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- Psicofarmaco -
riabilita aiuti

"lo psicofarmaco è valido se la diagnosi è accurata e il soggetto lo usa come base  momentanea per fare un cambiamento cognitivo"

"lo psicofarmaco è un palliativo ad un sistema operativo cerebrale malfunzionante"

Cos'è uno psicofarmaco? A cosa servono gli psicofarmaci?

Si definisce psicofarmaco quella tipologia di farmaco che è in grado di esercitare un effetto sul cervello tale da aiutare a superare momenti di difficoltà e di disturbo.

Se il farmaco nella medicina classica è uno strumento accettato e considerato, nell'ambito della psiche questa conclusione non c'è spaziando fra sostenitori del farmaco e persone che non sono a favore.

Qual è la posizione dell'AB? La posizione dell'AB è quella di vedere il farmaco come un sostegno e non come una cura, conclusione a cui si arriva una volta che si capisce la dinamica della situazione.

Il psicofarmaco lo si può paragonare a tutti gli effetti a quella classe di farmaci medicinali che fanno a spegnere il sintomo ma non risolvono il problema, pensate alla persona in sovrappeso che ha numerosi acciacchi e che si rivolge al medico per non sentirli, se questo soggetto smettesse un giorno di assumere questi farmaci il problema riemergerebbe probabilmente ancora più intenso di prima sia perché il soggetto ha perso la resistenza psicologica sia perché non avvertendo più dolori si è limitato anche di meno danneggiano ulteriormente una parte già delicata (la logica del dolore è proprio quella di segnalare un problema e limitarci in tal senso).

Prendere lo psicofarmaco da solo vuol dire andare a spegnere il dolore mentale o quelle emozioni e pensieri alla base del disturbo e poter continuare grossomodo a riavere una esistenza normale, in alcuni casi le ripercussioni sono lievi in altre sono più significative ma nel complesso e in un'analisi di costi/benefici il soggetto potrebbe comunque preferire la strada segnata dal farmaco.

Qui ora è necessario fare una specificazione, in quanto in alcuni casi il farmaco potrebbe essere sufficiente in quanto risbloccando il soggetto e facendolo tornare a vivere questo potrebbe con questa nuova esperienza di vita fare quel cambiamento di personalità necessario, cioè detta in altri termini è possibile che casualmente il soggetto con l'aiuto dello psicofarmaco risolva il problema.

La domanda è a questo punto scontata? Ma perché affidarsi al caso e sperare che una volta che il farmaco ci ridona una vita apparentemente normale non puntare immediatamente ad un aiuto e sostegno psicologico?

Ecco che si ritorna alla visione proposta dall'AB, cioè vedere il farmaco come qualcosa da usare per un periodo di tempo limitato in modo che aiuti sia il soggetto fin da subito a tornare a vivere, sia renda lo svolgimento della terapia più rapido ed efficace.

Ci sono quindi quattro possibili modi di affrontare un disturbo:

-1 non richiedere alcun tipo di aiuto, né farmacologico né psicologico;

-2 richiedere solo un aiuto di tipo farmacologico;

-3 richiedere solo un aiuto di tipo psicologico;

-4 richiedere un aiuto sia di tipo farmacologico che psicologico.

 

L'AB consiglia l'ultimo (ovvero il quarto) e ritiene efficace anche il terzo, ma sconsiglia caldamente sia il secondo che il primo.

Quali sono le conseguenze del secondo tipo di intervento, ovvero quello di richiedere un aiuto di tipo farmacologico?

