Cos'è un conflitto?
Si definisce conflitto quel fenomeno emotivo interno al soggetto dove le emozioni che si provano spingono in due direzioni opposte, esempi comuni di conflitto sono la paura di entrare in un negozio, da una parte la voglia di comprare e dall'altra di entrare in un posto sconosciuto, la paura di come comportarsi, etc...
Nel conflitto il comportamento risultante tende solitamente ad andare a favore dell'emozione più intensa, cosa che nell'essere umano è complicata in quanto la stessa coscienza è in grado di generare emozioni, di modularle e regolarle, difficilmente si presenta lo stesso conflitto allo stesso identico modo.
Nel mondo animale la cosa è relativamente più semplice in quanto le emozioni sono frutto per lo più di stimoli e condizionamenti, non c'è una coscienza di mezzo che con il suo dialogo interiore crea e regola le emozioni.
Si parla di conforto o di sconforto per evidenziare come in un conflitto già esistente elementi esterni al soggetto possano aiutarlo o "buttarlo giù".
Un soggetto che tramite un esterno riesce a vincere il conflitto parlerà di aver ricevuto conforto, viceversa uns oggetto che tramite un esterno perde il conflitto, sentendosi ulteriormente "buttato giù" parlerà di essere stato sconfortato.
Le persone in fase di conforto tendono a definirsi come "scattose" perché se tentano di agire si rendono conto come il conflitto stesso e le emozioni in gioco siano un freno, sia nel fare che nel pensare e riescano solo in alcuni momenti ad agire, vivendo il tutto come uno scatto, cogliendo quella breve parentesi dove riescono ad agire perché c'è un'emozone intensa che li porta a vincere e quindi l'azione esce fuori in modo emotivo.
Pensate al soggetto inibito che ha paura di parlare e di dire ciò che pensa, l'altro però poi dice uqlacosa che lo fa arrabbiare e tramite l'intensità della rabbia vince il conflitto interiore e inevitabilmente, la forza stessa della rabbia lo farà agire come di scatto, come di qualcuno che prima era "0" e poi di colpo passa a "100".
Il soggetto che vince il conflitto interno si definisce coraggioso, anche se è facile rendersi conto che il coraggio altro non è che il trovare o un'emozione più intensa che vinca la paura o trovare il modo di indebolire la paura.
Se provo un'emozione di paura che mi frena, o la vinco con un'emozione più intensa o la diminuisco in modo che le emozioni a fare che già provo diventino più forti.
Il conflitto può essere anche enormemente complesso, provare dentro non due ma più emozioni conflittuali, non c'è sempre solo una spinta a fare e una a non fare, a volte le spinte a fare e a non fare potrebbero essere più di una.
La fenomenologia sul conflitto è talmente diffusa e frequente che sono stati dati dei termini univoci a specifiche varianti del fenomeno:
- inibizione, si parla di soggetto inibito laddove il soggetto che da una parte ha una motivazione a procedere cosa, ma le motivazioni contrarie all'azione sono più intense e di fatto il soggetto resta nell'inazione;
- ritegno, la persona ha delle motivazioni ad agire ma al tempo stesso percepisce che quelle azioni avranno conseguenze nel futuro negative (sia che siano distorte sia che non lo siano) la persona ha un desiderio e al tempo stesso motivazioni a non farlo, lo ritiene sbagliato. Nel ritegno l'inibizione compare perché il soggetto pensa alle conseguenze. Il ritegno è concettualmente differente dall'inibizione perché mentre quest'ultima si basa sul fatto che sia le motivazioni ad agire e quelle a non agire sono nel presente, sono contemporanee, nel ritegno le motivazioni a non agire fanno parte del futuro percepito. Il ritegno è un conflitto fra una motivazione e fare e un dovere a non fare futuro, l'utilità di questo concetto sta nell'evidenziare rapidamente che le persone che non pensano al futuro non hanno ritegno, il ritegno è frutto di un senso di responsabilità o di un senso del dovere condizionato. Il ritegno viene percepito dal soggetto come un vantaggio, ad esempio una donna che vuole arrivare vergine al matrimonio troverà di aiuto la paura di parlare con i maschi, la paura di spogliarsi, aiutandola così a resistere alla tentazione di fare sesso. Nel ritegno il soggetto vede il conflitto e l'inibizione come un aiuto, da qualsiasi parte esso provenga;
- contegno, la persona inibisce intenzionalmente e in modo istintivo/condizionato parte del proprio comportamento riducendolo ma non annullandolo del tutto perché crede che sebbene lo desideri, non vada bene così come verrebbe fuori in modo autentico. Il soggetto si contiene senza che vi sia una motivazione razionale di fondo;
