Home
Psicologia
Raziologia
Puzzle della Comunicazione
Diario
Test
Info & Contatti
 
- Fallimento -
togli aiuti

"Fra dire sono un fallito e dire ho fallito passa una differenza di significato abissale"

Cosa è il fallimento? Cosa si intende per fallire?

Si parla di fallimento per definire il concetto del mancato raggiungimento di un obbiettivo.

Il sentimento del fallimento è influenzato da tre variabili:

- la prima è quella di investimento nell'obiettivo, più l'obiettivo era a lungo termine quanto più il soggetto ha investito in esso e quanto più ciò ha un peso in termine di perdita di risorse, anche se ogni persona ha una percezione diversa di questo fenomeno e per alcune persone potrebbe non esserci un particolare problema nel vedere tutte queste risorse se pensa comunque in un'ottica di vita vissuta, esperienza fatta. Questo punto va inteso quindi che quante più risorse sono state investite senza ritorno quanto più è probabile che il soggetto ne soffra se non riesce a vedere in quella spesa un significato e un utile oltre l'obiettivo in sé;

- la seconda è quella del giudizio sociale, il fallimento pesa, in base alla personalità, anche sul come il soggetto pensa che gli altri penseranno di lui. Un soggetto ad esempio orgoglioso soffrirà enormemente all'atto del fallmenti perché immaginarà che gli altri "godranno" di questo suo fallimento, si sentiranno superiori e lui si sentirà inferiore. Più una persona è sensibile al giudizio negativo degli altri, più soffrirà;

- la terza è l'autoefficacia, se il soggetto ha un'autoefficacia dinamica sa che il fallimento è una parte del processo, viceversa se il soggetto ha un'autoefficacia statica finirà per vedere quel fallimento come il simbolo che lui quella cosa non può fare, è incapace e deve solo accettarlo, rendendo ancora più pesante e sofferente l'atto del fallimento. 

 

Queste tre variabili ci spiegano quanto possa soffrire una persona che ha fallito, pensiamo a quanta sofferenza possa provare una persona che dopo 5 anni di università non riesce a laurearsi, si sparge la voce e soffre terribilmente per come gli altri la giudicano e scoprono del suo fallimento e conclude che è incapace, non sa studiare e non potrà mai laurearsi. Il fallimento in questo esempio descritto creerà una sofferenza devastante per il soggetto.

Viene da sé che se ad esempio il soggetto non fosse stato sensibile al giudizio altrui o avesse avuto un'autoefficacia dinamica, la sua sofferenza sarebbe stata ridotta. La sofferenza massima si ha quando tutte e tre le variabili sono presenti contemporaneamente nel soggetto, ma meno ce ne sono minore è la sofferenza.

Ma queste variabili non sono utili solo per spiegare quanto una persona soffra di fronte ad un fallimento ma sopratutto per spiegare perché alcune persone nemmeno inizino un progetto al solo timore del fallimento.

Si arriva cioè al concetto di "paura del fallimento".

La paura del fallimento nasce proprio come risposta alle tre variabili precedentemente descritte, se una persona ha paura del giudizio ecco che ci penserà due volte prima di imbarcarsi in qualcosa di cui pensa ci sia il rischio di fallimento, proprio perché vuole evitare di soffrire.

Il meccanismo è quello del pericolo, cioè quanto più il soggetto penserà sia pericoloso quanto più sarà probabile che eviterà di inseguire quel progetto per non soffrire in caso di pericolo. Il pericolo è collegato anche all'autostima del soggetto, più il soggetto ha una bassa autostima più percepirà come pericoloso il fallimento.

Questo ci evidenzia come una sensibilità a quelle tre variabili e una bassa autostima siano una combo micidiale che avrà come risultato il rinunciare a qualsiasi progetto, indicandoci anche la strada sulla quale lavorare per cambiare questo stato delle cose.

Pensiamo ad un soggetto che ha paura di scoprire di non valere nulla, sapendo che il fallimento in quel contesto lo porterebbe a sentirsi come un perdente (autostima da risultato) ecco che il soggetto potrebbe paradossalmente rimanere insoddisfatto piuttosto che, di fronte al fallimento, soffrire per la visione che questo risultato gli darebber di lui.

