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"Non posso stare senza di te"

Cos'è l'attaccamento?

Con il termine attaccamento si definisce quel tipo specifico di rapporto o relazione in cui la persona non può fare a meno dell'altra, ne è di fatto dipendente avvertendo sensazioni di malessere nel momento in cui l'altro non è con sé o pensa di poterlo perdere. 

L'attaccamento è strettamente collegato al concetto di personalità dipendente, cioè quella persona che fatica a stare da sola perché quando è sola non sa dove prendersi del piacere, non sa come essere felice, non sa cosa fare del suo tempo o come fare alcune cose, etc...

Qualcuno a questo punto potrebbe dire "allora qual è la differenza fra dipendenza e attaccamento?" a livello pratico nessuna, a livello tecnico c'è l'utilità di distinguere un fenomeno generale come lo è la dipendenza da uno specifico che è l'attaccamento e riguarda solo i rapporti umani.

La personalità dipendente la si riconosce per una parziale o incompleta impossibilità nello stare da soli, sono soggetti che quando non hanno vicino qualcuno tendono ad annoioarsi o riempire il tempo con i doveri, con delle attività da sbrigare, ma non esiste una spinta all'introversione, allo stare bene da soli.

Il soggetto dipendente è un soggetto che non ha mai sviluppato un equilibrio interno, non ha mai indagato la sua identità o se l' ha fatto ha fallito in tal senso, finendo per essere una persona che da sola non sa stare e che necessita costantemente di altre figure che la aiutino a riempire la sua esistenza o che la aiutino ad affrontare ciò che non sa fare o non sa fare da sola.

La dipendenza si può suddividere in dipendenza operativa (nel fare le cose) o emotiva (nel provare emozioni), la dipendenza a livello operativo è meno frequente e a volte si potrebbe confondere con quella emotiva, pensando erroneamente che una persona non sa fare qualcosa senza un'altra non perché non sa farlo ma perché ha paura e quindi ricerca qualcuno non per un aiuto pratico ma emotivo.

Usare il termine attaccamento è utile perché ci fa capire due cose:

- la prima è che il soggetto tende a ricercare la persona da cui dipende, la pensa, cerca di costruirci un legame, di non perderla, l'attaccamento ci ricorda che c'è tutto un comportamento che la persona mette in atto nei confronti della persona da cui dipende, non c'è solo dipendenza;

- la seconda è collegata alla prima, durante la separazione o l'abbandono la persona non mostrerà solo il comportamento collegato al fatto che avrà una serie di problemi o mancanze senza quella persona, ma che concettualmente la vedrà come qualcosa che ha perso, a cui continua a pensare, che rivorrebbe indietro.

 

L'attaccamento non va confuso con: 

- Affezionamento, l'affezionamento è un termine generico che intende la presenza di emozioni che spingono a fare un'azione. Nel linguaggio comune erroneamente si è usato il termine affezionamento al posto di attaccamento, ma questo è un errore concettuale. La vita stessa si basa su un continuo affezionarsi, ma ci si può affezionare rimanendo distaccati e affezionarsi rimanendo attacci. Affezionamento e attaccamento non sono sinonimi ed indicano due fenomeni differenti;

- Legame, evidenzia il fenomeno delle promesse, degli impegni e di conseguenza delle pretese che attivano emozioni. Il legame si può vedere come il tentativo di assicurarci che l'altro non vada via, qualcosa a cui fare appiglio per non lasciarlo andare tipo "mi hai promesso che mi lasciavi non te ne puoi andare".  Il legame è far si che l'altro vada via anche se parte dell'altro lo desidererebbe. La spinta data da emozioni negative, dal senso di colpa, tutte spinte emotive che nascono da patti impliciti o espliciti costruiti dalle persone per garantirsi una continuità del rapporto come se fosse un "legame incatenante". Il legame è indicatore di un attaccamento.

 

Alla luce di tutto ciò possiamo affermare che l'attaccamento è una specifica forma di affezionamento e che è altamente probabile che una persona tenti di costruire dei legami per non perdere ciò a cui si è attaccato.

si trova affezionamento e legami vari, specialmente per la persona che si sente attaccata ma sono concetti separati che vanno distinti, non vanno visti come sinonimi ma va capita la dinamica e come questa si instaura con tempistiche differenti. 

L'attaccamento è un concetto fondamentale per spiegare dinamiche dell'infanzia, l'attaccamento ci spiega perché il bambino, figura per eccellenza non autosufficiente, si attacchi ai genitori o ad altre figure ma è altrettanto fondamentale per spiegare dinamiche nei soggetti adulti che continuano ad attaccarsi, come ad esempio l'attaccamento nei confronti del partner.

 

 

Sulla base di quanto detto possiamo dire che l'attaccamento si può distinguere in:

- L'attaccamento primario, fenomeno universale che riguarda ogni essere vivente all'inizio della sua esistenza e poi non avviene più perché sviluppa una personalità equilibrata, colma le lacune che generano attaccamento. Il soggetto crescendo è sempre meno attaccato ai genitori fino a quando si stacca completamente;

- L'attaccamento secondario, fenomeno che riguarda l'attaccamento che avviene in età adulta, il soggetto continua ad attaccarsi alle persone perché non ha sviluppato una personalità equilibrata e autosufficiente e di conseguenza continuerà a creare rapporti in cui si attacca. Nell'attaccamento secondario il soggetto a volte si stacca dai genitori per attaccarsi ad altre persone, in altri casi il soggetto non si distacca dai genitori e crea ulteriori legami di attaccamento aggiuntivi.

