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- Rifiuto -
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 Cos'è un rifiuto? Cosa si intende per essere rifiutati?

(cosa c'è di peggio del rifiuto? L'ostracismo, si viene rifiutati e allontanati)

Il rifiuto è quel fenomeno che ogni persona ha sperimentato in contesti sociali quando si è resa conto che la sua volontà di instaurare un rapporto o un'interazione con un'altra persona non era accettata/ricambiata, finendo con il ricevere un no ai vari tentativi di approccio oppure ricevendo un muro di indifferenza e/o freddezza.

Il rifiuto pone l'accento non solo sul fenomeno ma anche sul sentimento che la persona prova quando viene rifiutata in quanto il rifiuto porta la persona a chiedersi "perché mi ha detto no? Perché non mi vuole? Perché non gli piaccio?" e tutte le possibili risposte e credenze che queste domande portano producono emozioni e il conseguente sentimento di rifiuto.

Per alcune persone questo rifiuto potrebbe essere così sofferente da spingerle nel tempo a preferire insoddisfazione e frustrazione piuttosto che rischiare di sentirsi dire no, sofferenza che comprenderemo meglio nel corso dell'articolo finendo con il rendere il soggetto più passivo, meno propositivo o inibito nel momento in cui pensa di voler fare qualcosa con qualcuno.

Il rifiuto come prima cosa va ad impattare nell'autostima e in particolar modo nell'autoimmagine perché un rifiuto nasce perché non c'è interesse dell'altro in noi o in o in ciò che abbiamo proposto o comunque c'è qualcosa che ha portato l'altro a dire "no, non mi interessa".

Questo ci fa comprendere immediatamente che chi sa incassare un rifiuto senza che questo lo condizioni o lo abbatta indica una personalità con un'autostima dinamica è un'elevata comprensione del valore che si può creare, del valore che possiamo avere per altre persone e dell'ottimismo in generale senza piombare in conclusioni quali "non posso farlo" "sarà sempre così" "meglio lasciar perdere" etc..

Questo pone l'accento sulla formazione immediata di un soggetto sotto questo punto di vista per evitare che i primi rifiuti non compresi schiaccino il soggetto, lo condizioni e lo portino ad avere una visione di sé tale da non mettersi più in gioco, sviluppando un'impotenza nei confronti del mondo, non avendo un'autostima sufficiente all'azione.

Il sentimento di rifiuto è possibile perché  presumere le cause del rifiuto, raramente l'altra persona argomenta perché ha rifiutato e quindi la persona sente per una spiegazione che si dà e non necessariamente per quello che è realmente accaduto.

Prima di proseguire è necessario comprendere la differenza far confluire il rifiuto nell'autostima e far confluire il rifiuto nella strategia usata per creare il rapporto.

Questo punto è fondamentale perché il soggetto potrebbe non rendersi conto che il fallimento non è dipeso dal suo valore a priori, come se l'altro avesse solo guardato il conto in banca o l'estetica del momento ma che è dipeso dalla strategia usata per rapportarsi, come si è tentato di creare interesse, cosa si è fatto scatenare nell'altro, quali emozioni e pensieri si sono fatti attivare (anche fallaci), senza cadere nel banale errore "gli piaccio o non gli piaccio".

Per comprendere questo punto a fondo è necessario rendersi conto che a volte avere un valore immediato da far arrivare all'altro come un'estetica, un sapersi vestire, un profumo, un'impresa, un biglietto da visita, etc.. può aiutare a non essere rifiutati se questo valore è apprezzato dall'altro ma si può non considerare il concetto di "creare e costruire rapporto" anche laddove non c'è un valore immediato da far arrivare all'altro, fermarsi al "mi ha valutato esteriormente e non sono piaciuto" è un errore perché riduce tutto all'ambito di un'autoimmagine esteriore quando con strategie migliori si può comunque costruire un rapporto senza che necessariamente si venga accettati o scartati per i valori superficiali e immediati.

Questo punto è fondamentale perché un soggetto che comprende la complessità di un approccio e la strategia di attirare l'altro a sé incuriosendolo, intrattenendolo, non mettendogli pressioni del tipo (scegli subito se ti piaccio o no) dà il tempo necessario per costruire un rapporto basato su un altro tipo di valori, facendosi consocere meglio, facendo vedere ciò che si ha e che non è immeditamente percepibile come la bellezza estetica.

