Home
Psicologia
Raziologia
Puzzle della Comunicazione
Diario
Test
Info & Contatti
 
- Infelicità -
riabilita aiuti

BOZZA

 

[aggiungere le varie forme di infelicità, infelicità da mancato appagamento, infelicità da appagamento con sofferenza ciclica

infelicità causata dall'edonismo

la differenza fra infelicità e depressione è che l'infelice continua a desiderare cose che ha e o non le ottiene o le ottiene ma al tempo stesso è pieno di problemi, il depresso è colui che a causa dell'umore che prova non ha più modo di desiderare e trovare piacevoli le cose, cala la motivazione fino a scomparire]

Tristezza pagina di disambiguazione.

L'infelicità è quel sentimento che scatta nelle persone che si rendono conto di non poter essere felici cioè di non poter avere una gioia e una serenità in modo continuativo e sanno che nel loro futuro prossimo anche se possono avere momenti di gioia o contentezza comunque ci saranno problemi, sofferenze e "momenti bui" in generale.

 

 

L'infelicità è frutto di una presa di coscienza del soggetto su stesso, analizzando il suo stato e simulando quello che più o meno accadrà arrivano a questa conclusione che potrebbe ulteriormente farli soffrire e alterare l'umore. Questo vuol dire che sebbene ci siano persone potenzialmente infelici non lo sono per il semplice fatto che non ci pensano, sono persone che tendono alla spensieratezza un po' per la personalità un po' come meccanismo di difesa generico (probabilmente una conseguenza dell'essersi resi conto di tendere alla psicopatia) non arrivano a vedersi in questo modo e continuano la loro esistenza momento per momento senza scavare più di tanto.

 

L'infelicità può essere vista in questo caso come una scelta? No, l'infelicità è una conseguenza di persone più introspettive comunque a livello comportamentale mediamente non c'è un cambiamento rivelante dal soggetto che è di fatto infelice ma non se ne accorge da quello che invece prende pienamente coscienza del suo stato esistenziale, si potrebbe dire che il rendersi conto di essere infelici aumenta la sofferenza percepita ma difficilmente questo fa scattare qualche cambiamento rilevante.

 

Come vede l'infelicità la società? Mediamente con ignoranza, ma non c'è da meravigliarsi in un paese in cui per decenni le persone sono state cresciute con valori sociali quali lavorare e figliare non dando alcuna rilevanza al benessere del singolo. Non è raro infatti assistere a risposte come "ma cos'è quella faccia sempre arrabbiata" o "cos'hai da essere sempre incazzato" "se avessi io la tua età..." "pensa a chi sta peggio" dove si evince una visione assolutistica di un soggetto che è in grado di uscire dal suo punto di vista.

Da una parte c'è la visione assolutistica di una persona che non riesce a capire cosa possa provare una persona che si sente infelice e dall'altra c'è anche una morale che nemmeno la contempla l'infelicità in cui ci sono soggetti talmente doverizzati che forse sono perfino immuni da essa dato che nella loro visione dell'esistenza il vocabolo benessere nemmeno esiste.

Queste persone nella loro ignoranza non sono di alcun aiuto ma anzi peggiorano il quadro ad una persona che non si sente capita e viene fatta sentire come "sbagliata".

L'infelicità cessa nel momento in cui si aiuta una persona a trovare la sua felicità, aiutandola a crescere come persona e non saranno frasi come "pensa a chi sta peggio" o "ma non ti vergogni a lamentarti nonostante l'epoca in cui vivi" a cambiare le cose perché nell'infelicità non c'è scelta, come non c'è scelta nella depressione e in qualsiasi altro sentimento negativo in cui si trova un soggetto.

 

 

 

 

 

DA RIVEDERe

"L'infelicità non è l'opposto della felicità. L'infelicità non è una momentanea sofferenza, l'infelicità è trovare un equilibrio con la sofferenza e comunque continuare ad esistere."

L'infelicità nello stato eutimico.

Una frase che sembra apparentemente senza senso ma che trova spiegazione quando si comprende la confusione che c'è fra gioia e felicità, fra infelicità e sofferenza. Si confonde la felicità con la gioia, perché mentre quest'ultima è uno stato momentaneo, di pochi minuti a pochi giorni, la felicità è qualcosa che prende in considerazione anni, e il futuro, la gioia uno stato umorale del momento, così come la sofferenza.

 

[Qual'è il nome del fenomeno per cui la gioia viene puntualmente inibita dalla costante paura dell'infelicità perpetua?]

 

Se tralasciamo per un attimo il discorso felicità utopistica, comprendiamo come il concetto di infelicità nella quotidianità sia fuorviante.

Le persone separano i loro momenti dell'esistenza in due, quelli felici e quelli infelici ma lo fanno sostituendo i concetti di gioia e sofferenza.

