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- Temperanza -
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"L'unico modo per non essere severi con se stessi è quello di capire che in realtà seguendo le emozioni del momento non abbiamo fatto un danno così disastroso, è più facile perdonare qualcosa se riesci a vedere che alla fine si può andare avanti lo stesso. Il danno più grande è quando si seguono le emozioni puntualmente, lì si fanno i danni, ma cedere ogni tanto è umano"

Cos'è la temperanza?

 (dualismo temperamento/temperanza

se non paghi il prezzo della temperanza, paghi il prezzo del rimpianto

la capacità di resistere all'emotività del momento, il contenimento emotivo

collegare con ponderare, guardare al dopo, alle conseguenze,

se provo emozioni intense devo cercare di pensare, attivare il pensiero e resistere, frasi che aiutano la temperanza, una sorta di creazioni di risposte automatiche che spingano alla temperanza e non cedano alla pressione emotiva del momento

Livelli di temperanza, uno che esplode alla prima provocazione, uno che esplode alla quinta. La temperanza non è solo riuscire ad impedire l'impulso o il parossismo ma anche calcolarne l'abilità e quanto si resiste in situazioni estreme)

La temperanza è l'abilità che un soggetto sviluppa nel chiedersi prima di ogni azione se ciò che sta per fare è un bene o un male arrivando a sospendere l'azione o modularla affinché da male si trasformi in bene.

Per capire meglio la temperanza è necessario rendersi conto che l'azione non è sempre una scelta del momento ma in numerosi casi è spinta dalle emozioni, pensate a quando state arrabbiati e iniziate a dire parolaccie o parole di cui dopo vi pentite, non è così facile resistere a quella spinta dettata dalla rabbia e riuscere a fermarsi, riuscire a contenersi è detto per l'appunto temperanza.

Temperare il proprio comportamento vuol dire non seguire l'emozione in modo impulsivo ma interrogarsi e riflettere se sia il caso seguirla o meno, o seguirla con delle modifiche.

La temperanza si distingue nettamente dal contegno perché mentre la temperanza segue regole di razionalità e funzionalità il contegno segue invece delle regole sociali o autoimposte che nulla hanno a che vedere con il reale benessere del soggetto.

Esempio una donna ha voglia di avere rapporti sessuali ma si mette a colcolare tutti i possibili pro e contro di tale desiderio, se ascoltarlo, come seguirlo, questa donna è temperante, mentre un'altra donna nel momento in cui prova questo desiderio subito inizia a sentirsi in colpa e sente una vocina dentro di sé che le dice "non si fa, non seguire queste cose, fanno di te una cattiva ragazza". 

La differenza è abissale e spiegherebbe anche perché alcune persone sembrino avere una parvenza di temperanza quando in realtà sono solo soggetti inibiti da un'educazione oppressiva o da un condizionamento esperienzale che li ha adattati ma senza comprendere.

Il soggetto temperante è colui che prima di ogni azione ci riflette e se capisce che ciò che sta per fare è un male (nel lungo periodo) riesce a regolare le emozioni che prova in modo da avere un comportamento differente, migliore in un'ottica futura.

In altre parole si definisce temperante chi riesce a fermarsi a pensare prima di inseguire un'emozione per chiedersi se le azioni conseguenti a quel comportamento possano avereconseguenze negative.

A livello tecnico la temperanza richiede due abilità differenti:

- sinderesi puntuale (o comunque continuativa), il soggetto si fa questa domanda di bene o male (sinderesi) ogni volta che sta per agire;

- regolazione emotiva, la capacità di intervenire sulle sue emozioni in questo caso per fermare ciò che sta per fare.

Il primo punto ci ricorda che la temperanza è di chi vive nel futuro oltre che nel presente, sa che la sua vita non è uno sterile fluire di momenti presenti ma che ciò che viviamo è frutto anche delle scelte prese in passato, prendere puntualmente scelte positive per il futuro ci garantisce di vivere una vita felice, di avere tanti bei momenti presenti nell'avvenire.

