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- Sociopatia -
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Cos'è la sociopatia?

(sensibilità soggettiva, statisticamente alcuni elementi si ripetono sopratutto per genere femminile e maschile)

Il termine sociopatico è un termine ormai desueto, veniva usato nel passato per intendere un soggetto criminale che mostrava i normali freni inibitori che invece si osservano nella maggior parte delle persone.

La definizione stessa di sociopatica era una sorta di ammissione di colpevolezza dello stesso genere umano, come a dire "tutti quanti abbiamo fatti pensieri brutti come uccidere qualcuno, torturarlo, vendicarlo, rubare, etc.. ma poi non lo facciamo perché abbiamo un freno interiore, il sociopatico non avendo questo freno agisce".

Questo fenomeno dell'assenza di freni interiori verso gli altri è meglio descritto dal termine dispatia, cioè assenza di empatia.

A livello accademico il concetto di sociopatia è stato sostituito con quello di disturbo antisociale.

Cosa fare allora del termine sociopatico? Lo si può recuperare sfruttando a pieno il significato etimologico.

Se eliminiamo la vecchia definizione di sociopatia scopriamo che sociopatia letteralmente si traduce in "tutte le emozioni che provo stando a contatto con gli altri".

La sociopatia diventa in questo modo un termine estramemente utile perché descrive tutta la sensibilità e poi il successivo comportamento che le persone hanno a contatto con gli altri.

Questo perché tutti abbiamo una sensibilità agli altri, tutti reagiamo in qualche modo all'altro e parlare di sociopatia racchiude tutto questo fenomeno, ricordandoci che ogni soggetto è unico nel suo essere sociopatico.

Avete visto mai una persona rimanere identica quando aveva a che fare con gli altri, anche tu che stai leggendo ora questo articolo rimani esattamente te stesso con gli altri o cambi?

La risposta è che si cambia per delle emozioni, si reagisce agli altri perché in qualche modo è come se ci difendessimo o ci adoperiamo perché vogliamo qualcosa dagli altri, anche il semplice "essere lasciati in pace".

Tutto questo si riassume in due modi:

- obiettivi sociali, la persona reagisce agli altri semplicemente perché vuole qualcosa dall'altro e quindi per farlo è necessario che moduli il suo comportamento, che faccia in modo di agire seguendo quello che secondo lui lo porterà a non perdere l'obbiettivo ma anzi raggiungerlo;

- danno sociale, qui il soggetto reagisce perché teme qualcosa dagli altri, non vuole niente ma al tempo stesso pensa o sente che se non farà alcune cose potrà essere punito, avrà delle conseguenze negative e di conseguenza è come se fosse schiavo degli altri. Immaginiamo una persona che teme giudizi negativi, potrebbe far fatica ad essere se stessa in presenza di altri, vedendo quindi gli altri come un impedimento alla propria autoaffermazione e/o autorealizzazione.

 

Le emozioni chiavi della sociopatia sono prevalentemente tre:

- il senso di colpa, ogni volta che il soggetto teme una ripercussione sul suo comportamento o crede che in qualche modo stia danneggiando il suo obiettivo sociale proverà senso di colpa, l'emozione che lo spingerà a continuare a muoversi verso un comportamento che crede che non gli porterà ripercussioni negative;

- orgoglio, il soggetto tenderà a provare emozioni negative se si sentirà inferiori agli altri n alcune circostanze o emozioni positive se si sentirà superiore;

- la soddisfazione, ogni volta che il soggetto si avvicina o raggiunge il suo obiettivo sociale proverà piacere, lo stesso piacere che lo motiva a insistere su quegli obiettivi, a non lasciarli perdere. Qui ricade anche l'emozione positiva di dominare gli altri, di essere superiori.

 

 

Tutto questo fa capire quanto ogni soggetto sia unico, sia per la sensibilità che possiede, ciò che gli fa paura negli altri ma anche per come vede il mondo, le dinamiche, tutto ciò che percepisce, che non è detto che sia necessariamente valido rendendo alcune persone più che ostaggio degli altri, ostaggi di quello che pensano degli altri ma che in realtà non accade.

 

La dinamica è talmente vasta ma si possono trovare dei comportamenti così frequenti che diventano anche facilmente riconoscibili:

- il primo è l'atelofobia, questo fenomeno descrive la paura che si prova di fronte alla possibilità di non generare abbastanza valore per i propri obiettivi sociali, l'atelofobia nasce per due motivi. Il primo è di scoprire un'amara verità, un soggetto che crede che sia immodificabile mettersi in gioco vuol dire scoprire qualcosa che è potenzialmente terribile per la sua percezione delle cose, ovvero di non avere valere e quindi questo si trasformerà in "non raggiungerò mai il mio obiettivo". Il secondo è per una questione di orgoglio, il soggetto non può prevedere in anticipo e controllare lo scenario, se ci si espone e si tenta di attrarre qualcuno, potremmo non risultare abbastanza per quel soggetto e quindi avere un giudizio negativo e questo potrebbe far sentire il soggetto inferiore. L'atelofobia è un problema perché spinge il soggetto all'ignavia e all'evitamento, non rischiando di prendersi quello che vuole e rimanendo in aspettativa che quello che vuole arrivi da solo o che si presenti un scenario "Certo" per il soggetto, senza rischio di non piacere;