Questo fa sì che il rifiuto non sia presunto in modo "mi ha rifiutato non gli piaccio" andando a creare problemi di autostima o ad alimentarli, ma viene visto nell'ottica di "che errori ho fatto affinché mi abbia rifiutato o mi abbia messo nell'indifferenza, come potevo comportarmi diversamente? Come posso recupare cambiando approccio?".

Quanto più ci si rende conto dell'esistenza della variabile approccio e della sua importanza, quanto meno sarà pesante il sentimento di rifiuto perché il soggetto sa che non è solo questione di autostima, che sebbene non possa aver avuto valori esterni tali da essere sufficienti ad interessare l'altro l'errore è stato nel come si è approcciati, non riuscendo comunque ad attirare l'altro il tempo necessario per conoscersi meglio e far arrivare altri tipi di valore più profondi.

Sapendo che l'autostima si divide in autoefficacia, autoimmagine e autoconfronto, quanto più il soggetto è consapevole del ruolo che ha sia l'autoimmagine che l'autoefficacia in questo contesto e quanto più sa che "il non averci saputo fare" è superabile quanto meno il sentimento di rifiuto sarà negativo, anzi in alcuni casi paradossalmente potrà essere positivo se il soggetto ci vede solo un'opportunità di miglioramento.

Al contrario quanto meno il soggetto è consapevole di quanto quanto più scatterà un sentimento di critica al proprio valore, il soggetto si sentirà rifiutato come se fosse un scorso, come se non fosse piaciuto, come se il no fosse stato "tu non mi piaci", dedotto arbitrariamente.

 

Il rifiuto fa scattare nel soggetto un sentimento di critica, che può essere più o meno distorto. L'unica cosa che si può desumere da un no è che l'altro ci ha criticato e l'esito di questa critica è stato negativo.

 

Spostiamoci per un attimo nella mente del soggetto che rifiuta, questo rifiuto perché arriva realmente?  In tre modi:

- disprezzo e/o disapprovazione, all'altro non piacciamo perché potremmo trasmettergli sin da subito emozioni negative sia lato valore sia lato morale, cioè si potrebbe non piacere sia per come siamo sia per come ci comportiamo, a volte entrambe contemporaneamente;

- indifferenza, il famoso "né carne né pesce" all'altro non suscitiamo nulla e quindi ci rifiuta proprio perché non ha motivazioni a rapportarsi, specialmente sé oltre a valori immediati non si riesce a creare un approccio interessante che dia modo di conoscersi meglio e far scoprire altri valori;

- conflitto, alla persona potremmo piacere in termini di valore ma essere disapprovati come comportamento o viceversa, c'è qualcosa che piace ma altro che non piace e vincono le emozioni negative.

Essere nella mente di chi rifiuta rende tutto più semplice peccato che a volte non possiamo esserci. Solo il primo scenario è quello che non dà modo al soggetto di fare nulla, scartato perché sin da quello che offre superficialmente non piace, mentre il secondo è quello che fa comprendere quanto l'approccio sia fondamentale perché solo così si può costruire un rapporto anche laddove mancano le basi superficiali per farlo accadere.

 

La paura del rifiuto e prendere l'iniziativa

"Più volte mi son reso conto che ho una fobia sociale-evitamento legati all'iniziativa e non all'azione che avviene improvvisamente.
Piccolo esempio che potrà sembrare insignificante, ma è uno dei tanti:
Per strada mi ferma un turista che mi chiede informazioni per raggiungere un luogo. Sebbene la strada da spiegare fosse lunga e tortuosa, ho spiegato tutto con calma senza l'ombra di un disagio. Ed è successo varie volte. Se però devo io di mia iniziativa fare qualcosa, nasce il problema.
E' un problema che è presente anche nel cercare lavoro e anche con le donne:
se qualcuno mi propone un lavoro sono più tranquillo, se devo propormi io è quasi impossibile. Se una donna si muove verso di me sono più tranquillo che se devo muovermi io(non che concluda granchè in entrambi i casi,idem col lavoro). 
E' come se il problema di fondo fosse quello di agire per primo,di fare una scelta,di prendere l'iniziativa,...in sostanza di essere creativo. Mi faccio scegliere dalla vita e non scelgo mai la vita. Ma questa cosa di farmi scegliere dalla vita si sta dimostrando per quello che è: "una gran stronzata".
Pertanto credo che recuperare l'iniziativa, il diritto alla creatività, che poi è il nocciolo di essere individuo, è una cosa irrinunciabile per superare gli altri disagi. La passività è il nemico.
Ma si tratta di lottare contro qualcosa dentro di me che ha voluto e vuole togliermi il diritto all'iniziativa, alla scelta. Devo trovare questo qualcosa e ammazzarlo"