 

 

Questo ci fa capire che esistono anche due tipologie di distacco:

- Distacco primario, fase in cui il soggetto inizia a distaccarsi dalle figure in cui si è attaccato all'inizio della sua vita;

- Distacco secondario, il soggetto vive la fase di distacco verso quelle figure con cui si è attaccato in età adulta. 

 

Detto in altri termini ci sono persone che compiono il loro sviluppo nella prima parte della loro esistenza, arrivano all'adolescenza e all'età adulta senza più la tendenza all'attaccamento.

Mentre ci sono persone che invece per anni e anni si attaccano, passando dall'attaccamento verso una persona ad altre, persone che si sono staccate dai genitori quando hanno potuto attaccarsi al partner, o staccarsi dal partner quando ne hanno trovato un altro. Persone che sono cresciute e quindi hanno fatto la loro fase di distacco dopo già diversi cicli di attaccamento fino all'età adulta.

Ma non solo, c'è anche un terzo gruppo, quello di chi non arriverà mai al distacco e passerà la sua vita intera attaccata a una o più figure.

 

 

 

Prima di proseguire è necessario fare una premessa, se l'attaccamento è inevitabile nell'infanzia, non lo è in età adulta, una persona adulta che si attacca e che conserva ancora delle lacune con altri è da intendersi come un soggetto non sano, incompleto, che necessita ancora di figure a cui attaccarsi perché da solo sta male o non sa stare.

L'articolo si concentrerà ora sullo spiegare il fenomeno dell'attaccamento in età adulta, di quanto questo possa essere facilitato anche dal come il soggetto percepisce l'esistenza e di quanto ottimismo abbia.

Uno dei primi errori da risolvere è quello di pensare che ci si possa attaccare a sola una persona per volta, in realtà ci si attacca a più persone (più partner, amici, famigliari, etc..) fino a quando non si trova il numero sufficiente a soddisfare la mancata autosufficienza. Qui il discorso si potrebbe complicare perché quando si trovano più persone da cui dipendere l'attaccamento diventa meno stringente, il fatto di sapere di avere alternative rende il tutto meno pesante. Quando si ha più alternative da cui dipendere si può vivere l'attaccamento e l'eventuale separazione/abbandono in modo meno pesante e doloroso, dato che si perde un pezzo e non tutto contemporaneamente.

 

L'attaccamento in età adulta può avvenire prevalentemente in tre modi:

- amicale, la persona trova quello che non ha in un rapporto d'amicizia;

- innamoramento, l'attaccamento nasce sulla base delle pulsioni sessuali che una persona ci trasmette;

- amore, la persona trova quello che non ha in un rapporto d'amore volendo dall'altro tutto ciò che cerca.

 

 Perché questa distinzione? Perché ogni persona diventando adulta avrà specifiche lacune, specifici bisogni e di conseguenza per alcune persone si ricercherà l'attaccamento negli amici, altri nell'innamoramento e altre ancora nell'amore a seconda di cosa si cerca.

 

La logica è grossomodo sempre lo stesso, si cerca la figura migliore che sopperisce all'impossibilità di stare da soli, alla paura di stare da soli e a seconda dei casi questo potrà essere un amico o un amante o entrambi. La persona non si rapporta solo perché lo vuole ma anche come una cosa di cui ha assolutamente bisogno e di cui non può fare a meno.

Il rapporto qui diventa "malato" anche come si definisce nel linguaggio comune, ad esempio l'amore malato, la persona che non sa stare bene da sola e che finisce per completarsi solo con il qualcuno a fianco finendo per dipenderne, nel fare dell'amore o dell'amicizia onon solo un sentimento positivo ma di bisogno.

 

Ogni volta che ci attacchiamo a qualcuno diamo un potere enorme a quella persona, che potrebbe usarlo bene o male, potrebbe perfino approfittarsene e usarci nel caso lo volesse, ricattandoci con "o fai così o ti lascio".

L'abbandono diventa un dolore perché vuol dire ritornare in quello stato di mancanza, in quello stato in cui la dipendenza diventa intrusiva, con pensieri continui a ciò che prima si era e che ora non c'è più, generando un doppio dolore, a volte persino triplo se ci si pente di aver fatto quel percorso insieme, di aver vissuto tutto in quel modo, di essere così "deboli" da vivere il rapporto o la relazione in quel modo. 

 

L'unico modo per interrompere questo circolo vizioso è di completarsi, diventare autosufficiente ed equilibrati in modo che qualsiasi amico, persona di cui siamo innamorati o persona che ci fa sentire amati sia un di più, un di più positivo che fino a quando c'è contribuirà al nostro benessere e sarà solo un dispiacere leggero quando andrà via, sapendo che comunque senza di lui staremmo bene e che dopo di lui verranno altre persone. Se vuoi crescere, se vuoi fare questo percorso c'è un articolo dedicato, l'articolo sulla crescita, con il quale iniziare a fare questo percorso che ti porterà un giorno a non avere più una personalità dipendente.