- il secondo è la situazione statica, il soggetto si rende conto che quando scattano le paure, se inizia la paranoia, questo conflitto potrebbe portarlo a non fare nulla, essere impacciato finendo di fatto in una sorta di trappola da cui non riesce nemmeno a scappare perché sa che anche quella fuga sarebbe giudicata, che la fuga non gli è facilmente possibile. Questo tipo di scenario è tale perché il soggetto pensa che la il danno che teme avverà e che non potrà nemmeno scappare e non può quindi nemmeno fare leva su questo pensiero per ridurre l'ansia;

- il terzo è spersonalizzazione, il soggetto si rende conto che non riesce ad esprimere se stesso perché teme le conseguenze, percepisce un possibile danno se sarà assertivo e di conseguenza tutta la situazione sociale viene vissuta in modo negativo, come un doppio danno a sé, non fare quello che si vuole e finire per fare ciò che non si vuole. Qui il soggetto potrebbe anche annientarsi ad esempio per paura che anche solo comportandosi in uno specifico modo possa urtare l'altro. Questa situazione nasce da un'intensa paura dell'altro come persona, di quello che può farci se lo facciamo arrabbiare, se lo rendiamo insoddisfatto, etc..;

- il quarto è la valorizzazione ossessiva, il soggetto in linea alla presa di coscienza che i rapporti si reggono sul valore sa quanto questo sia importante e che non conviene perderlo, da qui potrebbe nascere comunque una situazione paradossale dove il soggetto insegue questo valore ossessivamente per paura di perdere gli altri, non riesce a vedere un sereno "chi mi ama mi segua" per intendere che a chi piaccio piaccio, ma il soggetto forse per paura di restare solo, di non avere abbsstanza o di perdere le persone insegue il suo valore quasi ossessivamente;

- il quinto è il sentimento di inadeguatezza, il soggetto sviluppa un'autoefficacia negativa, cioè si sente incapace di fronte a numerosi scenari sociali che non capisce, non sa come reagire, si rende conto cioè che lui è tenuto ad essere un attore sociale se vuole integrarsi e stare con gli altri e al tempo stesso sente di non essere in grado di farlo.

 

Non esistono solo questi punti, ne esistono molti altri, attenzione a non pensare che le dinamiche emotive finiscano qui, queste sono alcune fra le più diffuse.

 

La questione a questo punto si complica perché la persona di fronte a queste emozioni risponderà con uno specifico comportamento, comportamento che a prescindere da quale sia ha comunque qualcosa con cui fare i conti, la realizzazione di sé stesso e di ciò che si desidera essere o si vuole avere dagli altri o a prescindere dagli altri.

Questo si traduce in un equilibrio complesso da ottenere, quali sono gli ingredienti di questo equilibrio? Sono quattro:

- Ignavia, il soggetto non si autoafferma, tende a nascondere parti di sé per le conseguenze che crede ci sarebbero se si mostrasse a tutti, l'ignavia si distingue in parziale e totale. L'ignavia è l'inibizione applicata, la persona semplicemente tiene dentro, non lascia trasparire. Uno stare con gli altri ma rimanere invisibili, fare in modo che non ci sia nessuna azione in quel contesto e non far arrivare all'esterno chi si è in un dato frangente, come la si pensa;

- inabilità sociale, il soggetto si sente non in grado di comprendere o agire in uno specifico contesto;

- evitamento, il soggetto non è in grado di gestire la situazione sociale in quel momento, crede che se ci fosse il contatto ne deriverebbe in qualche modo un danno;

- istrietismo, il soggetto si immerge ma modifica se stesso, costruisce un qualcosa di artificioso da mostrare agli altri come mezzo che seppur lo fa integrare, lo aiuta ad evitare una paura o altro si paga lo scotto di essere artificiali, di  fare qualcosa solo per difendersi e non si è se stessi, non si vive la propria vita.

 

Tutto questo accade perché il soggetto ha una sensibilità o una fragilità nei confronti degli altri che gli impedisce di puntare ad una lineare autoaffermazione, nell'autoaffermazione il soggetto riesce ad essere stesso e se ne frega completamente di tutti coloro che potrebbero disapprovarlo o disprezzarlo, il soggetto ragiona al contrario, sarò me stesso e le persone a cui piacerò così come sono, che mi accettano senza fare giochetti me le terrò con me.

Non serve a nulla in questi casi dire "ma basta che ti autoaffermi" l'autoaffermazione non è una scelta ma una conseguenza, un soggetto sensibile agli altri, che li teme non potrà mai autoaffermarsi fino a quando non risolverà queste sue paure e ansie.

