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- Dignità -
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Cosa è la dignità?

Si definisce dignità quel sentimento che si prova nel momento in cui, facendo parte di una comunità, si pensa di essere giudicati normali dagli altri. Questo sentimento si basa su due dimensioni:

- sensibilità al giudizio, paura delle conseguenze dei giudizi negativi sull'integrazione sociale;

- orgoglio collegato al giudizio.

La dignità si potrebbe descrivere come la volontà di essere normali, invisibili perché non vi sono differenze particolari fra sé e gli altri, né in negativo e né in positivo così che la persona possa essere serena in quanto sa che non verrà mai disapprovata, né particolarmente disprezzata, una strategia che si può definire come atarassica, dove si fugge da ciò che potrebbe scatenare emozioni particolarmente negative.

La persona ha quindi delle credenze che lo portano a dire "se sarò così, se raggiungo questo livello sarò degno e gli altri non potranno dire niente di negativo sul mio conto".

La dignità è una dimensione che si raggiunge in due step:

- il primo step riguarda il mettersi nei panni altrui, conoscerli, capirli per poter stabilire quale sia la normalità;

- il secondo step riguarda il darsi da fare per essere normali, costruendosi una personalità e una vita che rispecchi tale normalità, così che il soggetto si possa godere la sua serenità data dall'essere normale.

 

 

 

Uno dei principali problemi di questo termine è l'uso che se ne fa come sinonimo, usi che vanno eliminati per non creare confusione:

- degno come sinonimo di meritevole, il merito è una cosa e la dignità è un'altra;

- sdegno/indignazione/indignato, per intendere il concetto di astio e acrimonia, il fenomeno della non accettazione. In realtà qui il collegamento c'è, ogni volta che la persona percepisce un danno a sé è come se perdesse la sua dignità, il problema è che non tutte le persone hanno questo sentimento di dignità, non tutti vogliono essere normali. Di conseguenza lo sdegno è una forma di acrimonia che riguarda parte della popolazione non tutta, conviene comunque parlare di acrimonia per comprendere il concetto generale. Ad esempio una persona si sentirà indignata di fronte alla possibilità di perdere il lavoro, non lo accetta perché se diventa disoccupata non sarà più normale, si sentirà inferiore rispetto ad altre persone, si sentirà disapprovata.

 

Il concetto di dignità ci ricorda che le persone per sviluppare la visione di normalità fanno una serie di deduzioni e conclusioni che potrebbero essere distorte generando un fenomeno paradossale dove il soggetto si sente degno per una visione tutta sua e non per qualcosa che può essere considerato valido.

Il concetto di dignità si potrebbe opporre a quello di onore, mentre nell'onore il soggetto punta a costruirsi una reputazione positiva, indirettamente a far parte dei "migliori" prendendosi anche dei rischi, nella dignità la persona punta a non ricevere giudizi negativi, ad uno stato di accettazione verso l'esterno e un giudizio di normalità che possa dare al soggetto una serenità sociale, una sorta di invisibilità protettiva, la persona sensibile è come se si fa scudo di questa dignità e pensare, sono normale nessuno si interesserà a me.

 

La dignità per questo è direttamente collegata al fenomeno sociofobico, la dignità viene ricercata da persone sensibili ed emotive, che in qualche modo tendono a provare emozioni spiacevoli e intense per i giudizi e i confronti con gli altri ed è per questo che tentano di difendersi con la dignità e se non ci riescono è più probabile che sfocino in sociofobia, sentendosi indegne, inferiori, diversi e per questo a rischio di giudizio, di confronto, gli altri diventano una minaccia continua da cui è meglio stare lontani. 

 

Immaginiamo una persona che nelle sue credenze pensa che lavorare sia una di quelle cose che ti fa giudicare normale e accettato dall'esterno, quando lavora questa persona si sente degna viceversa si sentirà indegna se perderà questo lavoro.

Questo diventa una sorta di ON/OFF sociofobico vedendo la persona che lavora e che esce senza problemi, come perde il lavoro tende ad evitarlo.

Quindi quando questo soggetto afferma "ci state togliendo la dignità" potrebbe rifersi alla classe politica intendendo che se non fanno qualcosa per far lavorare le persone, queste si sentiranno indegne con ciò che ne consegue, perdere lavoro, avere pochi soldi, avere difficoltà in generale che non li fanno più sentire normali e protetti dalle loro sensibilità al giudizio sociale.

 

 

"Essere degno di" acquisisce un significato chiaro a questo punto, una persona si sente degna di stare con gli altri, di non ricevere umiliazioni, giudizi negativie o una scarsa considerazione ma si sente normale e da qui può ambire poi anche a di più.