 

Cos'è lo stile di attaccamento? Il soggetto tenderà a vivere i suoi rapporti di attaccamento similmente ai suoi primari, per intendere chele stesse mancanze che c'erano all'inizio tenderanno a rimanere o non cambiare drasticamente.

Una persona che avrà paura di stare da sola nell'infanzia tenderà a conservare quella paura da adulta, se non c'è un intervento di cambiamento e crescita, questo la porterà ad attaccarsi con uno stile simile.

La logica è "le stesse dipendenze che ho conservato con i parenti, le stesse mancanze, mi portavano ad un comportamento che non è stato risolto e quindi tenderò a comportarmi allo stesso modo con le figure a cui mi attaccherò nell'età adulta".

Questo ci ricorda quanto il fallimento genitoriale iniziale nel produrre una persona che non sa stare da sola, una personalità con quelle fragilità, fche rimarrà dipendente fino a quando non si farà un intervento di crescita e cambiamento su tale personalità. 

Il ruoloi dei genitori è fondamentale per avvicinare le persone a stare bene da soli, far scoprire interessi, non avere paura nello stare soli, sapersela cavare da sola, etc... 

Fallire in questo vuol dire lasciare una persona che non saprà stare sola e non potrà fare a meno di attaccarsi.

 

Attaccamento e ignavia, un racconto di come tende a comportarsi una persona che dipende da un'altra. 

"Ogni cosa che faccio e che penso è soltanto indirizzata a ottenere riconoscimento o ammirazione o affetto dagli altri. Per me io non esisto, mi annullo, non mi interessa cosa penso io o cosa provo io, solo gli altri. Non so se questo disturbo mi è venuto a causa della terapeuta che avevo prima che mi spingeva verso gli altri, oppure se ce l'ho sempre avuto latente e solo ora mi sono resa conto di averlo. Fatto sta è che è una dipendenza da cui non riesco a uscire, non ne vengo più fuori! Sono disperata"

 

"Stiamo insieme da quasi un anno. Lui è un uomo meraviglioso ed io sono innamorata persa. Anche lui dice di esserlo e spesso facciamo progetti futuri, parlando di matrimonio e addirittura figli. Mi dice cose stupende, sente che sono la sua anima gemella, che ha aspettato una vita per trovarmi...e anche i fatti spesso non mancano: passiamo ore al telefono, mi scrive o addirittura chiama spesso, anche quando sta con gli amici o mentre fa sport e ha qualche minuto di pausa; mi fa qualche volta delle piccole sorprese...dice di amarmi...anche il sesso va benone. 
Tutto splendido direte voi, eppure io sto in ansia. Un’ansia pazzesca, cronica.
Capita che, per esempio, dice che tale giorno usciamo, per poi non propormelo quando quel giorno arriva.
Magari quella stessa sera la passiamo comunque al telefono per ore, ma non ci vediamo.
Io non gli dico nulla quando questo accade, un po’ per non essere pesante ed un po’ perché spesso sono io a proporre le uscite e vorrei che, ogni tanto, lo facesse lui.
A quel punto iniziano mille pensieri: e se si stesse stancando? E se con me si annoiasse? Perché non ha voglia di stare insieme? Possibile che io vorrei vederlo sempre e lui a quanto pare no, o almeno non quanto me? 
Inizio poi a pensare che forse è normale, che capita di non aver voglia di uscire...ma possibile che a me non capiti mai? Io ho sempre voglia di vederlo!
Inizio a sentirmi male, ma male davvero. Piango, non dormo, il mondo si ferma...perché temo che una crisi sia in corso e che lui si disinnamori.
Il pensiero mi spezza il cuore, mi distrugge.
La paura di perderlo è tale, che se esce con la macchina e non risponde al cell, magari per accompagnare il padre a fare una visita, io penso al peggio; penso ad incidenti orribili, ambulanze e dio solo sa che altro. Iniziano i giramenti di testa, la fame d’aria...
C’è qualcosa di disfunzionale in tutto questo, me ne rendo conto.
Il fatto è che non capisco dove sia il limite: quando è giusto preoccuparsi?
Se capita che non voglia uscire è segno che qualcosa non va? Se esce e non risponde, è lecito preoccuparsi? Perché il mio cervello sembra rifiutare i sentimenti positivi? Anche se tutto sommato potrei stare serena, o almeno credo, lui cerca sempre il modo di mettermi in allerta.
Sono in crisi!"

 

 Appunti:

- usare l'attaccamento primario irrisolto su base su cui lavorare per crescere, risolvere anche l'attaccamento secondario. Il ruolo dei genitori nell'afer formato n soggetto con una personalità dipendente, privo di autosufficienza.

 

- le due spinte all'attaccamento, paura di stare soli, non sapere cosa fare quando si è soli

ultima modifica il: 13-11-2018 - 8:54:29
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