Quando una persona non è in grado di autoaffermarsi si andrà a guardare l'esito di tutti i suoi "modi di reagire al sociale", quindi la domanda che ci si porrà è questa: al netto di ignavia, evitamento e istrietismo il soggetto riesce a costruirsi una realtà sociale appagante, riesce cioè ad essere stesso e costruirsi la vita che in qualche modo e vuole? 

Se la risposta è si vuol dire che il soggetto in qualche modo è riuscito, nonostante i problemi, a crearsi un equilibrio mentre se la risposta è no vuol dire che il soggetto a causa dell'eccessivo ricorso all'ignavia, evitamento e istrietismo non riesce a vivere la vita che vorrebbe, si difende troppo dagli altri e questo gli impedisce di vivere come vorrebbe.

Qui scatta il fenomeno della sociofobia, il soggetto realizza che la sua sensibilità, la sua visione del sociale lo portano ad avere una condotta che non rispecchia la vita che vorrebbe 

Facciamo degli esempi, una persona che ad esempio è circondata da amici, colleghi e parenti e che vuole vivere con queste persone, circondata da altri si rende conto che a causa dell'eccessiva ignavia e istrietismo non si vive questa realtà come vorrebbe, non riesce a raggiungere i suoi obiettivi sociali così oppure si sente danneggiato da questa presenza e non fa quello che vorrebbe fare.

Oppure il soggetto ricorre all'evitamento, ritrovandosi comunque in una vita che non vuole, lontano dagli altri e non raggiungendo i suoi obiettivi sociali.

Il vantaggio di questa visione sulla sociofobia è che la soluzione non è solo nell'autoaffermazione, non esiste solo la strada del "divenire una persona impavida senza alcuna paura" ma c'è anche la soluzione dell'equilibrio, trovando un modo in cui anche se si conservano alcune condotte istrietiche, evitanti o di igniavia ridimensionandole, apportare dei cambiamenti che portino ad una vita appagante.

Come si interviene in questi casi? Si lavora strategicamente su cinque fronti:

- il primo è quello di capire quanti danni sono solo percepiti dal soggetto ma non hanno un riscontro reale, quindi se la sociopatia nasce da eventuali errori cognitivi, una volta risolti questi la sociopatia diminuisce e di conseguenza anche la condotta reattiva;

- il secondo è quello di capire se si può lavorare su alcuni danni reali, se il soggetto può cambiare, crescere e sviluppare un'insensibilità ad essi;

- il terzo è quello dell'elaborazione, far sviluppare al soggetto dei modi per regolare tale sociopatia, diminuendola e così avendo una componente reattiva inferiore;

- il quarto è quello delle nuove strade, consiste nel costruire nuove strade che aggirino la sensibilità del soggetto e lo portino in qualche modo comunque ad una vita appagante, in equilibrio fra sociopatia e la vita che vuole vivere anche con gli altri. Qui si punta a diversificare, a costruire qualcosa di nuovo piuttosto che tentare di sistemare sempre il vecchio;

- il quinto è quello della crescita sociale, si lavora parallelamente a tutto quello che il soggetto non ha sviluppato o che ha sviluppato in modo distorto, si lavora sullo sviluppo dell'abilità sociale e in generale sulle abilità trasversali (quelle che si usano in ogni contesto esistenziale).

 

Un lavoro costante su questi punti può portare il soggetto alla fine ad avere una vita appagante nonostante qualche problema sia rimasto con gli altri.

Questo ci fa capire come innumerevoli persone, nonostante la loro sociopatia con gli altri, vivano comunque vite 'normali" e appaganti proprio perché hanno trovato il modo di stare in equilibrio.

Per concludere si potrebbe affermare che "nessuno ha il comportamento sociale perfetto con gli altri, quel che differenzia un sociofobico da un non sociofobico è la minore sensibilità a questa mancanza di perfezione nel comportamento, il che fa si che agiscano lo stesso anche se c'è il rischio. Rischio che alcune persone non riescono a correre se non dopo un lavoro enorme che trasforma, che impedisce di vivere le cose come si vorrebbe, ecco dove nasce la sociofobia, nella sensibilità e nella visione delle cose, nell'avere il bisogno di analizzare ogni momento vissuto, ogni possibile momento futuro e violentarsi per difendersi. Tutto questo una persona normale non lo fa o o lo fa in maniera ridotta e non così distruttiva/invasiva".

 

 

APPUNTI:

- sociofobia evitante, il soggetto non riesce fisicamente a stare nei luoghi e nelle persone con cui vorrebbe stare;

- sociofobia snaturante, il soggetto anche se riesce ad avere persone con cui circondarsi, frequentare posti che desidera ha il problema di non riuscire ad essere stesso ed essere inappagato a causa dell'eccessivo istrietismo e ignavia a cui fa ricorso, alla maschera che indossa e ciò che non riesce a fare;

- sociofobia opprimente, il soggetto anche se ha una vita appagante quando si ritrova con persone neutre comunque soffre

 

ultima modifica il: 02-12-2018 - 9:20:02
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