Cos'è il vuoto? Cosa si intende per vuoto interiore?
(yes man per colmare il vuoto interiore
riempire il vuoto con le zelle, attaccare il mondo e farlo cambiare sui propri standard
non confondere il vuoto con il concetto di autoimmagine e valore medio per gli altri, la persona potrebbe erroneamente dire di essere vuota in quanto non ha valore da offrire agli altri)
Si parla di vuoto per definire la mancanza di interessi da parte del soggetto nel porsi obbiettivi e costruire progetti che impegnino interamente la sua giornata.
Attenzione a non confondere il vuoto con il concetto di autoimmagine e valore medio per gli altri, cioè un conto è ritrovarsi con nulla da fare, senza interessi o obbiettivi, un conto è pensare che ciò che si è non abbia valore per un osservatore.
Detto in altri termini, si parla di vuoto quando la persona non ha sufficienti progetti in corso da riempire ogni momento della sua giornata e per questo ricorre a passatempo per non avvertire quel senso di vuoto interiore.
Per comprendere il vuoto pensate a questi due scenari:
- persona A, ha un rapporto d'amore in corso, ha diversi amici e delle passioni, ogni momento della sua giornata si basa su progetti avviati da solo o con questi rapporti, anche solo guardare un film insieme è un'attività da condividere che arricchisce il rapporto;
- persona B, ha un lavoro che non gli piace, torna a casa e non ha nulla da fare, inizia a guardare film o navigare sui social per passare il tempo.
Sono due estremi opposti ma fanno comprendere come nel primo caso la persona abbia un'esistenza totalmente piena, mentre nel secondo caso una esistenza totalmente vuota.
La realtà è fatta di numerose sfumature, infatti conviene parlare di percentuale di vuoto infatti una persona che ad esempio passa 8 ore di veglia a inseguire i suoi progetti e le rimanenti 8 a passare il tempo si potrebbe definire vuoto al 50% in quella giornata.
Quanto più si alza la percentuale di vuoto quanto più è probabile che il soggetto lo veda come un problema, ad esempio una persona che ha solo due o tre ore di vuoto potrebbe vederlo non come un problema, specialmente se trova dei passatempi efficaci come guardare la tv o altro, è più probabile che la persona inizi a vederci un problema quando passa gran parte della sua giornata a passare il tempo.
Il concetto di vuoto è soggettivo come il suo conseguente sentimento (senso di vuoto) ed è strettamente correlato anche al concetto di appagamento, quanto più la persona si sente appagata anche se non riesce ad investire la totalità del suo tempo quanto meno è probabile che venga percepito come un problema.
Per l'AB essendo l'esistenza limitata è saggio crescere e avviare progetti affinché si riempia l'intera giornata senza che siano necessari passatempi, ci sarà un'infinità di tempo dopo la morte ed è per questo che conviene sfruttare ogni secondo di vita a disposizione.
Il concetto di vuoto ci porta di fronte ad una realtà paradossale data dal benessere recente, per secoli e fino a qualche decennio la vita per la maggior parte della popolazione era una sorta di condanna fatta di lavoro e altri doveri, mancavano i mezzi e le possibilità, oggi invece si ha a disposizione praticamente tutto e c'è anche il tempo ma paradossalmente numerose persone non sono in grado di sfruttare questa opportunità, di riempirsi la loro esistenza di progetti e vivere la vita al massimo.
Il sesso che probabilmente più di tutti paga questo scotto è quello femminile, un'educazione proiettata solo a fare famiglia, accopiarsi e figliare dove si genera dalla parte una donna "schiava del sistema" se segue questa strada e dall'altra una donna completamente vuota quando non segue questa strada se non riesce a costruirsi un'alternativa, a cambiare questa visione, trovarsi progetti e interessi.
L'utilità di questo concetto è quello dicomprendere non solo l'esistenza propria e quella altrui in funzione degli obbiettivi ma anche quella di comprendere perché entro un limite la persona veda quella pecentuale di vuoto come accettabile o normale ed oltre quel limite come un problema e si inizi ad entrare nel "sentimento negativo di vuoto".