La temperanza si porta dietro il concetto di lungimiranza e prevenzione, parlare di temperanza implica possedere questi due concetti, crederci e investire in essi.

Il secondo punto viene enormemente facilitato dal primo, il solo fatto di aver stabilito che ciò che si sta per fare è un male aiuta il soggetto a regolarsi, ma a volte non basta e si ha bisogno di regolare ulteriormente.

 

Ad esempio un soggetto ha moltissima fame e ha voglia di un dolce ipercalorico, il soggetto sta facendo una dieta e si rende conto che la sua emozione lo spinge verso qualcosa che danneggia il suo obiettivo, allora il soggetto si prepara una macedonia leggera ma comunque saporita e la mangia smorzando la fame e impedendo a quel comportamento emotivo di danneggiare il suo obiettivo.

I modi in cui il soggetto è temperante sono numerosi, il soggetto cerca di regolare l'emozione nei modi che conosce.

Si definisce intemperante sia chi fallisce nel tentativo di regolarsi e fermare il comportamento emotivo, sia chi nemmeno si pone il problema del dove lo porterà quell'emozione se inseguita.

Questa parola ai giorni d'oggi è scomparsa ma è fondamentale a livello esistenziale tanto che non si può essere stabili senza temperanza, come si può vivere e costruire la propria vita se si viene continuamente trascinati da degli impulsi che ci portano ad agire diversamente?

Ma esattamente come si fa ad essere temperanti? La risposta è nella regolazione emotiva, cioè nel fatto che il soggetto sviluppa delle abilità tali da riuscire ad arginare le sue stesse emozioni, dei "trucchetti" per dirla nel linguaggio comune, dove ad esempio ogni volta che prova un'emozione intensa si "sdoppia" e si guarda dall'esterno, come se fosse uno spettatore e si dice "vorresti davvero che gli altri ti vedessero così?" in modo tale da bloccare qualsiasi azione.

Esistono infiniti modi per regolare le emozioni, ogni persona tende a svilupparene di diversi che sono efficaci per loro.

 

Fra i più significativi troviamo:

- creare un'emozione per il solo fatto di guardare al danno che produce inseguire quell'azione,senza necessariamente dargli un peso maggiore di quello che ha, non distorcendolo o ingigantendolo. In questo modo si crea un'emozione che aiuta a resistere alla spinta emotiva;

- neutralizzare l'emozione che ci spinge a quell'azione.

 

Qualcuno potrebbe dire a questo punto "ma come faccio a resistere all'emozione di arrabbiarmi e trattare male?" la risposta è che si può, anche se al salire dell'emotività diventa sempre più difficile e richiede abilità di temperanza maggiore.

 

La temperanza corrisponde a ciò che comunemente viene detto "conta fino a tre prima di parlare/fare", come a dire non cedere all'impulso, non seguire le emozioni in modo rapido, quando avverti una spinta emotiva fermati e riflettivi sopra, chiediti dove ti porterà, se ti conviene, non pensare solo a soddisfarti emotivamente, nelle emozioni positive o emozioni negative, calcola l'impatto che quel comportamento avrà.

 

La persona che ha questa caratteristica di personalità riesce ad avere obiettivi stabili, andare avanti nonostante possano accadere eventi negativi e spiacevoli, resistendo a queste tempeste nel migliore dei modi.

Non solo, il soggetto non cede a tutte quelle voglie che sebbene gli diano piacere al momento distruggano gli obiettivi a lungo termine che si pone.

 

La temperanza produce moderazione, un comportamento differente da quello spinto dalle emozioni o produce una sospensione dell'azione, il soggetto elimina completamente il comportamento dettato dall'emozione.

Un soggetto temperante non esagererà mai, seguirà le emozioni ma mai al punto che queste siano un male, da fuori quindi il soggetto apparirà come moderato, cioè uno che si sa godere la vita senza farsi del male, senza esagerare.

Qual è il collegamento fra temperanza e resilienza?