- remora, indica un conflitto vinto ma che comunque produce un comportamento influenzato dalle motivazioni contrarie, il soggetto agisce come frenato, influenzato da ciò che teme anche se ha vinto o comunque influenzato dalle altre motivazioni. La remora è di chi anche se appare fluente nei modi di fare in realtà in parte è frenato, non sta facendo tutto o non completamente la sua volontà. Ad esempio un uomo potrebbe dire alla sua amente "so che sei sposata e questo un po' mi frena, se ti sapessi libera probabilmente farei molto di più";
- impacciato, a differenza della remora che in qualche modo limita, si parla di impacciato quando non c'è un freno ma una vera e propria perdita di efficacia, il conflitto interno altera la performance rendendola insufficiente;
- Esitare, evidenzia in modo aspecifico qualsiasi conflitto prima dell'azione, il soggetto non riesce ad andare avanti per il conflitto interno. L'esistazione descrive una "inibizione immediata e momentanea" che poi viene superata, il fatto di essere stato fermato solo all'inizio dal conflitto interno;
- restio, descrive lo specifico fenomeno di chi riceve una richiesta esterna ad agire che al tempo stesso non è disposta a fare, il soggetto restio ha un conflitto fra esterno e interno e vince l'interno;
- tentennamento, concetto simile a quello di esitazione ma che si manifesta non all'inzio ma nel corso d'opera, un arrestarsi quando il conflitto per un momento ha la meglio;
- indugio, pone l'accento sul tempo perso a causa dei conflitti interni, evidenzia come una persona durante un intenso conflitto inteno tenda a fermarsi.
A complicare ulteriormente il quadro dei conflitti è quello dell'emotività, l'influenza che le emozioni intense hanno sul comportamento portando ad azioni impulsive o parossistiche.
Questo spiegherebbe meglio quando si è parlato di "scatto" ad inizio articolo. Il soggetto potrebbe vivere il conflitto, sia quando lo perde che quando lo vince, come una guerra emotiva interna che non sa minimamente fronteggiare.
Quando ci immaginiamo qualcuno con un conflitto interiore non dobbiamo vederlo solo come un filosofo che pensa ma anche come un soggetto che sta subendo la tempesta emotiva interiore senza che ci capisca granché.
Conflitto e dissolutezza
Si definisce dissoluto un soggetto che momentaneamente non avverte più nessun conflitto interiore senza che il conflitto sia stato permanentemente risolto, le paure e le emozioni negative fanno ancora parte della sua esistenza solo che in quel momento non le sente.
Questo stato avviene a causa di euforia indotta da un umore elevato, neutralizzazione dell'emozioni negative o dall'assunzione di droghe e alcolici.
Assenza di conflitto e disinvoltura
Quando una persona non ha conflitti agisce in modo disinvolto.
Conflitto e repressione
Si parla di repressione quando il conflitto è alimentato da un esterno che intende inibirci, con minacce o quant altro.
"Se c'è una cosa che forse più odio di me è che non riesco mai a rispondere a tono, tranne a mia madre e mio fratello con cui ho probabilmente il problema opposto.
Tra amici, a scuola, sul lavoro, con sconosciuti per strada, ogni volta che qualcuno mi risponde a brutto tono o mi manca di rispetto mi paralizzo completamente.
Anzi, sul momento non mi dà neanche troppo fastidio, penso che magari hanno ragione loro, che ho detto e fatto io qualcosa che può averli feriti o aver chiesto troppo.
Quando più tardi ci ripenso però mi sale una rabbia incredibile, quasi esagerata e violenta, a volte rompo cose o ho voglia di picchiare qualcuno
E rimugino riguardo a tutto quello che avrei potuto dire o fare promettendomi che la prossima volta dirò tutto in faccia.
Solo che quella volta non arriva mai e mi sono rotta il c*zzo di farmi mettere i piedi in testa sempre e da tutti.
Anche voi avete questo problema?"
APPUNTI:
Il dissoluto
L'edonista
L'irresponsabile
Tre tipologie di personalità che non hanno conflitti interni, perché? Che fenomeno evidenziano?
Per avere un quadro più completo si ricordi che:
- frustrato, persona che non riesce a dare sfogo ai suoi bisogni e alle sue pulsioni nonostante sia intenzionato a farlo, non c'è un conflitto ma un agire inefficace;
- insoddisfatto, simile alla frustrazione ma riguarda i desideri e ciò che viene fatto per piacere,
- stressato, pone l'accento su quegli eventi che il soggetto non accetta e creano una risposta emotiva di stizza alterando l'umore del soggetto in negativo.