Mentre come già accennato pocanzi, introducendo la variabile temporare si scopre che la felicità è un continuo di gioia e sereniza, basata sul proprio programma esistenziale, cioè la persona è autrice della propria felicità, mentre l'infelicità è l'alternarsi in questo periodo lungo di tempo di gioia e sofferenza, di momenti di luce e di buio, con serenità discontinua e con presenza anche di disturbi.

Questo fa si che mentre la felicità è formata da una solo tipologia, cioè serenità più gioia (proveniente da passioni e collaborazioni) e quindi ciò che cambia è al limite l'intensità, di infelicità ne esistono una infinità di sfumature a seconda di:

-quanto tempo velocemente la persona passa di stato umorale da gioia a sofferenza e viceversa

-da quanto è maggiore il tempo di sofferenza su quello della gioia o viceversa

-da quanti disturbi si presentano e per quanto tempo permagono

-da quanto la persona accetta la sofferenza (il caso di chi vede la sofferenza come parte della vita e chi no)

-da quanti metodi stabilizzanti efficaci la persona ha sviluppato, e quindi per quanto tempo la persona rimane in equilibrio

 

Sono uno di quelle persone che anche in passato, durante il periodo di emotività passiva non ho mai accettato la sofferenza, e mi incuriosisce quando come risposta difensiva ricevo che "la sofferenza così come la gioia fa parte del loro essere vivi, o in modo più assolutistico della vita in generale", io mi prendo la mia vita felice, e chi vuol essere infelice lo sia, anche se penso che se rinterrogassi queste persone nel loro momento più buio che sia presente, passato o futuro forse tutta questa sicurezza illusoria che hanno dimostrato nella prima risposta svanirebbe.

 

"Ho il diritto di essere felice?" 

Su internet ho letto questa domanda curiosa in cui si asseriva che la causa dell'infelicità era un problema inconscio che impediva alla persona di essere felice. Questo è uno dei casi in cui si ritorna al fatto che la psiconalisi per alcuni casi sia una "pagliacciata" perché si ostina a ridurre e generalizzare tutto all'inconscio o per lo meno ignorare la sfera conscia, la sfera delle credenze conscie e delle decisioni conscie.

Alla base di questo c'è sia la confusione fra gioia e felicità, e nel caso specifico con questa affermazione al limite si potrebbe spiegare il perché una persona nel momento in cui ha qualcosa di cui "gradire" non la fa perché ha questa credenza disfunzionale. Ma è una spiegazione appunto riduzionistica, perché non spiega tutta una condotta esistenziale che porta le persone a non essere in grado di investire nella "serenità", non essere in grado di avere passioni, non essere in grado di scegliere persone compatibili etc.. insomma persone che non sanno ne' cos'è la felicità ne' come raggiungerla.

La felicità non è qualcosa stile lampadina che ci si accende dentro, ne' tanto meno la gioia, e la risposta alla domanda è un "secco no", il diritto è qualcosa che serve alla società non al singolo, se il singolo non sa come essere felice, non lo sarà mai fino a quando non imparerà ad esserlo (crescita personale).

Più tempo dopo seguendo questa persona che pubblicava altri post, si leggeva "o no mi è risuccesso di nuovo, sono depresso". Il tutto mentre questa persona prende anche psicofarmaci. La felicità così come la gioia non basta volerli, sono frutti di un albero, e come tale, va piantato, curato, fatto crescere, il tutto con azioni e scelte reali, non alzando la mano al cielo e urlando ho il diritto che un frutto mi cada in mano.

Infelicità e bipolarismo

 

Malinconia, la cassa di risonanza dell'infelice. 

Bozza vecchia.

per molte persone la felicità rimane qualcosa che non hai mai percepito confondendola con la gioia momentanea, eppure nonostante questo arrivano invece a percepire l'infelicità, come? Attraverso la realtà stessa che hanno intorno e le loro sensazioni negative: -delusione -paura -ansia -risentimento Arrivanco a dedurre che quello stato rimarrà così, individuando gli errori fatti, i limiti etc.. L'infelicità quindi si basa sulla presa di coscienza del singolo, portando ad una depressione Infelici senza più voglia di sopravvivere ma con ancora volonnevroticà e volonisterica. Infelicità e disturbi. Bozza vecchia Illusione, viene considerata illusoriamente l'opposto della felicità, in un miscuglio di sofferenza, terrore, dispiacere, depressione, ma l'infelicità viene confusa con l'assenza di gioia colmata da una delle emozioni negative. L'infelicità non può essere raggiunta perchè una persona passiva non ha un pensiero tale da poter comprendere la felicità, ed una persona attiva per comprendere la felicità ha sostituito l'emotore e quindi non può essere infelice, perché non prova più depressione, terrore, o altre emozioni negative, può sentire dispiacere ma questo non va ad alterare l'umore. L'infelicità è quindi un'illusione del passivo che la confonde con uno stato dinamico condito da emozioni negative quando manca la gioia. Il paradosso che l'infelicità viene considerata normale.

ultima modifica il: 22-01-2019 - 15:17:42
Sito Realizzato da Palombizio Valerio Giuseppe