Questo sentimento non va confuso con quello di non autenticità, questi possono coesistere ma vanno distinti, fare cose che non piacciono che non piacciono non ha nulla a che fare nel non avere progetti con cui riempire la propria giornata.
Per comprendere meglio questi progetti conviene raggrupparli in tre tipi:
- progetti personali, riguardano i propri interessi a prescindere dagli altri;
- progetti amicali, riguardano i rapporti d'amicizia.
- progetti d'amore, riguardano i rapporti d'amore.
Portare un diario può aiutare a comprendere il vuoto medio, ad esempio un giorno la persona potrebbe essere piena altri meno piena etc..
Il vuoto ha due rischi significativi in ambito esistenziale:
- il primo è il tedio, il sentimento di vuoto potrebbe portare il soggetto a non vedere un senso alla propria esistenza e complice una visione pessimista pensare che sarà sempre così;
- il secondo è la dipendenza, più un soggetto è vuoto più quei pochi piaceri che ha diventano l'unico appiglio che ha il soggetto per non soffrire e per trovare soddisfazione. Il soggetto entra quindi in uno stato che l'AB definisce come non equilibrato e non avendo alternative finirà per ricercare continuamente queste attività non potendone fare a meno e provando emozioni negative intense e accese (come ad esempio una profonda intolleranza) quando per qualche motivo c'è un impedimento o un ostacolo nell'avere questo piacere da cui di fatto dipende.
Il concetto di dipendenza è una conseguenza meno progetti si hanno più è probabile che qualche passatempo particolarmente piacevole diventi una dipendenza per il soggetto.
La ricerca dei passatempi va vista come un indicatore di vuote interiore.
Persone particolarmente abili nel distrarsi e intrattenersi che hanno ad esempio sviluppato una fitta rete sociale con cui passare gran parte del loro tempo potrebbero non incontrare mai alcun sentimenti di accidia proprio perché nonostante non abbiano alcuno scopo nella loro esistenza non ci vanno a pensare passando il loto tempo "allegramente" con altre persone distraendosi.
Si legga passioni per capire come investire per diminuire il proprio vuoto esistenziale.
"E' basta un NO, una delusione amorosa a farmi cadere in questo vertice di fame insaziabile.
Mangio, mangio e vomito.
Mi sto uccidendo lo so, ma non posso farne a meno.
Mi sono resa conto che sono DROGATA di cibo.
Non so cosa sia la vera fame.
Ho una voragine da colmare ma non so cosa sia.
I sentimenti negativi e quelli positivi, non ci sono più, tutto si ''sfoga'' con il cibo.
Se sto male non piango, mangio.
Se sono euforica non canto/ballo/urlo/chiamo un'amica, mangio.
Parlarne con la psicoterapeuta è dura perché non so nemmeno io da cosa dipende sta volta.
Credo che sono pigra, non ho voglia di ''sprecare'' i miei sentimenti, le mie emozioni e quindi lo faccio tramite il cibo."
"Ultimamente sto mangiando più del solito, ho sempre lo stimolo di consumare tantissimo cibo (e tra l'altro, parlo non di cibo qualsiasi, ma di quello che piace a me, si, sono schizzinosa ) e la mia psico mi ha detto che tale cosa può essere un chiaro sintomo di depressione. E credo proprio che abbia ragione.
Mangio tanto solo quando le cose non mi vanno tanto bene (tipo in questo momento), e nonostante io vorrei provare a smettere, non ci riesco, perché mi trovo troppo bene a mangiare, mi da soddisfazione, quasi gioia, mi fa sfogare le frustrazioni in esso. Se mi viene tolta questa cosa, sto male, quasi al pari di un fumatore in astinenza dal fumo.