 

Fino a qui

Una persona che pensa automaticamente "mi ha rifiutato perché faccio schifo" andrà a soffrire maggiormente, specialmente se ha già problemi a carico della sua autostima e della sua autoimmagine quando in realtà potrebbe essere stata rifiutata per indifferenza o per conflitti di altro tipo cioè piace ma è stata scartata ad esempio per come si è comportata o qualsiasi altro elemento.

Evitare di cadere in deduzioni arbitrarie è d'aiuto per diminuire la sofferenza che una persona potrebbe provare in caso di rifiuto.

Perché è utile questo termine? Perché pone l'accento su un sentimento diverso da quello che è l'insoddisfazione e la frustrazione conseguenti al non avere la persona che si desidera, con questo termine si vanno a sottolineare anche altri problemi conseguenti al rifiuto che sono soggettivi e spaziano dal senso di imbarazzo, al senso di colpa, all'autostima (o altre forme di agenticità) etc..

 

Come già detto all'inizio questo potrebbe diventare un problema perché la persona potrebbe iniziare ad entrare in un circolo di evitamento perché per paura di soffrire a causa del rifiuto preferisce non tentarci nemmeno, eliminando la sofferenza indotta da deduzioni arbitrarie si potrebbe diminuire questo fenomeno ma non eliminarlo totalmente.

Il problema è che la persona ha realmente quelle problematiche di personalità e fino a quando non le risolve comunque il problema resta, sia in forma paranoica che in forma reale in quanto potrebbe comunque accadere che una persona lo rifiuti per quelle motivazione che lafarebbero soffrire.

Qual è il punto di vista migliore riguardo al rifiuto? Questo è quello proposto dall'AB:

"Sono conscio del relativismo del giudizio, ad alcuni piaccio ad altri no, alcuni mi approvano altri no, sono anche conscio del fatto che statisticamente questa piacenza e approvabilità sociale sono misurabili e si può anche investire per migliorarle ma la domanda è perché farlo? Non ho paura del giudizio, accetto che alcuni mi disapprovano e che alcuni non piaccio, il loro giudizio non mi ferisce e non mi ferma dal tentare di prendermi i rapporti che mi piacciono. Fino a quando troverò qualcuno a cui piaccio delle persone che mi rifiutano non mi interessa nulla, se invece queste persone iniziassero a scarseggiare allora vuol dire che c'è un problema e allora è necessario darsi da fare per fare in modo di piacere almeno a qualcuno (piacenza minima), ciò non toglie che senza sacrificio alcuno potrei comunque investire per migliorarmi, una sorta di lungimiranza affinché nel tempo posso continuare a piacere alle altre persone. Se una persona ha bisogno di piacere a tutti, se la persona non accetta e non comprende il rifiuto, il problema non è nel rifiuto in sé ma nella personalità del soggetto".

 

Il rifiuto fa soffrire quanto più quel rifiuto viene visto arbitrariamente in funzione delle proprie problematiche o var realmente a colpire le proprie problematiche. 

In ogni caso il termine "rifiuto" non è casuale, la persona rifiutata se non ha una personalità saggia finirà per sentirsi come la spazzatura, detta appunto anche rifiuto, proprio perché si sentirà come la spazzatura di quel soggetto cioè buttata via e scartata.

La sofferenza del soggetto nel ricevere un no è data dalle deduzioni che fa che lo portano a percepirsi come spazzatura "se mi rifiutano è perché sono uno scarto, sono la spazzatura" ovvero un simbolismo di ciò che ha meno valore in assoluto e da qui il termine rifiuto che ha preso lo stesso significato della spazzatura.