 

 

Un surrogato di temperanza è la morigeratezza, vivere una vita lontano da ciò che produce emozioni intense, seguita da persone che non avendo temperanza hanno come unica alternativa possibile quella di evitare ciò che non saprebbero contenere,

Si legga stabilità per approfondire

 

Nella temperanza c'è la regolazione emotiva? Si, si regola il comportamento indotto dall'emozione con lungimiranza.

 

Fonti per approfondire:

https://www.stateofmind.it/2019/05/rivincita-dellautocontrollo/

 

 

"Mi capita spesso che dopo un evento ansiogeno, di essere bombardato da emozioni (ansia, paura, etc) e relativpensieri (negativi) che però riconosco come disfunzionali, cioè per esempio esagerati (come appunto l'ansia) e che mi portano quindi a fare delle scelte sbagliate (come per esempio rinunciare a progetti, non agire, etc).

Mi chiede se c'è un modo o esistono delle tecniche per poter gestire queste emozioni e pensieri, evitare agire d'impulso, in maniera irrazionale, sulla base di ansie e paure disfunzionali/esagerate/etc.

Mi chiedo se esiste un modo per valutare delle situazioni, problematiche, eventi in modo più razionale, sotto diversi punti di vista, rispetto a quelli spinti d'istinto spinti dall'ansia, dalla paura, dalla fs, che spesso portano a scelte stupide e irrazionali."

 

DA RIVEDRE

 

Collegare con i quattro tipi di comportamento

 

 

 

Con il termine temperanza si descrive un fenomeno psicologico fondamentale per il benessere umano. Di quale fenomeno stiamo parlando? Di quel fenomeno in cui il soggetto modera o sospende qualsiasi comportamento che possa danneggiarlo nel futuro. Non stiamo parlando di semplice responsabilità, dove la persona sa che ciò che fa ha delle conseguenze, ma di collegare quelle conseguenze a chi si vuole essere, i propri progetti di vita, l'impatto che avrà sul proprio benessere e di conseguenza interevenire per impdire che il proprio comporamento presente possa danneggiare il proprio futuro. In particolar modo la temperanza impedisce al soggetto di cadere in comportamenti edonistici, lussuriosi o parossistici. La temperanza non è solo moderazione a volte si basa anche sull'evitare completamente azioni che danneggiano il nostro io futuro, i nostri obiettivi futuri, ciò che vogliamo essere. La temperanza può esistere solo se il soggetto è lungimirante e riflessivo, ha progettato la sua esistenza futura, sa chi vuole essere e quindi interviene sistematicamente, riflettendo, sulle azioni presenti, anche quelle non collegate al suo scopo, che in qualche modo potrebbero però danneggiarlo.

Perché l'edonismo è un problema?

Perché il parossismo è un problema?

Perché la lussuria è un problema?

Nella temperanza il soggetto misura ogni singola azione e vede se questa potrà danneggiare il suo futuro, nella temperanza il soggetto non lascia ad esempio che un piacere immediato lo porti a procrastinare.

 

La temperanza ha un senso se il soggetto è costante nel costruirsi la sua esistenza, se non ha costruito nulla o non ha nulla da costruire la temperanza perde di utilità. 

 

 

DA AGGIUNGERE EX RESILIENZA

DA RIVEDERE

 

Si definisce resiliente una persona che nel momento in cui prova emozioni negative, in cui prova dolore, non lascia che questo prenda il sopravvento, portandolo ad azioni che lo danneggino ulteriormente.

Da un punto di vista tecnico la resilienza si può definire come la pazienza applicata all'influenza distruttiva che alcune emozioni negative hanno su di noi, la persona resiliente è colei che non segue la spinta emotiva negativa.

La resilienza ha due conseguenze, la prima è che il soggetto non peggiora la situazione, in qualche modo argina i danni che ci sarebbero stati se avesse ulteriormente seguito la spinta di quelle emozioni, la seconda è che se il soggetto ha degli obiettivi, ha un percorso da seguire la resilienza è fondamentale perché le emozioni negative non solo ci possono spingere a peggiorare il dolore, esacerbare la situazione, ma anche a danneggiare quegli obiettivi, allontanandoci da essi.