E' l'unica cosa che, ultimamente, riesce a darmi davvero serenità: il sonno non riesce più a darmi ristorazione, guardare la TV non riesce più ad interessarmi come prima, è da tanto tempo che non leggo più, sfortunatamente, ci ho perso parecchio la mano.
Il mangiare riesce a colmarmi quel vuoto che mi sento dentro, adesso, e che sembra non voler finire più."
"Quando sotto ansiolitici avevo qualche amicizia una o due volte ho tentato di aprirmi con qualcuno.
Ho ottenuto la risposta che scommetto anche molti di voi hanno ricevuto: fatti forza, devi darti da fare, devi essere più energico. Oppure, una delle cose peggiori che una persona sola e depressa può sentirsi dire: vuoi solo essere compatito.
La compassione, una parola che come amore ci viene propinata nella letteratura, nei film, nella religione come la più alta virtù, ma che nella vita reale sembra non venire accettata.
Non so se riuscirò a spiegarmi, ma io ci provo.
Io sento un grosso buco nero dentro di me, é dato dal rifiuto, dal sentirsi giudicati, dalla solitudine. Lo sento come parte di me.
Nel avvicinarsi ad un altro nel tentativo di essere accettato, senza maschere, cerchi di esprimere quello che sei, e quel dolore fa parte di te, ed é una delle parte più importanti e invadenti.
Sentire una persona che non solo cerca di capirti, ma addirittura patisce con te, ti compatisce appunto, sarebbe davvero un modo per sentire svanire il rifiuto e il giudizio che hanno creato quel buco nero.
Nella stessa maniera vorrei davvero cercare di compatire un altra persona, sentire la sua parte più oscura.
Lo dico perché é mesi, da quando mi sono trasferito, che tento di mettermi una maschera, di riempire il mio tempo libero con hobby , di andare avanti e mostrarmi come la società ti vuole: felice (che è il consiglio che mi era stato dato).
Ma la verità è che in questo modo mi sento sempre più distante e solo.
Questo fine settimana ho avuto un calo depressivo tremendo dopo un bel po' di tempo che credevo di sentirmi bene, io penso che sia questo il motivo, ed é il motivo per cui quella frase mi fece così male.
Spero di aver spiegato cosa intendo per compassione, Non sto parlando di un piagnisteo continuo ne di elevare la sofferenza a qualcosa di positivo in termini cristiani.
Vi lascio anche un aneddoto tratto dalla biografia di William Blake:
In quel periodo Blake stava riprendendosi dalla fine di una relazione conclusasi malamente, con il rifiuto della sua proposta di matrimonio. Mentre raccontava la storia a Catherine e ai suoi genitori ella gli espresse comprensione, al che il poeta le chiese "Provate compassione per me?" e, quando la ragazza rispose di sì, le disse: "Allora io vi amo!". Blake sposò Catherine - di cinque anni più giovane - il 10 agosto 1782.
Scusate il pippone, sentivo il bisogno di scrivere da qualche parte le mie riflessioni."
Non mostrare il tuo vuoto agli altri illudendoti che questo in qualche modo venga accettato, il vuoto non fa parte di te, il vuoto va riempito, la vita va vissuta. Sarebbe come cercare di vendere una tela non dipinta, dicendo "vabbè ma ci puoi fare di tutto, compratela" ma nessuno la comprerebbe mai, prima dipingi qualcosa e poi mostrala al mondo, qualcuno a cui piacerà la comprerà.
FINO A QUI
Il concetto di vuoto si oppone al concetto di equilibrio, cioè si definisce equilibrata una persona che ha questo insieme di piaceri, di obbiettivi e uno scopo tale da assorbire il suo tempo e senza che sia vincolata ad una specifica attività ma abbia modo di variare all'occorenza, quando una persona non rientra in questa definizione di equilibrato ecco che inizia a subentrare il concetto di vuoto, un insieme di sfumature di grigio che definiscono un problema che può essere più o meno esteso e che definisce la persona solo "poco vuota" alle persone quasi e completamente vuote.
