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BOZZA

il ruolo di colui che si limita ad eliminare la percezione distorta, fornendo un quadro migliore e più completo al soggetto di ciò che sta passando.

Il counselor punta alla crescita del soggetto piuttosto che a diagnosticare un disturbo psichico e avviare un trattamento specifico, per fare un'analogia con le malattie mediche, per sconfiggere alcune patologie si può o combattare la patologia o stimolare le difese del soggetto.

Questo discorso ha i suoi limiti, così un counselor che comprende la gravità degli scenari, sa quando la situazione è tale da poter essere risolta potenziando il soggetto e quando invece è talmente invalidante che è necessario l'intervento di trattamenti mirati.

 

Il fatto che counsiling venga tradotto come consulente crea confusione perché non fa consolunza, al più si potrebbe tradurre come un "mentoring della vita" migliorando la consapevolezza del soggetto in quell'ambiente dove soffre e ha problemi, potenziandone la visione.

Non sempre è una questione di potenziamento, a volte il soggetto ha solo grosse paure, potenziare in quei casi fan bene poco specialmente se il soggetto è già consapevole.

(conseuling prima di una scelta, fare il revisore decisionale e consigliare al soggetto di lasciar perdere quella scelta

counselor, colui che ti fa capire che stai facendo un errore, laddove gli altri non riescono, ti fa capire che il peggior nemico in quella situazione sei te stesso e la scelta che stai prendendo)

Da riscrivere sulla traduzione consigliere e consolatore.

il counselor è una figura professionale che è entrata recentemente nel mercato italiano generando non pochi conflitti e problematiche con una figura presistente, ovvero quella dello psicologo.

Per capire rapidamente il perché di questo conflitto è sufficiente tradurre il termine per rendersi conto che questa figura è un "consolatore" cioè colui che consola.

Che significa? Che questa figura va a prendersi in maniera diretta tutte quelle persone con problemi psicologici "minori" (che sono probabilmente la maggior parte del mercato) con interventi che in realtà non si limitano al consolare qualcuno, il trucchetto consiste nel definirsi consolatore ma non limitarsi a consolare.

A livello tecnico consolare vuol dire semplicemente avere qualcuno che ti fa compagnia, qualcuno con cui può sfogarti, qualcuno che ti ascolta e potrebbe avere un senso per un soggetto non preparato (almeno sotto un punto di vista legale) mettersi lì e fare la figura "umana" che non interviene e si fa pagare, quante persone sono rimaste sole o non hanno nessuno con cui potersi sfogare e sarebbero contente di pagare una persona che si limiti a consolarle? Nessuno si potrebbe opporre a questa figura.

La linea di separazione è infatti semplice, quando parlo con qualcuno con il tentativo di aiutarlo sto facendo un intervento psicologico, sto iniziando un cambiamento che può spaziare fra il funzionale, l'indifferente e il disfunzionale. Qualcuno potrebbe obbiettare dicente "Quante volte una persona chiede consiglio a qualcuno e questo risponde? Allora tutti quanti sono persone che commettono un illecito, il mondo intero sta commettendo un abuso di professione?"

La risposta è no perché non si stanno facendo pagare, è necessario tenere a mente che qui si entra in una questione legale e commerciale, per non parlare del fatto che la psicologia è una delle scienze ancora più giovani e il rischio dell'esito non è per nulla scontato.

Perché la situazione non sembra risolversi celermente come proposto in questo "semplice schema" professionista consolatore e professionista che interviene psicologicamente? Per l'ignoranza e la confusione che c'è intorno al concetto di disturbo.

Qui la situazione oscilla verso il comico, perché la confusione e la rigidità degli schemi psichiatrici del disturbo che secondo l'AB sono per lo più sballati ed arbitrari si è ritorto contro l'intero settore. La psichiatria ha enfatizzato i disturbi, ha fatto in modo che la maggior parte dei problemi psicologici venisse "catastrofizzata" sotto la pesante etichetta del disturbo e una serie di professionisti hanno fiutato il "bug del sistema" rispondendo "ah tu mi hai detto che se il soggetto entra in questi specifici canoni è disturbato? Bene, tutti i casi dove un soggetto non rientra in questi canoni allora li gestisco io, tanto non sono disturbati quindi ora cosa pretendi?"

Il salvataggio in calcio d'angolo che attualmente sta portando avanti la professione di psicologo e dei terapeuti in generale è quella di "tu comunque non può sapere se l'altro è disturbato perché non hai l'abilitazione e la formazione (legalmente riconosciuta) per fare questa diagnosi". 

Insomma entrambe le professioni vanno avanti in modo ipocrita, il counselor sapendo che sta giocando sporco e lo psicologo facendo il finto tonto sul "terreno che hanno lasciato scoperto facendo una distinzione inefficace e non funzionale fra persone disturbate e non".