Immaginate questo scenario, succede una cosa che ritenete grave e la prima cosa che fate è piangere, disperare, urlare o spaccare roba. Che impatto ha questa reazione? Nel migliore dei casi nullo, lasciando il problema intatto, nel peggiore dei casi la situazione diventa ancora più grave, la peggiorate e nel caso più estremo la vostra reazione danneggia i vostri obiettivi di vita.

La resilienza è  resistere a quel vortice negativo, non cedere alla tentazione di lasciarsi buttare giù, di avere reazioni distruttive, che sebbene possano essere viste come sfogo in realtà non vi aiutano praticamente in nessun modo.  

La resilienza diventa indispensabile in eventi traumatici, cioè in eventi collegati a danni significativi per il soggetto, in quanto sono gli eventi che più di tutti scatenano emozioni negative e quelle che potrebbero spingere il soggetto ad avere reazioni ancora più disfunzionale.

Il soggetto resiliente non lascia che ciò che provi alteri il suo percorso esistenziale, non lascia che quell´episodio lo danneggi ulteriormente fra comportamenti rabbiosi e/o depressivi o di qualsiasi altra natura emotiva negativa collegati al trauma stesso o alla fonte di emozioni negative, ma non solo agisce fin da subito e nel modo più rapido possibile per eliminare il danno o comunque arginarlo.

La resilienza si misura in base a quanto il soggetto riesce ad arginare la spinta delle emozioni negative, la resilienza massima coincide nel non cedere minimamente e la risilienza nulla nel cedere completamente, nel mezzo ci sono tutte sfumature di resilienza possibile nel soggetto.

La resilienza massima la si ha quando il soggetto non viene minimamente intaccato dall'evento negativo, si rialza immediatamente e continua a vivere la sua vita mentre lotta con l'evento negativo per fronteggiarlo.

Un soggetto non resiliente o scarsamente resiliente si rivedrà in queste parole "tirare fuori il peggio di sé quando servirebbe il meglio di sé", l'assenza di resilienza produce il fenomeno della fragilità, evidenziando il crollo del soggetto, l'andare in frantumi invece di essere una diga che argina la spinta delle emozioni negative, si lascia travolgere, non è abbastanza forte da resisterle.

La resilienza non va confusa con il concetto di fronteggiamento, cioè l'atto in cui il soggetto affronta l'evento negativo, le cause, tenta di risolverlo, la resilienza aiuta nel fronteggiare, più una persona è resiliente prima partirà nel fronteggiare risultato più risoluta.

 

Una domanda potrebbe essere "Riesci a portare avanti i tuoi obiettivi quando succede qualche evento negativo o ci riesci solo quando stai bene? Quanto tempo ci metti a ripartire dopo che accade un evento negativo?"

Per comprendere il concetto di resilienza è sufficiente considerare due fenomeni noti:

- il primo è quello della rabbia, quante volte di fronte ad un evento negativo si è risposto con rabbia peggiorando le cose, creando ulteriori danni oltre quelli che già erano avvenuti? Prendendosela ad esempio con chi non c'entrava nulla?

- il secondo è la depressione, quante volte di fronte ad un evento negativo ci si è lasciati buttare giù, smettendo di fare quello che facevamo, di portare avanti la nostra esistenza e quindi danneggiandoci ulteriormente?

La resilienza è l´opposto dell´insofferenza, nell´insofferenza il soggetto lascia che il dolore che prova abbia la meglio, nella resilienza invece il soggetto immediatamente "si rialza" e reagisce al dolore riprendendo in mane il timone della sua esistenza.

La resilienza, al contrario di quanto comunemente si creda, è più orientata ad impedire che la sofferenza o qualsiasi altra emozioni negativa crei altri danni e problemi tramite la reazione che questa sofferenza ci spinge ad avere, nella resilienza si punta cioè a contenere immediatamente i danni e a porre come priorità quella di continuare a vivere la propria vita nonostante il danno subito, considerando se sia il caso o meno di voltare pagina o riparare i danni di ciò che si è accaduto.

