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Cos'è la sfida?

Le persone si sfidano per il piacere che ne deriverebbe dalla vincita, una delle derive psicologiche più lampanti della dominanza.

DA RIVEDERE

La sfida nella quotidianità è un termine che viene usato per indicare il fenomeno in cui una persona inizia un'attività con lo specifico obbiettivo di confrontarsi con altre persone e decretare un vincitore.

Questa sfida, così come la competizione sportiva, affonda le sue radici nella dominanza, ovvero il piacere innato che una persona prova nella vittoria, nell'essere superiore, una persona sfida per provare la gioia di "sapere di essere vincitore" di aver dominato gli altri.

Di solito a questa affermazione le persone si oppongono dicendo che la sfida non nasce solo per questo piacere, di solito questo accade alle persone che hanno nascosto a loro stessi questa dominanza perché si scontra con l'etica che hanno ricevuto, "è sbagliato dominare e sentirsi superiore agli altri", in realtà non si rendono conto che hanno mascherato il piacere nella dominanza sotto altre spoglie e si autoconfondono.

La sfida ha quindi come obbiettivo quello di procurarci questa particolare gioia, questo piacere dato dal "vincere".

 

La sfida a differenza della competizione però avviene in campo esistenziale, uno sportivo che gareggia sa benissimo cosa succederà, che il tutto è finalizzato a vincere, mentre nel terreno esistenziale la sfida è personale, e almeno che uno non lo dichiari apertamente non si sa stia facendo una sfida o meno.

La questione si complica perché il campo esistenziale non è un campo da gara, la sfida viene disapprovata dall'etica, questo non vuol dire che tutte le persone la disapprovano ma che mediamente tende ad essere disapprovata.

Quindi abbiamo una gioia data dalla dominanza, ma un'etica che spazia fra l'indifferenza e la disapprovazione, si pensi alla religione che ha perfino messo questo fenomeno della dominanza fra i 7 peccati capitali.

Questo porta a formulare la prima teoria sulla sfida e cioè che le persone che vedono il campo esistenziale come un terreno da cui vogliono ottenere questa gioia applicano uno strategia di "recitazione" e "bugie" con l'obbiettivo di non essere scoperto.

L'alunno a scuola che studia esclusivamente per avere i voti più alti ed essere il migliore della classe, gli da gioia essere "primo" ma non gliene frega niente di quello che studia, non gliene frega niente, l'unica cosa che per lui conta è essere il primo, quando un genitore lo interroga e gli dice ti piace la scuola è lui risponde nascondendosi "si mi piace" quando in realtà conta soltanto la sfida.

Oppure l'esempio dell'uomo che desidera avere una donna solo perché è bella, quindi entra in sfida con gli altri e se la ottiene si sente il vincitore, alla donna non dirà mai che l'ha conquistata per quello ma perché la "ama".

Ecco che abbiamo un primo gruppo di persone che "sanno cosa vogliono" e "la gioia del dominare" è una di queste e nel caso sono disposti anche a mentire e recitare una parte pur di provarla anche nel campo esistenziale.

Ma nella quotidianità non esistono solo sfidanti aperti, anzi la maggiore parte delle persone hanno soltanto una componente di sfida e quindi non iniziano delle "sfide dirette e aperte con gli altri".

Questa componente di sfida potrebbe essere maggioritaria o minoritaria creando diverse situazioni, analizziamole.

Il fenomeno più curioso che può accadere è che una persona arrivi a credere di desiderare quella cosa e che la sfida sia ininfluente per poi scoprire ad obbiettivo raggiunto che in realtà il tutto sussisteva perché c'era la sfida e tolta la sfida perde il desiderio in quell'oggetto, questo caso quindi rappresenta il caso in cui la sfida non era solo la componente maggioritaria era la predominante ma la persona non se ne era accorta.

A seconda che la sfida sia minoritaria o maggioritaria la persona comunque ha una motivazione secondaria, ha interesse in ciò che fa, quindi una volta raggiunto l'obbiettivo e finita la sfida la persona perde parte della motivazione ma non tutta, mentre chi lancia delle sfide dirette ha come unico interesse quello di vincere.

 

Per l'AB qualsiasi forma di sfida diretta o che sia soltanto una componente diventa un indicatore di una personalità che conserva la "dominanza" e quindi in parte finisce per investire su di essa.

Questa dominanza non è compatibile con la felicità per due rischi prevalentemente, il primo rischio è quello di "soffrire nel sentirsi dominanti" si può vincere ma si può anche perdere, non ha senso scommettere la propria gioia su questa componente, soprattutto pensando che il vincitore è sempre uno e i perdenti tanti , il secondo rischio è quello di dare spazio all'inconscio seguendo la teoria/metafora del terreno psichico.

L'AB preferisce la collaborazione alla sfida, in cui si può gioire con le persone collaborando e non sfidandole, se ho altre gioie con cui essere felice perché puntare a una gioia rischiosa che mi darebbe dei svantaggi?

Alcune persone tentano di salvare la sfida usando la scusa che è un mezzo che può essere usto per migliorarsi, come a dire "se entro in competizione con qualcuno mi sento spronato a migliorare" ma i rischi descritti rimangono, chi me lo fa fare di migliorarmi con questo metodo rischioso se posso usare metodi meno rischiosi per crescere e migliorarmi come ad esempio quello di sviluppare una passione? Ammesso che una persona sia in grado comunque di usare questo metodo solo nei campi in cui conviene crescere e non la usi solo come scusa per continuare a sfidarsi in campi che di esistenziale non hanno nulla.

Fin'ora è stata trattata la sfida come fenomeno che riguarda sempre almeno due persone, ma c'è un fenomeno particolare che potrebbe essere inteso come sfida personale, sfida con se stesso.

Rimane un fenomeno particolare che riguarda la sfida, cioè il caso in cui una persona usi la sfida su se stesso e basta.

E' un meccanismo un po' forzato, ma è possibile entrare in sfida con se stessi, non tutti sono in grado di farlo, in questo modo la persona è come se usasse la gioia della dominanza per motivarsi con una lena positiva, cioè diventa un metodo motivazione per lena.

Cosa fa la persona esattamente? Usa se stessa in varianti temporali diverse, ovvero il me futuro può essere superiore di questo che sono ora, quindi io potrò dominarmi, vincermi.

Si può paragonare la sfida con gli altri alla sfida con se stessi? La risposta è no, già a livello di probabilità cambia tutto perché la probabilità di farcela sfidando gli altri è notevolmente più bassa di quella in cui si sfida se stessi, per non parlare del fatto che la sfida con gli altri si basa su notevole cose, come chi arriva prima a livello temporale, chi lo fa meglio, chi lo fa in un determinato modo, mentre la sfida su stessi può essere basata solo sul raggiungimento di un obbiettivo del tipo "dimostro a me stesso che posso farcela" oppure "sono io che domino la mia esitenza non il mio corpo o il destino" proprio perché l'unico confronto che si può fare è temporale, io posso essere migliore del me di oggi.

Per evitare confusione, se la persona usa il termine sfida è probabile che si riferisca comunque alla sfida con altre persone, mentre per riferirsi al fenomeno di sfida con  se stessi è necessario specificarlo.

Si legga motivazione per approfondire.

 

 

La sfida in ambito sportivo viene chiamata "competizione".

ultima modifica il: 17-10-2015 - 14:17:59
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