Un soggetto che ha una visione sull'autostima come può accettare un basso livello di piacenza? Non potrà mai dirsi "cosa mi interessa che 99 persone mi scartano se comunque ad una piaccio?" ma soffrirà perché confrontandosi con gli altri perché li vedrà con un maggiore valore medio, come superiori a lui nella scala dei valori. 

 

Nel dettaglio L'AB trova 4 possibile dinamiche:

- rifiuto e dominanza, il soggetto si rende conto che il poter essere rifiutati da qualcuno non solo mette l'altro in una posizione di superiorità che potrebbero farlo soffrire per inferiorità ma anche le persone esterne potrebbero godere di questo fallimento e farsi delle risate alle spalle del "rifiutato";

- rifiuto e autostima, il soggetto pensa di avere un valore inferiore in quanto il feedback che ha appena ricevuto (rifiuto) lo ha portato a tale deduzione;

- rifiuto e inadeguatezza (agenticità), il soggetto da questo fallimento partirà con delle deduzioni che gli faranno credere di non sapere fare le cose, che non è per lui, non può farlo, non sa farlo;

- rifiuto e autoimmagine, la persona a partire da quel rifiuto costruisce un'immagine statica di sé e negativa distorta dal concetto statistico non riuscendo a comprendere come la vedono gli altri ma fissandosi in qualcosa di statico, alimentando anche ulteriori distorsioni intorno a difetti;

- rifiuto, sentirsi sbagliati e imbarazzo, il soggetto vede il "no" come un giudizio negativo e fa scattare quindi la relativa dinamica di succubanza, la persona soffre perché percepisce quella situazione come se fosse un unico grande giudizio negativo sulla sua persona. Potrebbe vederla quindi come un giudizio di disprezzo "per me non vali nulla" o come un giudizio di disapprovazione "per me sei una persona sbagliata, hai comportamenti sbagliati, non mi piace come ti comporti, come sei" etc.. Questo fenomeno è tanto più incisivo quanto più la persona è sensibile al giudizio fra istrietismo e desiderio di reputazione ma non solo anche se questo potrebbe farla esporre e sentirsi giudicata in ambiti dove è sensibile alla vergogna, ad esempio una persona che ha paura di essere giudicata sulla bellezza e si sente brutta e con il rifiuto questo fenomeno si accentua ulteriormente perché con la mente potrebbe farsi il film che è stato per quello e soffrire per questi giudizi negativi.

 

 

Più il tempo passa senza risolvere questi problemi (con l'aggravante del desumere arbitrariamente il rifiuto) più c'è il rischio che il soggetto prima o poi smetta di buttarsi nei rapporti per evitare il rifiuto, preferendo non vivere alla possibile sofferenza.

 

Quando le persone non si fermano al rfiuto e continuano ad insistere

Quando una persona chiede espressamente di non fare alcuna cosa essere insistenti equivale a molestare, ma quando la persona non dice espressamente di fermarsi alcune persone al rifiuto iniziale non si fermano.

Perché questo avviene? La spiegazione sta nel fatto che non sempre un "no" è un "no", alcune persone dicono no o tentano di allontare perché non sono ancora convinte o perché fa parte del loro gioco, nel corso dell'esistenza ci si rende conto che andare oltre un no o un'iniziale indifferenza può portare al risultato.

Si legga insistenza per approfondire.

 

Il conflitto fra "potrei piacere" e "ho paura del rifiuto"

In alcune situazioni il soggetto si trova a vivere delle situazioni che sembrano indicare un interessamento da parte di qualcuno, queste situazioni fanno vivere al soggetto profondi conflitti perché da una parte sono propensi a cogliere tale occasione, vedere se dall'altra parte c'è un reale interessamento ma dall'altra c'è la paura del rifiuto, l'ansia di essersi solo costruiti un castello in aria e qualsiasi mossa da parte del soggetto comunque verrebbe poi percepita come un rifiuto.

Queste situazioni sono per assurdo le peggiori per questa tipologia di persone, preferendo l'indifferenza altrui completa non che questi "avvicinamenti dubbiosi" che mettono il soggetto in profondi conflitti e nel rischio di sentirsi rifiutati qualsiasi cosa facciano.