La resilienza per avvenire necessita che il soggetto abbia sviluppato e abbia chiaro in mente tre cose:

- la prima è lo scopo o obiettivi a lungo termini, se non si hanno degli obiettivi chiari, se non si ha un futuro da seguire e costruire, non può esserci resilienza, non c´è nessuna direzione da mantenere, non c´è qualcosa che può essere danneggiata ulteriormente, il soggetto vive in un presente senza futuro;

- la seconda è una personalità atarassica, cioè allenata a riconoscere i parossismi, gli attimi in cui le emozioni, specialmente quelle negative, tendono a prendere la meglio e opporvisi immediatamente, resistendo a quelle spinte disfunzionali che sebbene siano considerabili umane, sono comunque da superare;

- la terza è l´ottimismo, il soggetto resiliente è tale perché ha una personalità ottimista, che è in grado di guardare al futuro, di comprendere che c´è comunque una soluzione e poter ricostruirsi una nuova vita nonostante il danno, superandolo, annullandolo, eliminandolo o qualsiasi altra strada si riesca a trovare.

 

La resilienza è quindi una conseguenza, una volta che il soggetto ha sviluppato atarassia, ha sviluppato uno scopo e ha imparato l'ottimismo non gli servirà nulla, anzi di fronte ad un evento negativo sarà quasi automatico una reazione resiliente.

Quando vediamo una persona insofferente, una persona non resiliente, non serve a nulla dirgli "ma devi essere resiliente, non devi reagire così" ma l'unica cosa che si può fare è analizzare la sua personalità e capire cosa manca affinché sia resiliente.

 

La resilienza nel trauma

Una persona priva di scopo, per assurdo, soffre ancora di più per un evento traumantico perché non avendo un futuro vive nel presente, è l´unica cosa che possiede e nel momento in cui vede il suo presente danneggiato soffre ulteriormente, viceversa una personalità resiliente con un proprio scopo di vita, vive in modo meno traumatico gli eventi negativi proprio perché è già propensa al futuro, non è intrappolata nel presente.

Questo ci fa comprendere come lo sviluppare una personalità resiliente, renda l´esperienza negativa stessa più gestibile, meno traumatica a parirà di impatto esistenziale.

La resilienza non va confusa con l´abilità del soggetto di agire nonostante la paura che avvenga un danno, nell´incertezza e quindi con l´ansia, superando così la zona di comfort. La resilienza è come ci si comporta dopo che è successo qualcosa di grave non quando si ha paura che succeda, non ha niente a che fare con l´affrontare dei possibili rischi.

 

La resilienza non ha nemmeno a che vedere con il riuscire a superare le avversità e gli ostacoli che si frappongono fra il soggetto e i suoi obiettivi, la resilienza ci dice solo che un soggetto è in grado di superare il trauma, qualsiasi esso sia.

 

La resilienza si potrebbe immaginare come il sistema immunitario del cervello, quando il nostro corpo viene attacato da un agente patogeno reagisce, così un soggetto resilinte diventa in grado di reagire al trauma, per quanto questo possa essere distruttivo, proprio perché non si lascia influenzare negativamente da esso.

Il problema principale è che mentre quasi tutti nasciamo provvisti di un sistema immunitario e non c´è niente che occorra fare, nessuno nasce resiliente e sopratutto non c´è nessun organo statale che abbia il compito di insegnare la resilienza al soggetto.

Quei pochi che sviluppano resilienza lo fanno casualmente o perché il loro percorso di studi per lavoro o interesse l´hanno portati a leggerlo e a farlo proprio, tutti gli altri si ritrovano a passare momenti bui, perdendo tempo e danneggiandosi ulteriormente, altri ancora pefino non ne escono più rimando intrappolati in un circolo dove con il loro modo di reagire a quell´evvento sprofondano sempre di più dell´oblio.