Il conflitto definisce quel fenomeno in cui una persona nei confronti di uno specifico frangente prova emozioni e motivazioni contrastanti.
Come fa ad accadere questo? Accade perché la realtà a cui ci approcciamo è complicata quindi uno stesso evento può suscitarci contemporaneamente emozioni e sentimenti sia positivi che negativi.
Per comprendere a pieno il conflitto è necessario ricordarsi che la motivazione umana può essere sintetizzata in quattro poli desiderio, bisogno, pulsione e dovere, immaginiamo ora che la persona provi al tempo stesso desiderio a fare e dovere a non voler fare, ecco che avviamo il primo esempio di conflitto.
Prendiamo una donna che desidera o ha bisogno di un rapporto sessuale in uno specifico modo ma al tempo stesso ha il dovero a non fare quelle cose, sente il dovere di non poterlo fare. Nella mente di questa donna ci sarà un conflitto fra ciò che desidera e ciò che non deve fare.
Ogni conflitto è unico, così come è unica la personalità che lo prova, fra credenze ed emozioni in gioco, statisticamente parlando si può dire che conflitti intorno alla sessualità sono diffusi ma poi concettualmente ognuno è unico nella persona anche se gli esiti possono accomunarsi.
La prima cosa che conviene analizzare quando si parla di conflitto è della validità delle due o più motivazioni in gioco, perché questo? Immaginate una persona che desidera conoscere qualcuno ma ha paura che questo la rifiuti, c'è una differenza abissale se questa paura fosse supportata da dati reali o se invece fosse solo una paranoia e un film mentale del soggetto.
L'emozione e il sentimento che risulterà più intenso vincerà sull'altro, quindi la motivazione più intensa vincerà e darà forma al comportamento.
Il conflitto non è però solo l'esito di questa lotta interna, ma il conflitto stesso si manifesta all'esterno sia durante la fase prima dell'azione che dopo l'azione stessa, il conflitto è cioè un fenomeno variegato che necessita di numerosi termini per essere descritto tutto, specialmente nei suoi esiti più comuni:
- inibizione, il soggetto non ha alcun comportamento, non agisce anche in parte dall'esterno potrebbe scorgersi un accenn di tentata azione, in quanto vincono le motivazioni a non fare anche se parte del soggetto desiderava fare qualcosa. L'inibizione descrive come il soggetto vive quella situazione che è opposto al concetto di ritegno;
- accidia, quando il bisogno o il dover fare qualcosa viene superato da motivazioni negative a non fare, quindi la persona sa di dover lavorare o studiare ma la paura o emozioni negative che prova superano tale dovere o bisogno iniziale;
- reticenza, descrive il fenomeno dell'inibizione sul parlare di sé e di ciò che si pensa. La persona desidera dire qualcosa ma non riesce perché ha paura delle possibili conseguenze. Si differenzia dall'omertà perché quest'ultima viene percepita come conveniente senza alcun conflitto interiore, come se sia giusto non dire nulla impendo alle altre persone, specialmente le autorità, di indagare e venire a conoscenza dei fatti. Questa parola viene usata erroneamente come sinonimo del fenomeno generale dell'inibizione, ma fa riferimento alla manifestazione comportamentale di quei conflitti quando si sta dicendo qualcosa, quando si vuole parlare e si viene frenati;
- remora, il soggetto mostra un alterazione del comportamento a causa dell'inibizione interna, la remora più diffusa è quella in cui il soggetto non riesce a dare il meglio di sé, appare impacciato quando in realtà ha un livello di adattamento più elevato che non riesce a mostrare a causa della mancanza di lucidità e dei conflitti interiori che fanno calare la performance. Nel caso della sessualità la remora crea problemi sessuali in quanto la donna non si lubrifica e l'uomo perde l'erezione a dimostrazione di quanto siano profondi gli effetti di queste emozioni al punto da modificare perfino reazioni fisiologiche.