La mestizia è un sentimento più comune di quanto si pensi, specialmente in quelle persone dove c'è stato un fallimento morale, non sono state doverizzate e nevroticizzate verso quei punti standard come (famiglia, carriera, lavoro) che danno uno scopo a migliaia di persone e persone che allo stesso tempo non sono riuscite a trovaro, le persone di solito tendono a riempirsi con quelli che sono i piaceri di base, come istrionicismo, istreitismo, sesso, cibo, etc..
Questo ci porta alla possibilità di descrivere quattro gruppi di persone in base al loro rapporto con il vuoto:
- persone autosufficienti ed equilibrate che non hanno problematiche con il vuoto;
- persone che hanno una tendenza al vuoto ma che riescono a gestire;
- persone che hanno una tendenza al vuoto ma che non riescono a gestire.
Il terzo gruppo a sua volta si divide in due sottogruppi diversi, ci sono persone che non riescono a gestire il vuoto per la loro ignoranza, non riescono a capire le dinamiche di base per trovarsi anche qualcosa con cui intrattersi, per mantenere contatti con gli altri, persone che in pratica non sanno cosa fare e rimangono tagliati fuori dal mondo e nemmeno capiscono perché. Poi ci sono persone che oltre il vuoto hanno anche altre problematiche inibitorie che rendono la situazione ancora più difficile, persone ad esempio sociofobiche che fanno fatica a rapportarsi con il sociale che nel loro stato è una delle "ancora di salvezze" più efficaci per distrarsi, portandole quindi ad un "so come potrei fare per allontanare questo sentimento di mestizia, come far in modo che questo vuoto si manifesti nelle mie giornate ma ho altri problemi che mi impediscono di farlo a pieno".
"E' come se qualcuno che mi
conosce e a cui magari sto
antipatica avesse avvisato
tutti quanti di starmi alla larga.
Io adoro la gente, sono
convinta che in
tutti ci sia qualcosa di
buono, che
tutti siano dei
potenziali
amici. Ma nessuno ha
bisogno di me. E
io non capisco perchè. Nessuno mi vuole, nessuno mi
cerca. Ho finito il liceo l'anno scorso e ho già perso i contatti con
tutti i miei ex
compagni, con alcuni dei quali ero
convinta di aver instaurato un bel
rapporto e invece nessuno si è più fatto
sentire. Hanno
organizzato anche qualche festa e
io sono stata l'
unica a non essere invitata e ci sono rimasta malissimo. Ho
iniziato l'
università e in un anno intero non sono riuscita a
conoscere nessuno, nessuno di nessuno. Il mio giro di
conoscenze è strettissimo, in
esistente quasi e mi
sento più sola che mai. Ho anche
deciso di dis
attivare il mio account di
facebook, che era l'
unico contatto che avevo col mondo, perchè mi
vergognavo a non aver contatti nè
amici nemmeno lì e mi
sentivo
male a vedere che
tutte le
persone che conosco hanno una
vita sociale, tranne me. Così mi sono isolata ancora di più,
pensando quasi che eliminandomi da fb mi sarei eliminata dalla Terra, che
stupida.
Non
solo, mi
sento uno
schifo perchè non ho una
personalità: non mi
piace niente, non ho
hobby, non ho
attività, non ho
interessi, non faccio nulla, non esco mai di casa, non ho
passioni e questo mi fa
sentire
tanto
vuota. Tutti ne hanno, a
tutti
piace qualcosa! Non ho idee, non ho
opinioni,
penso che non avrei nulla da offrire a una
persona perchè non sarei
capace di
dialogare, di prendere una posizione, di esprimere un
parere, di esprimere una
preferenza. Sono una
persona negativa, so dire di no a
tutto, so dire che non mi
piace questo, non mi
piace quello, ma non so dire cosa mi piace, non ho
iniziativa, non so proporre niente, non ho mai idee. Mi
sento così im
matura e
superficiale! Quando andavo alle medie i miei
compagni avevano già un'idea
politica
precisa e
io ancora adesso non so prendere una posizione, ma è
solo uno dei
tanti
esempi! Mi
sento
amorfa,
vuota, in
significante. Mi prenderei a sberle da sola.