 

La paura del fallimento non va confusa con altri due fenomeni:

- autoefficacia statica negativa, il soggetto non agisce perché alla domanda "posso farlo" risponde no. In questo fenomeno si evidenzia il caso specifico in cui il soggetto non ha paura del fallimento ma è come se dicesse "sono certo di fallire, credo di non poterlo fare, che lo faccio a fare?";

- autoefficacia dinamica e il lungo percorso, il soggetto nel corso della sua esistenza ha sperimentato quanto sia arduo iniziare un percorso dall'inizio, quanto sia difficile trovare gli strumenti, sbattersi per superare. In alcuni casi tutto questo percorso viene vissuto in modo negativo dal soggetto, specialmente se non è in grado di reggere la frustrazione dei tentativi necessari per imparare, del tempo passato a studiare, a capire come fare. Questo unito alla mancanza di motivazione, fa propendere il soggetto per il raggiungimento di percorsi che hanno la "ricompensa" immediata. Per quanto il soggetto possa aver capito che può farcela, per quanto possa non aver paura del fallimento si rende conto che il percorso di crescita non gli piace e/o che non ha abbastanza motivazione per fare tutta la strada e quindi evita quando può progetti a lungo periodo per ricercare solo esperienze che siano immediate definibili come "tutto e subito" o che rientranino solo in ciò che sa già fare.

 

 

 

Quando una persona non ha paura di fallire, ha un autoefficacia dinamica ed è motivata ecco che si inbarca in ogni progetto, crescendo laddove necessario, facendosi il percorso senza particolari problemi dove il fallimento viene percepito come un evento positivo, in quanto più si fallisce più ci si avvicina al risultato.

 

 

 

La paura inconscia del fallimento

Alcune persone potrebbero aver vissuto esperienze negative durante l'infanzia in cui si sono ritrovati ad essere stati puniti durante il fallimento. Questo fenomeno, che rientra nel discorso sul fallimento educativo, potrebbe lasciare una cicatrice inconscia che spinge il soggetto ad evitare tutti gli scenari dove percepisce il rischio di fallimento. Questa condizione che potrebbe essere molto debilitante si può superare con il decondizionamento, sforzarsi di fare qualcosa che porti al fallimento per rendersi conto e far rendere conto al proprio inconscio che sono finiti i tempi della punizione e che in realtà quando si fallisce non succede nulla di così grave, come l'essere puniti da una persona che ci fa paura, ma che al contrario si fa una preziosa esperienza e che sebbene possa esserci qualche danno, come aver perso un po' di risorse, nell'insieme aver fallito ha giovato alla nostra vita sotto numerosi punti di vista.

 

 

 

Accettare il fallimento

Tutto questo articolo altro non fa che spingere a lavorare su se stessi per accettare il fallimento, cambiare le caratteristiche di personalità che producono paura, cambiare la percezione delle cose che produce paura e una volta fatto questo percorso il fallimento diventà qualcosa di accettabile, qualcosa da poter considerare nel proprio percorso dando modo di fare progetti anche rischiosi, progetti che implicano la crescita, che contemplano lo sbaglio finalizzato a non sbagliare più.

 

 

 

Fattibilità e fallimento

Per quanto una persona possa aver pensare se ciò che sta per fare sia fattibile o meno ciò non garantisce l'infallibilità, la fattibilità è una scelta saggia ma aver lavorato sul fallimento è qualcosa di necessario per poter vivere senza problemi qualsiasi tipo di percorso di crescita e progetto.

 

 

 

 

Accettare e comprendere il fallimento produce la tenacia, una caratteristica di personalità fondamentale per essere costanti e arrivare a fondo nei progetti.

Dal punto di vista inverso con il termine tenace si descrivono tutte le caratteristiche positive descritte in questo articolo nei confronti del fallimento, nel superarlo, nel non fermarsi ma viverso come un evento indifferente o positivo.

 

 

In conclusione si potrebbe affermare che il fallimento è un evento comune all'essere umano e che se non lo si accetta si rischia di sprofondare nell'evitamento, finendo per rinunciare a obiettivi e progetti che sono vitali per il soggetto, necessari alla sua soddisfazione e appagamento. Per accettare il fallimento è necessario migliorare la propria visione sull'autoefficacia, eliminare la sensibilità al giudizio e rendersi conto di quanto sia utile il fallimento in termine di crescita e di esperienze di vita. Questo fa si che il soggetto non sia più costretto a ricercare l'autostima a tutti i costi, sentirsi infallibile per contrastare la paura del fallimento ma al contrario potrà vedere il fallimento come un fenomeno accettabile e non più pericoloso, un tramite per la sua crescita e il tramite per il raggiungimento dei propri obiettivi.

 

 

 

ultima modifica il: 05-08-2018 - 14:35:17
Sito Realizzato da Palombizio Valerio Giuseppe