetto smette di seguire le norme di comportamento degli altri e vive a proprio modo, circondandosi di persone che la pensano come lui, creando un cambio culturale e un distacco.

La percezione delle differenze culturale. 

 

FINO A QUI

Autonomia

Eteronomia

Anomia

 

amorale, assenza si interrogativo su cosa penseranno gli altri del suo comportamento

immorale, conosce le conseguenze del pensiero altrui ma se ne frega, agisce 

 

La morale come concetto generico, il soggetto crescerà seguendo la morale che in quel posto si tradurrà in una specifica eteronomia, un insieme di regole (norme) dettate dalla realtà oggettiva di quel posto, dalla cultura di quel posto.

Anomia, quando l'eteronomia di un luogo non è sufficiente a spingere le persone in una condotta socialmente funzionale, specialmente se la legge non viene rispettata.

Autonomia, quando il soggetto si stacca dall'eteronomia e riesce ad avere un'esistenza funzionale senza che segua la norme oggettive, ad esempio circondandosi di una propria subcultura.

 

Si definisce morale il giudizio che le persone fanno sul loro comportamento di interazione con gli altri chiedendosi se ciò che fanno verrà approvato o disapprovato dagli altri, che conseguenze avrà.

La domanda che ci si pone è "la maggior parte delle persone a cui mi espor approverà questo mio comportamento, nel caso lo apprezzerà anche?".

Non si parla di morale se la persona è interessata solo al giudizio di poche persone vicino a sé, si potrà parlare al limite di micromorale.

 

Perché si fanno questi pensieri? Per due motivi:

- le persone intorno a noi possono essere una possibile doppia minaccia, possono isolarci ma possono anche scacciarci/danneggiarci in base a come ci comportiamo, conoscere come le persone intorno a noi la pensano, come giudicano ci dà modo di evitare queste situazioni;

- le persone intorno a noi possono essere un obbiettivo, la persona ad esempio ricerca un'elevata reputazione per vendere il suo prodotto, per essere ricercato, invitato, più si hanno obbiettivi sociali più si ha interesse a capire cosa gli altri approvano per integrarsi più facilmente.

 

 

La morale è un sottoprodotto della cultura, è l'analisi della cultura media in rapporto all'integrazione e allo sviluppare comportamenti approvabili dagli altri per una questione di interesse proprio.

 

La morale potrebbe creare un conflitto fra ciò che il soggetto vuole e quello che può essere un potenziale comportamento disapprovato.

La questione si complica per due motivi:

- percezione distorta del soggetto, non riesce a mentalizzare e comprendere esattamente cosa gli altri pensano e perché;

- adattamento falsato, sviluppo di una morale in un contensto e applicarla indiscrimintamente ad ogni contensto, non riuscendo a mentalizzare la visione delle varie persone che incontra, specialmente quelle che non conosce.

 

Da qui nasce il moralismo, il moralista è colui che basandosi sulla propria visione la estende arbitrariamente e dice al soggetto cosa è giusto o sbagliato per lui, come se tutto il mondo lo potrebbe disapprovare per quelle scelte e comportamenti.

 

Il moralismo non va confuso con l'analisi di efficacia del comportamento in base all'efficacia personale a prescindere del giusto sociale.

 

La morale è uno dei tre punti cardini della scelta consapevole, il primo è l'efficacia, il secondo è la morale e il terzo è la lungimiranza e le conseguenze future sulla propria persona.

 

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La scelta morale implica che il soggetto abbia compreso numerose cose fra le quali le regole della realtà nei settori in cui vuole agire e la cultura, questo spiegherebbe perché le persone anche se pensano di fare una scelta giusta in realtà ne facciano di sbagliate, cioè che falliscono su uno o più dei tre punti citati (obbiettivo, scopo e integrazione sociale).

Uno dei problemi della moralità è che questa non chiede di essere seguita solo quando si sta per agire ma richiede una serie di azioni costanti di mantenimento sociale, la cultura non è solo sapere cosa fare o non fare quando si ha un obbiettivo da raggiungere, ma anche seguire delle tradizioni, una serie di azioni che gli altri si aspettano a prescindere e che se non vengono fatte producono quello che viene definito devianza.

 

Comprendere la cultura è fondamentale perché se si segue la normalità non vi sono rischi, normalità intesa come modo di pensare e vedere il mondo di quel gruppo, seguire (anche solo sommariamente) ciò che fanno gli altri impedisce di cadere nel problema dei preconcetti che si formando immediatamente quando vedono qualcosa di diverso che diventa strano.

Qui si entra quindi nel concetto di moralità, il fatto che il giudizio morale sia una costante per il soggetto che vive in un gruppo di persone, che opera delle scelte per sé ma a cui viene comunque richiesta una serie di azioni da fare per rimanere integrato nel gruppo.