 

La resilienza fa la differenza fra chi spronfonda in disturbi quali depressione, ossessione e tutte quelle patologie collegate ad eventi traumatici e chi invece si rialza e va avanti nella propria vita superando tale evento completamente.

  

La resilienza è un evento complesso, richiede che il soggetto trovi il modo di reagire al danno, resista alle emozioni negative, sia ottimista e quindi conservi una lucida visione del futuro che lo motivi.

 

 

Qual è il collegamento fra rimuginazione e resilienza?

La resilienza solitamente tende a presentarti in corrispondeva dell'evento traumatico stesso, cioè il soggetto è chiamato a reagire nel momento stesso in cui ciò accade. Se non lo fa dà il via a quel periodo dove la reazione peggiora il quadro, ma comunque questo periodo potrebbe finire da sé, senza particolari interventi ritornare ad una situazione di pseudo normalità, senza che quel trauma sia mai stato realmente risolto.

Questa situazione si manifesterebbe con rimuginazioni, più o meno frequenti, dove il soggetto con la mente ritorna a quel momento, spinto da un inconscio che tenta di difendersi dal fatto che quell'evento possa ricapitare o che comunque lo stesso trauma possa riaccendersi, spingendo il soggetto a risolvere definitivamente tutto ciò che è collegato a quell'evento.

 

Qual è il collegamento fra resilienza e pensieri negativi?

Innanzitutto è necessario dare una definizione di pensiero negativo, si definisce pensiero negativo quel tipo di pensiero indotto dall'emozione stessa e che, complice l'assenza di lucidità e/o di razionalità, conferma l'evento e contribuisce ad accentuare l'emozione negativa stessa ed impedire che il soggetto usi la sua coscienza per intervenire, in quanto è intrappolato in una distorsione.

L'esistenza dei pensieri negativi rivela che una delle difficoltà principali è che di fatto si è in lotta con se stessi, la stessa resilienza non è qualcosa che si può svolgere in modo lineare ma è una vera e propria battaglia interna affinché il soggetto usi le proprie facoltà mentali a suo favore e non contro se stesso. Una lotta difficile da vincere se la persona non ha investito su di sé, sulla propria crescita, sulla comprensione del mondo. Quanto meno si capisce se stessi, il mondo, cosa accade quanto più il soggetto si ritroverà a lottare con quelli che si potrebbero definire come "pensieri negativi" cioè pensieri che fanno soffrire, che alimentano il parossismo, la rabbia e la depressione, impendendo al soggetto di essere resiliente in modo efficace.

 

Una persona, anche se resiliente potrebbe rimanere bloccato in una morsa di dolore e non farcela, almeno inizialmente a sconfiggere con qualcosa che supera le sue abilità.

 

 

La resilienza è quanto più difficile quanto più sono le emozioni negative del soggetto e la tentazione o l'errore di concludere "è tutto finito".

Prendiamo questo racconto

"Sopportare una vita rovinata

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se qualcuno ha delle idee o ha dovuto affrontare una situazione simile, come si fa a convivere giorno dopo giorno con un'esistenza distrutta, a portarsi dietro una vita rovinata da anni ormai ? ...resistere con questa realtà che ti segue ovunque e qualunque cosa fa".
 
 
Le parole usate e il senso di questo messaggio fanno capire come il soggetto guardi al futuro come se non ci fosse soluzione, l'assenza di ottimismo rende tutto più pesante da accettare, questo ci fa capire come sviluppare ottimismo sia fondamentale per anche per la resilienza, guardare ad un futuro migliore possibile da costruire dà quella energia necessaria a superare qualsiasi evento negativo del passato e del presente.

 

Dove si trova la motivazione? Nella conoscenza del danno, nella percezioen di quanto sarebbe peggio lasciare che l'inazione, eliminado gli errori di pessimismo, iniziando a sviluppare ottimismo, nel capire esattamente che la depressione è il frutto di una scelta di arrendersi, che invece si può combattere (anche con l'aiuto di psicofarmaci) per superare il dolore, per costruire qualcosa, pensando al dopo e non al mentre.