Sono tre:

- la prima, che è quella che già trattata, descrive una persona che una volta ritornata a vivere riesca casualmente a cambiare e risolvere il problema così una volta che il farmaco viene sospeso ritorna senza problemi alla vita di prima;

- la seconda, che una volta sospeso il farmaco i problemi riemergono, di fatto il soggetto si rende conto che non può scalare il farmaco ma ne è difatto dipendente se desidera continuare a vivere in uno stato di normalità o seminormalità;

- la terza, che è lo scenario peggiore è che si manifesti l'effetto rebound, cioè il soggetto o per un cambiamento di personalità in negativo o per l'acuirsi delle emozioni che prova si ritrova in una situazione di disturbo peggiore di quella in cui era entrato generando il paradosso per cui anche se riprende il farmaco non riesce a ritornare allo stato pre-sospensione.

 

Non ci sono statistiche riguardo a questo ma a livello ingenuo si potrebbe dire che la conseguenza più probabile sia la seconda, a seguire la terza e come meno probabile ci sia la prima ovvero quella positiva.

 

Nel primo caso potrebbero esserci anche recuperi parziali, dove ad esempio il soggetto resosi conto che comunque la cura farmacologica stava andando per le lunghe o perché iniziava ad accusare il colpo delle ripercussioni collaterali, interrompe la cura farmacologica prima che questa possa dare modo e tempo di arrivare ad un cambiamento tale lasciando il soggetto in un cambiamento a metà. In questa categoria quindi vanno considerati anche i recuperi parziali.

Il secondo punto è abbastanza scontato e lineare, la persona si rende conto che non avendo risolto il problema ha bisogno di quel farmaco e ne è di fatto dipendente.

Il terzo punto è quello più complesso in quanto le dinamiche dietro l'effetto rebound sono molteplici, elenchiamoli:

- la prima dinamica la si potrebbe descrivere come il contrario dell'effetto casuale di cambiamento, cioè allo stesso modo di come il soggetto casualmente durante la fase farmacologica cambia di personalità e ottiene un cambiamento, così può ottenere un cambiamento che peggiori la personalità. Questo fenomeno esplode alla sospensione della cura in quanto una volta che la persona ritornerà a soffrire e ritornerà a pensare a riguardo potrebbe arrivare a nuove conclusioni e generare nuovi sentimenti che rendono il tutto ancora più pesante. Pensate ad un ipocondriaco che è riuscisto a sospendere le ossessioni con l'aiuto del farmaco, durante questa fase però è divenuto sempre più insicuro ma questa insicurezza è comunque spenta dal farmaco, c'è ma non si manifesta, una volta che si sospende il farmaco ecco che il soggetto riparte fra paranoie profonde, senso di insicurezza e con la mente non si diagnostica più due malattie ma se ne diagnostica dieci facendo peggiorare il quadro della situazione;

- la seconda dinamica la si potrebbe descrivere come "un'amara realtà inaccettabile", cioè l'effetto terapeutico del farmaco era potenziato da convizioni rassicuranti quali "finalmente me ne libero" o "resisto un altro po' e tutto tornerà come prima". Quando il soggetto vede che sospeso il farmaco il problema si ripresenta ecco che scopre una realtà amara e probabilmente inaccettabile cioè che il farmaco non risolve il problema come aveva ingenuamente sperato o comunque non è stato così fortunato da arrivare ad una risoluzione casuale e quindi potrebbe erroneamente convincersi che non c'è speranza, che è spacciato e questo diviene di fatto una seconda fonte di disturbo rendendo il quadro della situazione ancora più pesante.

 

In conclusione lo psicofarmaco è un sostegno non una cura, l'effetto di cura che si ottiene in alcuni casi è solo una possibile e casuale conseguenza, il ruolo dello psicofarmaco resta quello di un sostegno efficace che ogni psicoterapeuta e psicologo consapevole userebbe.

Questo può essere un indicatore di efficacia e qualità della figura a cui ci stiamo rivolgendo, è sufficiente chiedere "cosa ne pensa dello psicofarmaco" per rendersi conto di chi abbiamo di fronte.

Cosa succede quando una persona sceglie diiniziare un percorso sia psicologico che farmacologico? Che viene seguita sia da uno psicologo che da uno psichiatra, i quali in sinergia daranno rispettivamente un intervento psicologico e farmacologico.