- titubanza, descrive l'inibizione che è data in modo specifico da incertezze, da paranoia, la titubanza esce fuori dai discorsi che il soggetto fa, dai rischi e dal fatto che questa visione delle cose lo inibisca;
- esitazione, il soggetto all'inizio non agisce immediatamente, il conflitto lo ferma inizialmente ma poi lo vince, l'esitazione lascia intendere che ci sia un'inibizione;
- tentennamento, una particolare forma di inibizione che va a momenti, la persona potrebbe iniziare l'azione poi fermarsi e tornare indietro, a differenza dell'esitazione dove il soggetto prima si ferma e poi va avanti in modo definitivo nel tentennamento la persona va avanti e poi ritorna nell'inibizione e potrebbe fare così anche per diverso tempo;
- indugio, a differenza dell'esitazione che è all'inizio l'indugio si manifesta nel mentre;
- perplessità
- ritegno, la persona vede nel conflitto qualcosa di positivo, è il primo a pensare che quel desiderio sia "sbagliato" e non vada seguito, l'esempio classico è quello in cui ad una donna viene insegnato che seguire la sessualità è sbagliato e la farà apparire come puttana e quindi vede questa inibizione sessuale in modo positivo, tentando di favorire questo ritegno.
Si definisce conflitto quel fenomeno che si svolge nella psiche di una persona in cui si provano emozioni non conciliabili e che spingono il soggetto a fare due cose differenti.
Il conflitto si basa esclusivamente sulle emozioni mentre si parla di dissonanza quando sono le conclusioni e le credenze del soggetto a non essere conciliabili.
Uno degli esempi più comuni di conflitto è l'inibizione, dove la persona desidera fare qualcosa ma non riesce a farla perché il pensiero quell'attività produce una paura intensa che lo spinge a non agire.
La dissonanza invece si basa sul fatto che il soggetto sviluppa delle credenze che implicano determinate situazioni e ne escludono delle altre, cioè la persona in pratica pensa che alcune cose siano possibili e altre no. La dissonanza infatti si manifesta di solito con esclamazioni quali "ma come è possibile?" oppure "non è possibile" o ancora "non riesco a capire nulla, le cose non vanno come devono andare".
La dissonanza può essere orientata all'esterno quando ciò che "non torna" è all'esterno di sé ma può essere anche orientata all'interno quando il soggetto si rende conto che sta provando cose "che non dovrebbe provare" o arriva a conclusioni distinte che non possono coesistere fra loro.
Il conflitto ha un ruolo fondamentale nell'ambito dell'azione:
- Conflitto nella scelta, la persona si ritrova di fronte a diverse opzioni e ne sceglierà una sola. Esempio piacciono due cose ma se ne può scegliere una sola;
- Conflitto nella decisione, la persona si ritrova di fronte al fatto di agire ma questo scenario prospetta delle emozioni inibitorie.
Questo termine non va confuso con il dissidio, si legga quest'ultimo per approfondire.
Si legga dissonanza per approfondire.
Un racconto dal web:
"Quanti di voi pensano che la causa dell'ansia sia dovuta alla mancanza di barriere tra sé e gli altri? O se non è la causa primaria, potrebbe essere tra i fattori? Vi capita spesso di essere "travolti" da sentimenti e sensazioni altrui, a subirli troppo? Pensate di essere ipersensibili? Un'ipersensibilità spiccata porta con sé tanti vantaggi, ma anche il rischio di farsi "annullare" dai propri interlocutori...
E quando quello che sentite dall'altra persona è in conflitto con quello che (sotto sotto) pensate/sentite voi? Cosa succede?
Nel mio caso, è presto detto: empatizzo con la persona che ho davanti anche quando è in conflitto con me (chiaramente, più spesso capita quando è qualcuno a cui tengo, e/o che ha le sue ragioni, per quanto diverse dalle mie). Il risultato è che non solo faccio fatica ad esprimere il mio punto di vista in un conflitto reale: il conflitto diventa anche interiore. Mi ritrovo a lottare contro l'esterno, me stessa e il mio senso di colpa: una lotta impari, che spesso ha come risultato quello di farmi ritrarre. Le situazioni di conflitto, in questo modo, sono tutto tranne che risolte.
E la rabbia? Ovviamente, quella me la porto dietro. Finisco per accumularla, sfogandola su sciocchezze o contro me stessa o somatizzando.
E il mio interlocutore? Spesso non ha la più pallida idea di tutto quello che è successo dentro la mia testa e il mio stomaco...
(Questo nel caso "carino". Spesso capita anche che molte persone, anche inconsciamente, se ne approfittino. Dove c'è un vuoto di potere, si fa presto a colmarsi)".
In questo racconto si parla prevalentemente del problema empatico che inibisce la persona e la porta a dire e non fare alcune cose perché non intende ferire l'altro. Ma forse la persona di questo racconto confonde l'empatia con la paura delle conseguenze, confonde l'empatia con la paura del giudizio e potrebbe essere che non sia solo un problema empatico.