Non so cosa
voglio veramente e mi
sento un
fallimento totale: non sono riuscita a dare gli esami che volevo e ora mi
voglio arrendere. Dovrei
studiare, non ho nemmeno altro da fare ma non ci riesco, non riesco ad aprire il libro, sono d
emotivata al
massimo! Passo le giornate a far niente. Ho
paura che nella mia
vita non concluderò mai nulla, che non sarò nessuno, che non otterrò niente. Sono
praticamente una
morta in
vita. Certe volte
penso a quanto sarebbe più
semplice che un tram mi tirasse sotto! Ho
paura che non cambierò mai..
Ho
paura anche di essere una brutta persona, di essere
insensibile, di essere
egoista. Non rin
grazio mai nessuno, non dico mai a nessuno che gli
voglio bene, non sono
affettuosa, non do
soddisfazione a nessuno, non
chiedo mai "come stai?", non so stare vicino a chi soffre e non mi riesco a
dispiacere per loro. Non mi viene
naturale avere un
rapporto
normale con gli altri e invece è
tutto quello che
vorrei avere. Insomma anche provandoci non trovo niente di
positivo in me, mi
detesto! Non sarei una
buona
amica, non sarei una
buona
fidanzata, non sarei niente! Penso di essere
difettosa "
RACCONTO DAL WEB
"Ho 40 anni e mi
sento
vecchia e d
emotivata.
Sono ingrassata più di 10 chili in 6 mesi perché mangio continuamente e non riesco a fermarmi. Chili
destinati a salire ... mangio, ingrasso, mangio, ingrasso, non sono bulimica, non ho le
abbuffate, ma mangio poco ma continuamente 24/24 e non trovo la
motivazione per fermarmi, perché il cibo è l’
unica
gratificazione della mia
vita. E’ l’
unico
premio di
consolazione.
Mi guardo allo
specchio e mi vedo
trasformata, vedo il mento e la faccia gonfia, mi
sento pesante, sformata, le braccia, la pancia… E mi
vergogno ad uscire, non so come vestirmi, e quindi, a parte andare al
lavoro, mi rinchiudo in casa come una
fuggitiva. Non mi
piace farmi vedere così come sono, una
donna grassa e trascurata.
Attorno a me vedo le altre donne che si curano, si truccano,
cercano di mostrarsi al
meglio, si mettono a posto i capelli,
cambiano abiti,
cercano di
valorizzare la propria
femminilità. Potrei farlo anche
io, l'ho fatto in
passato (non con poca
fatica a dire il vero, ma mi
sforzavo).
Ma oggi lo trovo inutile, mi sono
sempre
sentita brutta e col
tempo questa mia
sensazione si acuisce.
Evito
tutte le situazioni sociali perché mi mettono
ansia, sto perdendo il mio circolo sociale perchè è prevalentemente fatto di donne
single che, al fine di rimettersi in
gioco, frequentano a
peritivi, locali, discoteche, posti in cui la mia
inadeguatezza
estetica diventa più
difficile da sottoportare.
Non
accetto di in
vecchiare, di avere le rughe, ho
paura del
tempo che passa. Non
accetto la
trasformazione del mio corpo. Lo so che dovrei, ma il mio
inconscio
evidentemente rema contro la mia
razionalità.
Il
tutto è aggravato dal
senso di
colpa: di non essere riuscita a instaurare dei
rapporti
amicali che non si riducano
solo all’uscita in discoteca, al fatto che non
apprezzo ciò che materialmente ho (la
salute, un
lavoro, una casa)
rispetto ad altre
persone che si trovano in
difficoltà, di non essere riuscita a costruire una
relazione
seria con un uomo."
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