 

Resilienza e stress

Cosa succede quando c'è troppo stress? resilienza e stress?

 FINO A QUI

 (pazienza e parossismi, rendersi conto che a volte espriemre le emozioni solo perché intense, specialmente nel momento non paga)

 

- pazienza, frustrazione. Più un soggetto sa pazientare meno frustrazione prova e maggiori sono le probabilità che riesca a portare avanti attività sul lungo periodo, ma anche resistere a motivazioni impellenti che cambierebbero gli obbiettivi. La pazienza è alla base della razionalità forte. La pazienza probabilmente nasce dalla possibilità del soggetto di mettere la propria esistenza in prospettiva nonostante le pressioni emotive del momento e guardando comunque al da farsi per il futuro come priorità, percependo una motivazione maggiore a resistere alle pressioni del momento per vantaggi futuri;

 

- Sopportazione, una specifica forma di pazienza notevolmente diffusa che un soggetto porta avanti nel versante della stizza e della rabbia in contesti non compatibili ma duraturi. Ad esempio si sopporta un partner nei suoi punti negativi non arrabbiandosi con esso nonostante ci faccia provare stizza. La sopportazione nasce dalla presa di coscienza che non si può cambiare la situazione o la si manda avanti con sopportazione o la si chiude, infatti quando il soggetto cede a tale stizza e si arrabbia si rende conto che in reatà l´unico ad averci rimesso è lui perché non ha risolto nulla se non peggiorando la situazione, l´unico guadagno è lo sfogo di un momento e nient´altro.

 

Qual è la differenza fra tolleranza e sopportazione? Si tollera la vicinanza con un soggetto verso il quale non c´è alcun interesse, il meccanismo è lo stesso, solo che qui non c´è un interesse di fondo verso l´altro, solo la sopportazione data dalla vicinanza e dei danni che questa vicinanza può far percepire al soggetto. La tolleranza è ciò che c´è fra accettare qualcuno e percepirlo come deviante da sé.

 

 

Si definisce stress qualsiasi episodio venga percpeito come un danno dal soggetto e quindi spinge ad una risposta ed una reazione, si parla di esaurimento per evidenziare come una mole eccessiva di stress potrebbe finire le risorse psicologiche e fisiche del soggetto portandolo a non essere più resiliente o non avere più sopportazione.

L´esaurimento della resilienza porta il soggetto a non opporsi più a quegli eventi engativi e quindi lascia che la sua esistenza venga alterata da quella sofferenza. La resilienza nella depressione, la cosa più difficile che esiste?

L´esaurimento nella sopportazione, porta a numero episodi di rabbia fino a distruggere quel rapporto o quell´obbiettivo anche se l´iniziale obbiettivo era di conservarlo e di sopportare.

 

L´esaurimento della resilienza non va confuso con la rassegnazione, mentre nella rassegnazione il soggetto non insegue più un obbiettivo per la sofferenza che questo produco o perché crede di non poterlo fare, nell´esaurimento della resilienza accade qualcosa di diverso, il soggetto prova delle emozioni per degli eventi negativi che accadono e smette di "opporsi ad essi e gestirli" questo fa si che il soggetto rimanga in balia di emozioni negative e dei pensieri automatici che ne derivano, si lascia sopraffare da tutto e questo altererà inevitabile la sua esistenza.

 

 

"Gli eventi traumatici cambiano l´essenza di una persona?
E se sono reiterati,possono portare a cambiamenti estremi e pericolosi?
O pensate invece che la sofferenza migliori la persona?
Secondo me ci sono certe sofferenze vissute che se non ben elaborate,cambiano la persona in peggio.
Le sfighe che capitano rendono piú cattivi,rosiconi,sprezzanti.Insomma il cuore si fa di pietra."

 

 

ultima modifica il: 12-09-2020 - 17:09:59
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