 

Pensiamo ad una donna che viene posta di fronte al bivio "perdonare un tradimento o lasciare il partner" questa persona potrebbe lasciarlo per una questione di dignità, cioè perché non accetterebbe il fatto che se lo perdona sarà poi disapprovata, giudicata debole, derisa dagli altri che sapranno di questa sua scelta perché questa è la sua visione sulle conseguenze e sul relativo giudizio.

 (da rivedere da qui in poi)

Dignità e orgoglio

Come descritto ad inizio articolo se una persona è orgogliosa la dignità sarà basata anche sull'evitare che altri si sentano superiori, quindi il soggetto cercherà di essere in modo tale che sia considerato normale e non inferiore dai più.

Ad esempio una persona si sente indegna se non ha una ragazza perché pensa, se orgoglioso, di essere giudicato sfigato dagli altri i quali si sentiranno superiore giudicandolo inferiore.

Oppure una persona che non si è distinta o pensa di essere inadatta o inferiore in alcuni settore (come il sociofobico) faticherà ad esporsi.

 

 

La persona indegna tenda di nascondersi e non farsi scoprire, quando possibile, così che se gli altri non sanno di fatto non possono giudicarla e quindi non produrre quei pensieri che la farebbero sentire indegna. Che collegamento c'è con la sindrome dell'impostore? Un collegamento stretto perché il fenomeno è analogo, mentre nella sindrome dell'impostore il soggetto si sente sotto i riflettori per una cosa che crede di non avere, quindi l'imprenditore, l'attore, il medico che pensano che da un giorno all'altro scoprano che non è "adatto ad esserlo" nel sentimento di indegnità il soggetto nasconde la sua persona o comunque quelle specifiche cose che pensa produrranno questi giudizi negativi o questo sentimento di inferiorità, cose che non sono sotto i riflettori, che gli altri non conoscono e non sanno nemmeno che esistono fino a quando non lo scopriranno ad esempio per interazione.

Una persona sociofobica per quanto tenti di nasconderlo, interagendo con altri, prima o poi questi inizieranno a notare qualcosa di strano, qualcosa che l'altro non comprende o non sa fare.

Ci sono elementi che si possono nascondere a altri no.

Per quest'ultimo quindi ad un certo punto chi tenta di nascondersi e al tempo stesso esponendosi al sociale o sa che gli altri lo sanno ma se nessuno ne parla si soffre meno oppure tenta di autoconvincersi che gli altri non l'abbiano scoperto.

 

 

 

 

 

class="messageTitle">La dignità, una volta persa, non torna più.

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"C'era un branco di lupi affamati e che non mangiavano da parecchio tempo. Il vecchio capobranco però tranquillizzava tutti chiedendo di essere pazienti, di aspettare che tanto prima o poi sarebbero passati branchi di cinghiali e di cervi e loro avrebbero fatto una caccia ricca e avrebbero finalmente riempito la pancia. Un lupo giovane che non aveva nessuna voglia di aspettare decise di chiedere il cibo agli uomini. Il vecchio lupo provò a fermarlo, disse che se lui fosse andato a prendere il cibo dagli uomini sarebbe cambiato e non sarebbe più stato un lupo. Il giovane lupo non lo prese sul serio, rispose con cattiveria che per riempire lo stomaco non serviva a niente seguire regole precise, l’importante era riempirlo. Detto questo, se ne andò verso il villaggio. Gli uomini lo nutrirono coi loro avanzi, e ogni volta che il giovane lupo si riempiva lo stomaco pensava di tornare nel bosco per unirsi agli altri, però poi lo prendeva il sonno e lui rimandava ogni volta il ritorno, finché non dimenticompletamente la vita di branco, il piacere della caccia, l’emozione di dividere la preda con i compagni. Cominciò ad andare a caccia con gli uomini, ad aiutare loro anziché i lupi con cui era nato e cresciuto. Un giorno, durante la caccia, un uomo sparò a un vecchio lupo che cadde a terra ferito. Il giovane lupo corse verso di lui per portarlo al suo padrone, e mentre cercava di prenderlo con i denti si accorse che era il vecchio capo branco. Si vergognò, non sapeva cosa dirgli. Fu il vecchio lupo a riempire quel silenzio con le sue ultime parole: «Ho vissuto la mia vita come un lupo degno, ho cacciato molto e ho diviso con i miei fratelli tante prede, cosi adesso sto morendo felice. Invece tu vivrai la tua vita nella vergogna, da solo, in un mondo a cui non appartieni, perché hai rifiutato la dignità di lupo libero per avere la pancia piena. Sei diventato indegno. Ovunque andrai, tutti ti tratteranno con disprezzo, non appartieni né al mondo dei lupi né a quello degli uomini… Cosi capirai che la fame viene e passa, ma la dignità una volta persa non torna più»."
 