 

FINO A QUI

La domanda a questo punto è "ma il soggetto è realmente spazzatura?" la risposta è no e per capire questo passaggio è necessario capire il concetto di valore e di disapprovazione.

Il concetto di valore ci dice che ogni persona ha degli interessi e quindi sarà orientata a ricercare e interagire solo con ciò che si ricerca, se noi ci dirigiamo verso una persona per la quale non abbiamo e non abbiamo interessi questa ci rifiuterà per il solo fatto che non abbiamo nulla che le interessi, saremo quindi "indifferenti/invisibili" e non dei rifiuti agli occhi di questa persona e nessun'altra.

Il concetto di disapprovazione ci dice che ogni persona ha una visione morale differente ovvero quale comportamento il soggetto accetta e gradice e quale non accetta e non gradisce, alcune persone rifiutano perché vedono nell'altro cose che non accettano e non gradiscono a livello comportamentale, anche qui il discorso è soggettivo.

Questo fa capire quanto l'attitudine e una specifica forma di autostima siano un discorso fallace.

Una persona consapevole di come va la realtà sa che il rifiuto è un evento soggettivo e complicato e fino a quando una personsa conserverà uno o più di quei tratti sopra elencati continuerà comunque a poter avere emozioni negative negli scenari di possibile rifiuto e inibirsi nel desiderio di fare un tentativo.

Il rifiuto sociale grossomodo lo si trova in tre ambiti:

- lavorativo;

- amicizia;

- intimo/sessuale.

Quando una persona parla di paura per il rifiuto  in ambito sociale sta quindi sottolineando che ha interesse nell'instaurare un rapporto con qualcuno ma al tempo stesso ha paura che l'altra persona possa non volerlo. La paura del rifiuto può generare una situazione paradossale dove il soggetto nonostante desideri qualcosa per le emozioni che prova al solo pensiero che non vada in porto preferisce non buttarsi nemmeno, non procedere in tal direzione per l'incertezza che si possa manifestare tale evenienza.

 

Esempi di dinamiche di rifiuto dal web:

"Che rapporto avete con il rifiuto da parte di altre persone?

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Il titolo della discussione credo sia già abbastanza esplicativo già di suo. Io nei miei 24 anni di vita mi sono reso conto dall'adolescenza in poi di essere fobico verso i No da parte delle altre persone. Durante l'adolescenza la gente s'inventava storie e bugie su di me proprio per non invitarmi fuori, ero una persona di troppo a quanto pare. Ora grazie a queste persone ho notevoli difficoltà nel lavoro che sto facendo (il consulente). Inoltre proprio per evitare il rifiuto ho sempre messo le altre persone davanti a me stesso soffrendone immensamente. Io vorrei superare tutto questo e spero vivamente di farcela anche se ho voci nella testa che urlano il contrario.
Voi invece come vi rapportate con il rifiuto? Ci soffrite?"
 
 
"Ansia e timore del rifiuto
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Ho da poco finito un corso di parrucchiera, sto cercando lavoro proprio in questo giorno, dopo due anni dedicati al corso. Premetto che l'ho fatto solo per trovare lavoro. Ora è il momento di cosegnare curriculum, ma ho un problema non da poco: il timore del rifiuto. La paura di riceve un no mi blocca, senza possibilità di poter iniziare, perché per me anche un gentile "no grazie" significa "tu non servi, non sei abbastanza qualificata/bella/adatta, sei inutile". Il senso di inutilità che pervade dentro di me da sempre,vivo in uno status di sogno dove valgo qualcosa, e avere qualcuno che mi dice no, mi fa ripiombare nella mia cruda realtà. Non mi sono mai davvero impegnata, non so cosa voglio dalla vita, vorrei solo uno stipendio mensile sicuro, perché a 22 anni pensavo che mi sarei già realizzata, e invece eccomi qui con una paura tremenda di fallire, ma tanto sono già un fallimento.
In due ore e mezza ho consegnato solo due curriculum, di cui uno a mia nonna, da dare a un'altra persona. ho passato mezz'ora in macchina per darmi coraggio, sono entrata in un centro commerciale, ho passato 20 minuti a girovagare sempre per trovare la forza. alla fine ce l'ho fatta: ne ho consegnato uno! Tutta pimpante e sicura sono passata al negozio dopo, ma l'ha rifiutato. Ho tirato un sorriso e sono uscita, ma eccolo li: un nodo allo stomaco. Non ho più ripreso coraggio. ora sono chiusa in auto a piangere e ad aspettare un miracolo, sapendo già che mia madre sarà (nuovamente) delusa da me. E allora mi chiedo cosa ci faccio sulla terra a fare, sono un tale peso per l'umanità, per la mia famiglia, per la società. Ho seriamente pensato di gettarmi sotto un auto in corsa. Non so più che fare, ormai"
 
