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Cos´è la resilienza?

(aggiungere resiliente insofferente, colui che anche se sistema le cose in qualche modo comunque appare negativo alle persone perché non riesce a contenere completamente tutte le emozioni negative)

Con il termine resilienza si definisce l'abilità di un soggetto di reagire ad uno stato di crisi riuscendo ad impedire che il dolore provato e le esperienze provate non causino ulteriori danni alla sua vita portandolo a modificare gli obiettivi che si è posto.

Il soggetto resiliente è colui che non modifica in modo disfunzionale i suoi obiettivi (alcuni cambiamenti sono funzionali o normali) intervenendo sull'evento negativo, apportando delle modifiche alla realtà per ritornare ad una situazione percepita come positiva o accettabile.

Il soggetto resiliente è come se dicesse a se stesso "ok ora sto male, ho paura, ora sono dolorante, ho perso tanto o potrei perdere tanto, mi sento depresso, ma non posso lasciarmi buttare giù, non posso lasciare che questo dolore mi spinga a fare qualcosa che il me futuro rimpiangerà, mi oppongo a tutto questo, mi sforzo di guardare oltre, guardo al mio futuro, posso da oggi ricominciare a mettere i mattoni, uno dopo l'altro, per sistemare la mia vita, per superare questa situazione."

La resilienza va oltre il "voglio provare meno dolore, voglio fuggire dal dolore, non voglio soffrire, etc..." che descrive l'atto di fronteggare (coping) il dolore, ma il soggetto è come se guardasse alla sua situazione nel complesso e puntasse a sistemarla, impedendo che tutta la situazione emotiva possa causare ulteriori danni.

Il soggetto resiliente non punta ad una semplice riduzione del dolore presente ma vede la sua vita in prospettiva, sa che il suo futuro è strettamente collegato a ciò che sceglie nel presente e il soggetto resiliente tiene a mente tutto questo per opporsi alla crisi nel modo migliore e più immediato possibile.

Per comprendere il concetto di resilienza è necessario avere chiaro il concetto di crisi, ogni persona, salvo rari casi di accidia, ha un'immagine più o meno definita di ciò che vuole avere ed essere nella vita (se ha svolto un minimo un percorso di individuazione) e in base a questa fissa uno scopo, una direzione, o quanto meno degli obiettivi a medio termine.

Vivere equivale ad inseguire degli obiettivi, a raggiungere qualcosa e lottare per conservare lo status quo. Inevitabilmente si faranno i conti con fallimenti e anche perdite di qualcosa che si era già conquistato, quello che succede emotivamente durante una perdita o un fallimento si chiama crisi, che comporta diverse conseguenze negative che solo un soggetto resiliente riesce a superare agilmente. 

Frasi che possono essere famigliari a qualcuno durante un periodo di crisi sono:

- "vabbè non ha senso, mi arrendo, tanto va tutto male";

- "ah è così e allora io non faccio più niente, non ci sto a queste condizioni";

- "questo mondo non si merita i miei sforzi e miei impegni, lascio perdere";

- "fa tutto schifo non ha senso vivere così".

La crisi in sitensi si potrebbe definire come lo stato emotivo che si prova quando non si accetta la realtà perché essa non rispecchia il nostro obiettivo, o perché abbiamo fallito nel costruire qualcosa o perché c'è stato un danno, c'è una perdita, alcuni reagiscono in modo resiliente ma per altri diventa qualcosa che non riescono a superare.  

Il soggetto resiliente è colui che ad esempio nel momento in cui muore un genitore premutaramente non sprofonda in un circolo di depressione o altro, ma continua con ciò che stava facendo sopportando il dolore e impedendo che questo lo porti in uno stato depressivo o ad arrendersi al dolore.

In sintesi con la resilienza il soggetto si oppone allo stato di crisi e si dà da fare per opporsi alla situazione che sta subendo, per continuare a raggiungere i suoi obiettivi, per superare il danno e continuare a vivere.

Attenzione a non confondere la resilienza con la tenacia, la tenacia pone l'accento sulla motivazione di fronte ad obiettivi che hanno numerosi problemi e blocchi da affrontare senza che vi sia una crisi (un danno).

La resilienza pone l'accento sul fatto che nella vita inevitabilmente accadono cose brutte, fallimenti o perdite che ci scatenano emozioni negative, a volte poco brutte e a volte tanto brutte, il soggetto resiliente con temperanza, abilità di fronteggiamento e ottimismo riesce a resistere a questa "burrasca" superandola.

Resilienza e tenacia sono due faccie della stessa medaglia, entrambe spingono verso la risoluzione di situazioni negativa e difficile, ma evidenziano fenomeni leggermente differenti, uno sulla motivazione e l'altro sulla personalità in grado di affrontare questi scenari.