 
Questo racconto è utile per due motivi:
- il primo è che esprime chiramente il concetto di dignità nello specifico gruppo sociale, il capo branco gli ricorda quello che il lupo non ha potuto vedere e percepire di persona, cioè che tutti gli altri lupi lo disapprovano per la sua scelta. Se questo lupo tornasse nel bosco sarebbe evitato o maltrattato da numerosi altri lupi di quel gruppo;
- il secondo è l'errore di usare la propria percezione di dignità, che anche se è valida nel momento in cui si circoscrive al gruppo in questione non lo diventa più quando si assolutizza arbitriamente alle altre persone comenella frase "sei diventato indegno, ovunque andrai, anche per gli uomini sarà così". Questa cosa che non è reale, questo lupo è indegno solo per il gruppo che ha lasciato, ma è invece apprezzato e approvato dagli umani che serve e potrà nel caso farsi una nuova vita senza problema in gruppi di lupi simili a lui (i cani) o in altri gruppi di lupi che hanno una visione meno dura verso chi va con gli umani. Quando una persona parla di dignità è necessario chiedersi "sta parlando in modo valido del modo di giudicare di quel gruppo?" e poi in secondo luogo "sta assolutizzando o si limita a parlare di un gruppo di persone circoscritte?".
 
La frase "la dignità una volta persa non torna più" va modifica in "la dignità verso un gruppo specifico di persone una volta persa potrebbe non tornare più o potrebbe tornare con diversa fatica, ma il problema non si pone perché il mondo è vario e per un gruppo che ci vede indegni ci sono un'infinità di nuovi gruppi da trovare dove ripartire da zero e che hanno visioni diverse dove poter essere se stessi senza rischiare di venir giudicati indegni".
 
 
Che ruolo hanno la vergogna e l'imbarazzo nel concetto di indignità?
Vergogna e imbarazzo sono due tipologie di giudizio di negativo, rispettivamente giudizio morale negativo e giudizio di valore negativo, questo vuol dire che il senso di dignità/indignità può essere descritto specificandolo meglio con queste due tipologie di giudizio, dove ad esempio una persona si sentirà degna se penserà di non ricevere alcun giudizio negativo che la farà vergognare o imbarazzare.
Ad esempio una donna che crede di essere esteticamente normale o appetibile e crede che questo non produrrà giudizi negativi si sentirà degna fisicamente e nell'esporsi non avrà particolari problemi perché la visione di questa e le sue credenze è che essere nella media sia accettato e non produca giudizi negativi mentre una donna che crede che tutte le donne non belle vengano giudicate negativamente si sentirà indegna perché pensa che anche se si vede e pensa di essere nella media il suo esporsi causerà comunque giudizi negativi, la sua percezione dello scenario la porta a credere che ha un valore estetico negativo dal quale arriveranno giudizi negativi e ciò la fà sentire indegna e in questo specifico caso un'indignità collegata con l'imbarazzo.
Questo esempio ci fa comprendere chiaramente come la dignità sia tutto un "film mentale" fatto di credenze soggettive, di percezione soggettive dove non è detto che ciò sia valido, che sia privo di errori, ma in ogni caso i sentimenti che ne derivano sono reali.
 
 
A questo punto qual è il collegamento fra dignità e indignazione?
Con l'indignazione si evidenzia il giudizio reale negativo che fa un soggetto, una persona indignata è l'agente che porta un soggetto a sentirsi indegno. Anche se questo concetto sembra scollegato concettualmente torna, ogni giudizio negativo è alla base di quello che poi la persona penserà e userà per il suo concetto di prevedere i giudizi altrui.
 
Consiglio di fine articolo
 
Quando vi sentite indegni chiedetevi la validità della vostra visione, se sia frutto di una distorsione a carico vostro nel pensare come qualcuno giudichi o se invece avete conosciuto in modo valido il modo di giudicare di un gruppo di persone e poi lo avete assolutizzato erroneamente a tutti. Solo conoscendo e comprendendo il peso del giudizio altrui e quanto sia valido poi nel caso si può passare al secondo problema, quello della sensibilità a questo giudizio.
 
Quando si pensa che qualcosa verrà disapprovata dalla maggior parte delle persone questa la si definisce volgare, per una persona attenga alla dignità farà attenzione a ciò che pensa essere volgare e a non farlo mai. Ad esempio la volgarità nel parlare, la volgarità nel vestire, etc...
 

APPUNTI:

Dignità e individuazione sono strettamente collegate?

 

ultima modifica il: 22-08-2018 - 11:23:38
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