La situazione sarà più o meno questa, si inizia con la terapia e i farmaci e quando lo psicologo vede che la persona ha risolto il problema comunica allo psichiatra la procedura per iniziare a scalare il farmaco.

La ditta che fa una ristrutturazione leva il ponteggio e le strutture di sostegno solo quando sa che la struttura ora non cederà più, stessa cosa qui dove lo psicologo ristruttura mentre lo psichiatra fa in modo che ci sia un sostegno intorno alla struttura.

Quindi in sintesi alla domanda quando si può scalare il farmaco? La risposta è solo quando la personalità è stata modificata e l'aiuto del farmaco non è più necessario. 

Questo spiegherebbe perché le persone anche se si sentono meglio e pensano di poter sospendere lo psicofarmaco in una terapia solo farmacologica di fatto ricrollano perché hanno tolto il sostegno ad una struttura che comunque non è in grado di sorregersi da sé,ed infatti tolto lo psicofarmaco ecco che si sono due possibilità su tre che si ricrolli di nuovo.

 

Un esempio dal web di demoninazzione dei farmaci:

"Ciao a tutti sono Daria e ho 31 anni.All' età di 26 anni mi fu diagnosticata Ansia Generalizza ta dal mio psichiatra e mi curai con Cipralex 10mg al giono con risultati eccellenti.
Dopo 4 anni di assoluto benessere decisi di smettere il farmaco da sola secondo bugiardino e da allora la mia vita è cambiata.
Dopo la dismissione totale nel giro di 4 giorni caddi in una depressione profondissima con pensieri aggressivi e suicidi tutto il giorno.Decisi allora di andare ancora dallo psichiatra che mi diede Paroxentina e mi disse che la molecola è più indicata per depressione e ossessioni.Arrivai alla dose di 50mg al giorno ma niente,allora in 15 giorni passai da 50mg a 10mg e la sostituii con Sertralina.Sempre ai massimi dosaggi non avevo risposta,cosi insieme al mio psichiatra decisi di passare ancora Cipralex.
Come mi aspettavo anche Cipralex fallisce e il mio psichiatra decide di farmi passare da 20mg al giorno a 0 in 15 giorni.
Lui mi propose il ricovero in clinica ma io ho rifiutato semplicemente perchè ho capito che gli psicofarmaci non funzionano,o meglio sembrano funzionare ma poi ti mollano e tu rimani li nella tua crisi senza capire che sta succedendo.
Posso affermare che tutti gli effetti collaterali classici sono verie arrivano in 2 giorni dalla dismissione totale + le scosse in testa,stanchezza aggressività e un senso di esasperazione totale.
Io sono 8 giorni che patisco l'inferno vero e proprio e non so quanto durerà ancora ma sopporterò.
In conclusione vorrei dirvi che se mai uno psichiatra vi offra di prendere un farmaco,per favore dite no,vi prego,fatelo per voi stessi e non siate stupidi come me.Andate da un buon Psicologo e tutto si risolverà solo con il tempo e la buona volontà.
Vi prego non fate il mio stesso errore."

 

 

L'efficacia massima dello psicofarmaco e l'efficacia limitata

L'efficacia massima è nelle emozioni inconsce, il soggetto che soffre per dei condizionamenti si sente rinascere in quanto finalmente prova cosa significhi avere a che fare solo con la propria mente conscia senza questi residui derivati da condizionamenti e traumi dell'infanzia.

L'efficacia limitata la si trova invece nei disturbi consci, cioè il soggetto soffre ed è disturbato da quello che pensa, dalla sua percezione delle cose, in questo caso il farmaco non può spegnere quei pensieri ma va comunque a fare in modo che quei pensieri producano meno sofferenza.