 

La moralità non va confusa con l'onore (l'alta considerazione degli altri membri) e la dignità (il senso di orgoglio e di sensibilità al giudizio del soggetto) la moralità ci dice solo che il soggetto seguendo quello che è giusto raggiungera i suoi obbiettivi senza fare errori e senza entrare in conflitto con la società con cui è integrato e che è vicina a lui (fisicamente).

oggettivo

strano

soggettivo

morale

normale

anormale

costume

giust

sbagliato

bene

male

 

La linea sottole fra strano e diverso, si può valorizzare la diversità e non renderla strana solo se viene spiegata in modo che la cultura a cui la si sta comunicando non la percepisca come un danno una volta che l'ha compresa.

 

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Il concetto di oggettività

 

come rendere utile il concetto di morale se c'è già quello di cultura?

 

La moralità si basa sulle regole sociali oggettivi in un luogo circoscribile, ad esempio la morale di  un paese, la morale italiana. Più è grande il numero di persone prese in esame più sarà difficile trovare norme oggettive, viceversa più è piccolo il gruppo più sarà facile trovare norme oggettive.

 

La moralità è una parte della cultura che ci dice cosa in un dato posto e in un dato tempo sia percepito normale o non normale, ma anche quello che non ha norme e quindi può essere vissuto con un più ampio margine di libertà da parte del soggetto.

Queste norme sociali sono delle regole che esistono prevalentemente per due motivi:

- uno è casuale, si potrebbe definire come culturalmente indiretto, non sono norme che fanno funzionare meglio quella società di persone ma comunque la maggior parte delle persone la vede in quel modo quindi per integrarsi con esse è necessario seguire quelle norme;

- uno è prosociale, quelle norme sono nate per far migliorare meglio quella collettività di persone, la persona stessa che ci crede e le segue sa che quella norma è parte fondante del benessere in quel posto, favorisce l'integrazione perché la maggior parte delle persone ci crede e segue quelle regole creando una specie di organizzazione.

 

 

Vivere la morale come un imperativo non compreso, una serie di regole per lo più inconsce che il soggetto segue perché fin da piccolo è stato punito se non le seguiva o premiato se non le seguiva.

 

 

 

Vano, le conseguenze nonsaranno né positive, né negative, si agirà avuoto

Sbagliato, le conseguenze saranno negative, porteranno a ricevere un danno.

 

Qual è la differenza fra vano e inutile? Il concetto di utile e inutile va visto in chiave dell'obbiettivo presente, di ciò che il soggetto può usare o non usare per raggiungere i suoi obbiettivi.

Vanitoso cosa vuol dire? Un giudizio moralistico in cui un esterno giudica un comportamento altrui come qualcosa che non gli porterà a nulla, un giudizio generale anche se nel linguaggio comune viene usato prevalentemente sul versante estetico, un moralista che pensa che quell'investimento sul piacere non porterà a nulla al soggetto, esprimendolo senza conoscerlo.

Questo è il significato etimologico del termine vanitoso, ma nell'accezione comunque si è trasformato al punto da indicare, senza giudizio morale, qualsiasi persona ci tenga alla sua estetica e i giudizi che ne derivano dagli altri, un vanitoso quindi potrebbe essere semplicemente colui che passa ore allo specchio per acconciarsi.

Conviene lasciare che vanità resti un giudizio moralistico attinente all'etimologia che possiede, usando altri termini come istrietico, istrionico o esibizionista per spiegare i fenomeni che spingono un soggetto a mettersi in mostra, investire per attenzioni, etc...

 

effimero

 

(collegamento con dignità e bigotto, aggiungere deprecare e disapprovare per indicare ciò che sarà sbagliato nel futuro e ciò che è stato già sbagliato)

Prima di procedere con la spiegazione di questo termine è necessario fare un distinguo fra i termini morale e moralità, mentre la morale è un fenomeno soggettivo in cui ognuno ha la sua morale e il suo punto di vista, la moralità è invece la morale maggiormente condivisa in un gruppo di persone, in quanto conoscere questa moralità in un dato luogo e tempo è utile per comprendere che tipo di comportamento medio attendersi, quali saranno i giudizi che vanno per la maggiore e da qui comprendere parte del costume e della cultura di quel luogo.

Detto questo si definisce morale qualsiasi giudizio il soggetto faccia sulla base delle sue credenze riguardo a cosa sia giusto o sbagliato per lui o per altri.

Questo giudizio non necessariamente è valido, non a caso si parla di moralismo quando un soggetto senza comprendere minimamente la differenza fra sé e gli altri impone la propria visione di giusto ad un'altra persona, dicendole cosa è giusto e sbagliato.

Le azioni e i comportamenti degli altri vengono giudicati moralmente sulla propria base, producendo il fenomeno dell'approvazione e della disapprovazione.

Io approvo vuol dire che vedo il comportamento dell'altro come positivo (o al limiti indifferente) per me, quando una persona cerca l'approvazione degli altri lo fa perché in questo modo è come se sapesse che quella persona non avrà nulla da ridire, non ci saranno conseguenze negative, etc...

L'approvazione è diverso dalla ricerca del consiglio, dove il soggetto desidera che l'altro gli dica se quella cosa è giusta anche per lui, come se non sapesse o non fosse sicuro se lo sia.

 

 

ultima modifica il: 13-08-2020 - 22:41:41
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