La resilienza è un tassello fondamentale per la stabilità, cioè per poter vivere la propria vita inseguendo i propri obiettivi senza fermarsi o arrendersi mai, qualsiasi cosa succeda.

La resilienza si basa su quattro componenti:

- scopo motivante, il soggetto ha uno scopo di vita, ha già trovato un senso alla sua esistenza, chi vuole essere, cosa vuole fare, cosa costruire, ha un qualcosa che dà senso alla propria esistenza. Questo punto è fondamentale perché solo così la persona può concentrare la sua energia sul futuro e andare oltre il presente, avere qualcosa per cui lottare, avere un obiettivo chiaro a cui puntare;

- intelligenza emotiva, in particolar modo resistenza all'anedonia, capacità di fronteggiare il dolore e temperanza. L'anedonia consiste nel non percepire più motivazione per ciò che si stava facendo, in quanto le emozioni negative intense che si provano è come se impedissero di percepire quelle belle. Temperanza specifica, un evento negativo crea emozioni quali rabbia, tristezza e queste emozioni potrebbero spingere a compiere delle azioni immediate. Fronteggiare vuol dire diminuire il dolore;

- ottimismo e resistenza al pessimismo, il soggetto impedisce che a partire da eventi negativi si facciano conclusioni distorte che peggiorano il quadro, come pensare che ormai è tutto perduto, sarà sempre così, non cambierà mai niente. Sono pensieri che spingono all'inazione e ad abbandonare obiettivi e progetti, se una cosa si ritiene impossibile non si agirà mai, anche se si ha potenzialmente la motivazione;

- autostima dinamica, sapere di poter fare, di agire per sopportare e superare la crisi. Questo punto è concettualmente legato al precedente, ma è talmente importante che conviene sottolinearlo.

 

Qualcuno potrebbe a questo punto chiedersi ma qual è la differenza fra ottimismo e resilienza? L'ottimista è colui che quando accade qualcosa di negativo riesce a capire che quella cosa è passeggera, che passerà, che non c'è una condanna.

La resilienza pone l'accento su tutto, sul fatto non solo di essere ottimisti ma anche di darsi da fare per superare quella crisi, quali strumenti mentali usa, la sua abilità a regolare le emozioni negative, riuscire non solo a guardare un futuro migliore ma combattere contro quelle emozioni negative che lo spingono a deprimersi o fare cose stupide.

La resilienza implica che il soggetto sia abile o capisca come migliorare nel versante dove ha fallito o ha perso, ma questo punto conviene tenerlo come separato anche se necessario.

Ad esempio una persona sta studiando all'università e un terremoto gliela distrugge, non solo, uccide anche la sua fidanzata. Il soggetto resiliente non solo è ottimista e sa che quella situazione negativa che sta provando in quel momento è superabile, ma continua a fare, non si lascia buttare giù, fa in modo che la sua vita continui nonostante tutto, riorganizzandola, combattendo per raggiungere quello che vuole da essa.

Il resiliente prova dolore, ma impedisce che questo dolore lo fermi, L'ottimismo è parte della resilienza, una delle quattro componenti senza le quali un soggetto non riuscirebbe ad essere resiliente, come si fa a lottare per uno scopo se si crede che il male che è capitato è eterno, che non è risolvibile, che sarà sempre così?

Ma insieme all'ottimismo è necessario che vi siano temperanza, resistenza all'anedonia e che vi sia uno scopo. Non è necessario essere totalmente temperanti, si può cedere momentaneamente all'emozione, si può cedere per un po' all'anedonia, ciò che conta è che il soggetto poi trovi la forza di superare questi stati, altrimenti vinceranno loro. 

La temperanza diventa uno strumento necessario per essere resilienti, perché se si lascia che le emozioni negative che si provino spingano a fare delle azioni e delle scelte c'è il rischio che queste possano danneggiare il proprio presente e futuro.

Ma la temperanza non basta, ci sono altri due nemici, uno si chiama anedonia e uno pessimismo e solo resistendo anche a questi due fenomeni che ci si può definire resilienti.

Ritorniamo all'esempio di prima, la morte di un genitore, il soggetto potrebbe aver voglia di spaccare tutto, di urlare, di fare qualche gesto estremo mosso dalle emozioni che prova ed è la temperanza a fermarlo. 

Poi c'è un'altra sfida da affrontare, la morte di un genitore potrebbe portarci ad avvertire le emozioni appiattite, a non avere più voglia di fare alcune cose e solo conoscendo questo effetto e quanto sia insidioso che il soggetto potrebbe ad esempio sforzarsi di farle lo stesso per rendersi conto che era solo una cosa momentanea.