Nell'articolo per comodità non è stato trattato questo argomento, ma nelle situazione di disturbo inconscio il farmaco potrebbe essere sufficiente anche in questo caso a risolvere il problema da solo, in quanto farisce il decondizionamento.

Questo punto non è stato trattato nell'articolo per non alimentare confusione e false aspettative in quanto la quasi totalità dei disturbi che spingono un soggetto a rivolgere ad una figura professionale è di causa conscia, in quanto quelli inconsci sono facilmente superabili anche da soli.

 

 

 

Una dipendenza farmacologica accettata

Il farmaco è anche l'unico strumento possibile a quelle persone che per mancanza di tempo, mancanza di motivazione o convinzioni personali non hanno intenzione di cambiare la loro personalità, andare alla causa del problema. Queste persone potrebbero non aver alcun problema ad accettare di vivere con un farmaco e non perdere mai tempo, risorse o altro nello scavare e arrivare alla radice del problema. Questo avviene specialmente in quei casi dove il soggetto ha minimi effetti collaterali e con il farmaco pensa di condurre una vita normale e appagante.

 

 

 

Un esempio dal web di dipendenza da psicofarmaco:

"Buongiorno, sono un soggetto di 50 anni sposato e non ho mai avuto la percezione di essere un soggetto ansioso, sino al circa un mese fa quando per disturbi fisici legati ad un forte stato d'ansia, sono finito in ospedale.
Mi hanno diagnosticato una forma non grave di attacchi di panico e di ansia.
Mi sono recato dal mio medico curante che mi ha prescritto Alprazolam 0,50mg mattina e sera.
Leggendo il bugiardino, valutando la posibilità di andare in dipendenza dal farmaco, non l'ho assunto ma le crisi erano sempre più frequenti, con pensieri di autolesionismo molto forti.
Mi sono recato da un neurologo che mi ha prescitto: Paroxetina 10 gocce a sera e Escitalopram 10 mg una compressa al mattino.
Alla prima assunzione della paroxetina, mi sono svegliato con un profondo senso di angoscia, tremore, oppressione toracica, respiro corto e con tanti pensieri che non riuscivo a frenare. Ho assunto subito come prescritto l'escitalopram, ma la situazione è peggiorata.
Il neurologo era andato in ferie e non l'ho potuto contattare.
Alla sera, dopo una giornata di continue crisi, ho deciso di prendere L'alprazolam con un effetto benefico immediato, ho provato senso di benessere e la situazione psicofisica decisamente migliorata.
La mattina seguente, mi sono svegliato con crisi mattutine ed ho assunto come prescritto dal mio medico curante un altra compressa di Alprazolam e nel giro di pochi minuti ho avuto gli effetti positivi e sono riuscito a vivere la giornata in maniera serena e senza crisi.
Poi ho deciso di assumere tale compressa, eliminando gli altri farmaci, una sola volta al mattino e la mia qualità di vita in questo periodo è stata eccellente.
Ora mi sento confuso, poichè ho provato a smettere per un giorno L'alprazolam con un effetto devastante, alla riassunzione regolare mattutina, la mia situazione si è stabilita.
Ma devo vivere con questa pillola?
Devo fare la terapia del Neurologo magari assumendo anche l' Aprazolam?
Io voglio guarire e ne ho tutta l'intensione."

 

 

 

 

 

Il paradosso odierno dell'ignoranza e falsa speranza

Probabilmente la maggior parte delle persone che assume lo psicofarmaco non riesce a capire il concetto di personalità, per cui si assume il farmaco e non vede l'ora di poterlo sospendere, come se pensasse che quel farmaco avesse fatto l'effetto che fa un antibiotico che tolta l'infezione si sta meglio.

 

 

Appunti:

 Responsività alla terapia farmacologica, la terminologia psichiatrica

Il problema degli interessi farmaceutici e le definizioni inaccurate, tentando di trasformare il normale in malattia, instillando paure remunerative.

ultima modifica il: 14-11-2019 - 13:44:52
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