 
Rifiuto e inadeguatezza, il soggetto soffre perché si sentirà ancora più inadeguato
[aggiungere collegamento con difetto]

FINO A QUI

 

il rifiuto rientra nelle dinamiche del fallimento?

capire il rifiuto, l'ignoranza e la stupidità fanno si che un rifiuto diventi causa di sofferenza piuttosto che di miglioramento]

Nel linguaggio comune il termine rifiuto è diffuso anche se tende a produrre fraintendimento a causa dei diversi significati attribuiti, elenchiamoli:

- rifiuto come sinonimo di negazione;

- rifiuto come sinonimo di non accettazione "non lo accetto, mi rifiuto di accettarlo";

- rifiuto per intendere il fenomeno nei rapporti in cui la persona ha paura di essere respinta, di essere scartata;

- rifiuto inteso come sinonimo di prodotto di scarto, riferito sopratutto ad oggetti e non a persone.

 

L'AB sceglie di ridefinire il rifiuto sulla base esclusiva del terzo significato per definire il fenomeno che si manifesta dietro il rifiuto, la paura, l'ansia e le conseguenze in termini di sociofobia.

 

Si parla di rifiuto nel momento in cui una persona desidera conoscere qualcuno ed instaurare un rapporto ma trova una persona che non è interessata.

Guardando questo fenomeno da un punto di vista teorico troviamo che essendo questo un modo pieno di persone e quindi di opportunità, il rifiuto sia un fenomeno indifferente passando oltre e tentando con altre persone. Ma la realtà è diversa, per poche persone il rifiuto è un evento indifferente generando non emozioni negative.

Sono quattro le cause:

- autostima, la persona utilizzerà questo rifiuto come qualcosa che andrà a gravare sulla sua autostima abbassandola e quindi facendolo ancora più soffrire;

- istrietismo, la persona percepisce il rifiuto come un giudizio di disapprovazione, come se lo scartare fosse un qualcosa di collegato ad un giudizio negativo;

- vergogna, la persona ha paura di essere rifiutata e al solo pensiero prova una vergogna così intensa da spingerla all'evitamento;

- fallimento, la persona vede il rifiuto come un fallimento, con tutte le emozioni che possono essere collegate ad esso come senso di inferiorità o risentimento.

 

Questo spiega il perché le persone diventino sociofobiche o soffrano quando rifiutate, sociofobiche perché si rendono conto di quante emozioni negativi e rischi ci sono (almeno per come sono fatte loro) e quindi scelgono di evitare, cosa che rimarrà così fino a quando non elimineranno queste loro fragilità.

Ma non solo è necessario anche capire i concetti di compatibilità e di "rompere il ghiaccio" per rendersi conto sia del "come e perché alcune persone restano e altre andranno via" ma capire anche perché alcune persone per le loro debolezze di personalità tentino a scartare chiunque perché rinchiuse in una barriera di giacchio causata dalla visione negativa verso ciò che non conoscono.

 

La verogna nei confronti di un possibile rifiuto aumenta se c'è il senso di inadeguatezza? In generale che effetti produce il senso di inadeguatezza?

da rivedere

 

Il punto di vista è fondamentale per capire i passaggi mentali che una persona fa e le emozioni che si attivano, una persona 

Questo vuol dire che se la persona collega il rifiuto a uno qualsiasi di questi punti finirà per soffrire al primo rifiuto e questo lo porterà con probabilità a diventarne perfino ansioso.

La persona potrebbe quindi non solo essere inibito al momento che potrebbe conoscere qualcuno che la interessa ma anche evitare le situazioni dove potrebbe accadere perché simula ed anticipa tale situazione nei contesti sociali e per evitare che succeda anche casualmente evita di frequentare quei posti.