Poi c'è il pessimismo, tutta una serie di pensieri automatici e non che il soggetto potrebbe fare a partire dall'evento negativo, mosse anche dalle emozioni negative. Conoscere questa evenienza aiuta il soggetto ad essere ancora più presente e critico nei confronti dei suoi stessi pensieri per impedire che questi aumentino le emozioni negative, che butti benzina sul fuoco arrivando a fare conclucioni come "nulla ha più senso" "posso abbandonarmi a me stesso" "senza l'aiuto di mio padre non ce la farò mai". Diventa necessario mettere a tacere questi pensieri, tramite una sorta di "guerra metacognitiva interna".

Infine c'è l'autostima, il soggetto alla domanda "ma io posso sopportare? Ma io sarò in grado di fare tutto quello che c'è da fare?" risponde di si, e da questa risposta si mette all'opera per uscirne.

Il soggetto resiliente è colui che nel periodo successivo all'evento negativo riesce a fronteggiare le ripercussioni, riesce in modo più o meno rapido a rimanere in carreggiata o comunque a non sbandare troppo, difendonsi in particolar modo su questi tre punti.

La resilienza va intesa come un'abilità, e come tale si basa su più livelli, non esiste solo il soggetto resiliente al 100% e il soggetto non resiliente.

Ci saranno soggetti che dopo qualche giorno di dolore ripartono, altri che ripartono subito, altri che ripartono piano piano, altri che sono talmente resilienti da non essere scalfiti da nulla. Si faccia attenzione a non vedere la resilienza come qualcosa di dicotomico, non cadere nell'errore di pensare che o c'è o non c'è.

 

Ricapitolando la resilienza definisce il fenomeno con cui un soggetto reagisce ad un evento negativo impedendo che questo possa danneggiare il decorso della sua esistenza, tramite effetti anedonici, effetti parossistici/impulsivi e tramite conclusioni distorte e pessimistiche a cui questi eventi possono portare.

Per evento negativo si intende qualsiasi evento sia in grado di danneggiare l'esistenza del soggetto, avere una perdita economica, perdere una persona all'interno della propria rete sociale, perdere la propria casa, perdere un arto, perdere un'opportunità, fallire in un progetto, scoprire di avere uno scarso valore, una scarsa abilità in un settore, etc...

La resilienza diventa all'atto pratico una lotta con se stessi, impedire che la nostra stessa mente ci freghi e solo conoscendo i propri punti deboli si può essere maggiormente resilienti: 

- comprendere il concetto di depressione e anedonia;

- comprendere il concetto di pensieri automatici, fallacie e pessimismo;

comprendere il concetto di emotività e temperanza.

 

Il punto è che la nostra mente tente a reagire in modo negativo, ha del potenziale distruttivo, solo consocendo questo meccanismo si può regolare o impedire che avvenga. 

Studiare questi tre punti equivale all'antico detto "conosci il tuo nemico", solo conoscendo e comprendendo questo aspetto della propria umanità si può reagire ad esso, quasi anticiparlo e non rimanere sorpresi mentre ci attraversa.

Proprio perché lo conosciamo evitiamo di cadere nelle sue trappole, possiamo resistere ed agire sapendo che è qualcosa di passeggero, qualcosa che è creata da parte della nostra mente e come tale possiamo modularla e combatterla.

Solitamente la resilienza viene definita con la locuzione "mi piego ma non mi spezzo" che sottointende il fatto che il soggetto una volta piegato si darà da fare per raddrizzarsi, viceversa lo spezzarsi lascia intendere che ormai è finita, il pezzo rimarrà rotto a terra e non ci sarà verso di sistemarlo.

Il soggetto resiliente quindi è in grado di resistere all'evento negativo ed impedire che questo fermi il suo progetto di vita, ciò che stava facendo, facendo in modo che l'esistenza del soggetto continui.

Più il soggetto è resiliente, minore saranno i danni che causerà alla sua esistenza in seguito all'evento negativo e minore sarà la tempestica per recuperare totalmente.

Facciamo altri esempi di resilienza:

- una persona viene lasciata e la prima cosa che fa è andare in palestra, mettersi in forma e continuare ad uscire fuori perché la prima cosa che pensa non è al presente o al passato, ma al futuro e al prossimo rapporto. Ciò non significa che il soggetto non provi dolore, ma non lascia che il dolore lo spinga in basso e sopratutto non crede che la sua vita ormai sia finita, ma al contrario è solo un evento da superare Sa quanto sia importante tenersi impegnato per contrastare l'anedonia, quanto sia fondamentale combattere quei pensieri che dicono che tutto è vano;

- una persona perde il lavoro e la prima cosa che fa è darsi da fare per cercarne un altro.