Un ulteriore cavallo di battaglia dei counselor è la constatazione che uno psicologo laureato nella triennale ha una formazione praticamente nulla perché ha passato 3 anni a fare un'infarinata che difficilmente colmerà con un tirocinio pre lauream o post lauream, mentre il counselor da tempo zero inizia a formarsi per aiutare un soggetto in termini pratici.

Prendiamo questo sito e la teoria che c'è dietro, c'è una specializzazione mirata ad aiutare qualsiasi persona che si presenti con un problema psicologico, un intervento mirato e più analitico che nemmeno la psichiatria e la psicoterapia classica attualmente possono fornire.

Per questo l'AB non può far altro che schierarsi contro entrambi le professioni, entrambe ipocrite che tendono a tutelare loro stesse senza rendersi conto che quando ci sono problemi e conflitti difficilmente la colpa è sempre "tutta dell'altro", teoricamente vince e vincerà la professione abilitata e regolamentata (in questo caso la psicologia) ma solo perché è dalla parte della legge, perdendo questa opportunità di crescita per rendersi conto dei propri errori e dei propri limiti, limitandosi a combattere il nemico senza chiedersi come abbia fatto a fare quello che ha fatto nonostante non avesse l'effetto autorità e il riconoscimento legale, senza porsi la domanda "ma se una fetta consistente di popolazione ha preferito i counselor agli psicologici forse c'è qualcosa che non va?".

La soluzione migliore sarebbe quella di avere una formazione psicologica efficace e completa, formando una persona che viene abilitata ad esercitare solo dopo che la si è preparata a fare interventi psicologici di qualunque tipo. 

In questo modo le persone avrebbe due scelte, mi faccio aiutare da uno psicologo generico (qui poi starà al soggetto crescere come professionista in termini di abilità ed efficacia e quindi farsi un nome) o mi rivolgo ad un terapeuta specializzato in uno specifico metodo di intervento? Lasciando al counselor quella professione chiaramente specificata dal nome, ovvero una persona che fa compagnia, fa la presenza, da fa sfogo ma che attua nessun dialogo terapeutico, non da alcun consiglio (per dirla a livello pratico un soggetto che dice sempre si hai ragione, si può contare su di me, si io ti ascolto, etc..).

Fino a quando lo psicologo continuerà ad esercitare in maniera ipocrita e senza riconoscere che una volta abilitato difficilmente è abile quanto un counselor (almeno che non abbia studiato per contro proprio) si scenderà sullo stesso piano dei counselor che in pratica sfruttano lo stesso livello di ipocrisia, ma per assurdo in maniera più efficace perché almeno il loro investimento di studio è più specializzato e proficuo di uno psicologo che una volta laureato alla trieannale sarebbe meglio chiamarlo "storico della psicologia" o "informato sulla psicologia".

 

In sintesi il modo migliore per superare questo conflitto sarebbe quello di fare un "mea culpa" sulla figura dello psicologo, formarlo meglio e abilitarlo solo quando è in grado di fare qualsiasi tipo di inverevento psicologico in qualsiasi soggetto, integrando nel caso il counseling anche nel corso di formazione psicologica a patto che ci sia validità e un fondamento di scientificità obbligando e chiarendo che nel momento in cui un soggetto "parla ad un altro e da qualsiasi tipo di consiglio psicologico in cambio di denaro" sta facendo un abuso di professione, con la salute mentale non si scherza e questo è l'unico modo per tenere la salute mentale degli italiani "garantita legalmente da professione riconosciute".

 In questo modo rimarebbe una figura che anche senza alcuna formazione (o minima) potrebbe continuare ad esercitare, un counselor che si limita a consolare e nulla di più.

 

 

Esempio pratico:

"Ho investito tutte le mie energie, tutti i risparmi
indebitandomi per il resto della vita, al fine di acquistare una casa credendo
finalmente aver trovato uno spazio dove poter vivere in tranquillità. Invece da
quando sono arrivato qui da un paio di mesi il rapporto coi vicini di sopra si è
rivelato infernale, continuano a far rumore tutto il tempo impedendomi di
dormire, di seguire i miei orari. Ovviamente ne abbiamo parlato prima
civilmente poi fino alla lite, ma tutto inutile.


Sto letteralmente impazzendo! Perché mi rendo conto di aver
fatto una scelta sbagliata alla quale non riesco piú reagire. Dovrei valutare
la possibilità di vendere (anzi svendere), di affittare di non so che cosa pur
di scappare di questo inferno e non riesco minimamente reagire, sono
paralizzato, covando una rabbia e una disperazione che mi stanno portando al
delirio."

Se si fosse rivolto ad un counselor prima di fare questa scelta non si troverebbe in questo stato perché il counselor l'avrebbe spinto altrove.

ultima modifica il: 05-11-2017 - 0:44:34
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