Nel caso del fallimento la persona entra nella logica del "se non rischi non puoi fallire", con l'istrietismo invece tenta di evitare il giudizio sia della persona che rifiuta che delle persone intorno, mentre con l'autostima la persona tenta di evitare che sia un altro evento che lo fa sentire ancora più inferiore e che gli rende l'autostima ancora più bassa.

Nel caso dell'autostima sia assiste ad un circolo vizioso dato che il non provarci è come se facesse sentire la pesona ancora più arruginita, più inferiore e quindi più l'autostima si abbassa perché non ci prova e quanto più avrà paura di agire perché fallendo peggiorerebbe ancora di più, il massimo dell'inibizione si tocca in quelle persone che non hanno nemmeno mai avuto una storia e quindi si ritrovano che più passa il tempo e più la situazione diventa più pesante dal loro punto di vista.

 

Non confondere l'inibizione data dalla paura del rifiuto con l'inibizione data dall'imbarazzo, la persona non riesce a rivolgersi ad una persona che può giudicarla, che è differente dal fenomeno istrietico, qui non si tratta del rifiuto in sé ma la persona fa fatica a rivolgersi per qualsiasi motivo ad una persona "nuova".

 

Un racconto dal web:

"Sette anni fa, per fortuna, i miei si sono separati e benché oggi li abbia perdonati e abbia un discreto rapporto con loro, mi rendo conto che dentro di me ci sono delle vecchie paure che ancora non sono riuscita a superare... 
Ho perso la testa per dei ragazzi sì... Ma mi sono sempre trovata nella condizione di non 'essere scelta', così alle mie fobie infantili si sono unite quelle personali...
Da questo punto di vista mi sono sempre affidata all'istinto... Invece mi rendo conto che molte ragazze si buttano e basta, anche se non c'è quel particolare desiderio... Ci provano... Sperando che possa nascere una storia d'amore, come poi alla fine si rivela.
All'inizio non capivo come facessero... Oggi invece le invidio molto.

Ho paura a buttarmi, o anche solo paura di un appuntamento con un ragazzo perché so che dall'altro lato ci sarà sempre qualcuno più esperto di me... Anche a livello fisico...
Ho paura di essere giudicata... Ho paura perché una situazione del genere non verrebbe capita... O se anche fosse, perché un ragazzo appena conosciuto, che magari per me ha solo un interesse fisico o superficiale, dovrebbe interessarsi di questo mio problema e starmi vicino?
Avrebbe tutta la mia comprensione se sparisse.

Oramai sono in un circolo vizioso in cui ho completamente paura di agire... Ma il tempo passa... E io non so che fare... Non riesco ad essere istintiva... Quelle regole che mi ero auto-imposta per salvarmi, oggi mi stanno uccidendo e smantellarle, si sta rivelando ostico e impegnativo."

 

Questa ragazza è inibita dal versante dell'istrietismo e da quello del fallimento.

L''inibizione istrietica in questo caso è doppia perché da una parte ha paura del rifiuto inteso come giudizio, anche se non lo dice espressamente si comprende che farebbe fatica ad accettare di nuovo quella sensazione in cui vede il rifiuto come un giudizio nei suoi confronti, come se fosse ancora una volta disapprovata ma ma ha anche paura del giudizio che potrebbe avere un uomo sul fatto che non ha avuto storie, come se anche questo potesse essere disapprovato.

Dal punto di vista del fallimento probabilmente perché i fallimenti che ha avuto fino ad ora l'hanno fatta soffrire e quindi ora è inibita, non riesce facilmente a ributtarsi perché ha paura di fallire di nuovo.

 

L'inibizione nei confronti del rifiuto nasce da delle debolezze di personalità, da una personalità non consapevole e che non riesce a rendersi conto che conoscere qualcuno è una questione di stastistica e attitudine. Ci saranno sempre dei rifiuti ma sono eventi normali, a cui non dare peso se non utilizzarli come feedback per migliorare qualcosa e aumentare le probabilità nei futuri tentativi. Una persona istrietica, che crede nel fallimento o nell'autostima è una persona che ha debolezze di personalità.

ultima modifica il: 22-11-2018 - 18:04:02
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