 

 

Qualcuno a questo punto potrebbe dirsi, qual è la differenza fra resilienza e risolutezza? La risposta è che la risolutezza analizza il fenomeno in cui il soggetto si oppone e risolve i problemi che lo separano fra se e il suo obiettivo, la resilienza pone l'accento sull'impedire che la risposta emotiva che si ha quando perde qualcosa di importante o si fallisce nel raggiungimento ci faccia crollare.

Il problema in questo caso è fare i conti con il proprio problema emotivo interno, non si tratta di un generico problema ma di uno specifico che potrebbe portare il soggetto a fermarsi, a deprimersi, ad arrendersi, a credere di non potercela fare.

Il soggetto resiliente è colui che è particoalrmetne abile nell'essere risoluto in questo tipo di problemi emotivi interni, di fronte a scenari di crisi.

 

Facciamo un esempio per capire la differenza fra resilienza e risolutezza. 

C'è uno studente al corso di laurea. Mentre è al terzo anno di studi gli muore il genitore, se sarà resiliente farà in modo che questo evento non lo porti a smettere di studiare, ad abbandonare gli studi, a ritardare gli studi ma a continuare nonostante tutto. Oppure lo studente durante il corso di studi si ritrova con un professore che lo prende di punta, quanto più il soggetto rapidamente si muoverà per risolvere questo problema, senza perdere tempo ad arrabbiarsi, a disperarsi o lamentarsi quanto più sarà risoluto.

Lo studente ha tanti problemi da superare, anche il solo preparare un esame è un problema, ma la resilienza è tale solo di fronte a specifiche crisi di carattere emotivo.

 

 

 

 

Il totem della resilienza (mantra)

Ci sono pensieri che il soggetto può fare e che lo aiutano ad essere resiliente, ad esempio la madre che dice "devo essere forte per mia figlia" o il lavoratore che è forte pensando a quando lui stesso un giorno avrà fatto carriera. Ci sono leve motivazionali che aiutano il soggetto ad essere resiliente, fanno parte dei propri obiettivi di vita, ma possono essere sintetizzati in simboli così chiari e immediati che basta pensarci un secondo per ritrovare la forza necessaria ad essere resilienti. 

Un altro tipo di totem potrebbe essere quello di stamparsi il mente il futuro che si vuole, immaginarlo, toccarlo con mano quasi, creare un'idea così vivida che il soggetto di fronte a qualsiasi evento negativa la rievoca e si fa forza su questa, sapendo che è possibile e che non deve arrendersi e farsi abbattare da niente.

La resilienza è una delle caratteristiche che rendono il soggetto stabile.

"Una delle cose che odio di più di me stesso è la scarsa capacità di reazione ai piccoli problemi della vita, credo che in psicologia venga chiamata resilienza.
Credo che sia una conseguenza dell'ansia e della praticamente inesistente autostima.
In pratica qualsiasi evento che va al di fuori della mia routine quotidiana mi sconvolge, mi fa sentire una merda.
Per portare degli esempi:
anni fa ho avuto un incidente per un errore mio, non grave e nessuno si è fatto male, cose che in giro capitano tutti i giorni, ma io non me ne sono mai ripreso completamente, ho continuato a sentirmi inaffidabile e inadeguato.
Oppure per cose ancora più lievi, come piccoli problemi fisici, un guasto all'auto, una discussione con una persona, una figuraccia..
Tutte queste cose mi turbano oltremodo e in alcuni casi più gravi mi tolgono proprio le forze.
Qualcuno è come me? fate qualcosa per alleviare questa condizione?"

 

 

Resilienza e rischio ossessivo

 

Elenco disambiguazione:

Resilienza, il danno è avvenuto, sto soffrendo e questa sofferenza potrebbe ulteriormente danneggiarmi se non intervengo. Il soggetto resilienza non solo impedisce che il dolore che prova lo danneggi ulteriormente, ma si da dà fare per recuperare il danno iniziale, ciò che ha causato il dolore, riassestando la sua vita, apportando cambiamenti;

Tenacia, alcuni problemi sono difficili e non si è in grado di risolverli subito, richiedono un percorso di formazione, di crescita e cambiamento, il soggetto tenace è colui che di fronte a questo tipo di problemi non si arrenda e si dà da fare per raggiungere quegli obiettivi che al momento non è in grado di raggiungere;

Fronteggiamento/coping, il tentativo da parte del soggetto di diminuire il dolore che prova, collegato al danno che ha subito o pensa di stare per subire.

ultima modifica il: 12-09-2020 - 13:16:14
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