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Cos'è il bias?

 

La risultate pratica delle fallacie, delle distorsioni e di qualsiasi errore mentale il soggetto produce e che usa per spiegarsi la realtà, per prendere scelte e fare azioni.

L'utilità di questo termine consiste nel racchiudere da un punto di vista pratico tutti gli errori che una persona può fare, dal possedere dati erronei, dall'usare un'euristica rapida che lo porterà ad acquisire dei dati incompleti, ad una percezione valida ma incompleta che lo porterà in errore, il tutto focalizzato sull'errore del soggetto, su quello che dice, che fa e che sceglie e che risulta sbagliato.

 

Il bias si suddivide in:

- bias sporadico

- bias sistematico

 

[BOZZA]

bias di omissione

la differnza fra bias e fallaccia, che si definsce fallacia come l'atto intenzionale di dedurre ma comettere degli errori nel farlo. Si tratta di bias quando la persona usa degli automatismi euristici che per loro stessa natura portano la persona sistematicamente in errore. Il bias descrive un automatismo errato, come se la persona nemmeno fosse pienamente conscia del passaggio mentale che ha fatto, mentre la fallacia riguarda ad esempio la discussione fra due persone dove a mente ludica la persona pensandoci comunque deduce qualcosa di errorato, perché il suo metodo deduttivo è fallace.

 

DA SMISTARE

DA RIVEDERE

 

Bias è il termine psicologico e psichiatrico adottato per intendere quello che in filosofia è stato definito "fallacia" o errore deduttivo. 

A livello clinico lo studio dei "bias" non ha ripreso tutte le fallacie na ne sono state riprese solo alcune, le più rilevanti e sono state approfondite in chiave psicologica più che filosofica.

 

L'AB propone di spegnere questo termine per utilizzare quello più diffuso nella quotidianità, ovvero fallacia e sopratutto considerare questo fenomeno a 360° in tutti i campi dell'esistenza senza dargli una chiave riduttiva di lettura.


DA ANALIZZARE

  • Fallacia di Gambler

La si chiama fallacia, ma è più un problema tecnico del nostro modo di pensare.
Tendiamo a dare particolare importanza agli eventi del passato, credendo che influenzeranno in qualche modo i risultati futuri. L’esempio classico è il lancio della moneta. Dopo aver ottenuto testa, diciamo, per cinque volte consecutive, la nostra tendenza è quella di prevedere un aumento della probabilità che il prossimo lancio sarà croce, che la probabilità sarà certamente a favore delle croci. In realtà però, le probabilità sono ancora 50/50.
Come dicono gli statistici, i risultati in diversi lanci sono statisticamente indipendenti e la probabilità di ogni risultato è sempre del 50%.
In relazione a questo, c’è anche un aspetto positivo del bias, che spesso alimenta il gioco d’azzardo. È quel senso che la nostra sorte infine cambierà e che la fortuna stia per arrivare. Contribuisce anche al malinteso della “mano calda”. Analogamente, si tratta della stessa sensazione che abbiamo quando iniziamo un nuovo rapporto che ci porta a credereche sarà migliore di quello precedente.

Vi ricordate della volta che avete comprato qualcosa di totalmente inutile, qualcosa di difettoso, o eccessivamente costoso e dopo di che avete ragionato sul vostro acquisto a tal punto che vi siete convinti che dopotutto fosse una grande idea?
Si, questo è il meccanismo di razionalizzazione post-acquisto in azione, una specie di meccanismo incorporato che ci fa sentire meglio dopo aver preso brutte decisioni, specialmente davanti al registratore di cassa.
Conosciuto anche come “Sindrome di Stoccolma dell’acquirente”, è un modo inconscio di giustificare i nostri acquisti, specialmente quelli più costosi. Gli psicologi sociali dicono che deriva dal principio d’impegno, il nostro desiderio psicologico di rimanere coerenti ed evitare uno stato di dissonanza cognitiva.

Pochissimi di noi hanno dei problemi a salire in macchina per andare a fare un giro, molti però hanno provato trepidazione entrando in un aereo e volando a 10.000 metri di quota. Volare, ovviamente, è una attività del tutto innaturale e apparentemente pericolosa. Eppure, quasi tutti sappiamo riconoscere il fatto che la probabilità di morire in un incidente d’auto è significativamente maggiore di essere uccisi in un incidente aereo, il nostro cervello però ci libera da questa logica cristallina (statisticamente abbiamo 1 possibilità su 84 di morire in un incidente automobilistico, rispetto a una possibiità su 5.000 di morire in un incidente aereo, altre fonti indicano addiritutra 1 su 20,000 fonte). È lo stesso fenomeno che ci fa preoccupare di essere uccisi in un atto terroristico, invece che da qualcosa di molto più probabile, come cadere dalle scale o avvelenarsi accidentalmente.
Questo è ciò che lo psicologo sociale Cass Sunstein chiama “negligenza di probabilità”, la nostra incapacità di comprendere correttamente il giusto senso del pericolo e del rischio, che spesso ci porta a sopravvalutare i rischi di attività relativamente innocue, mentre ci fa sottovalutare quelle più pericolose.

  • Bias dello sguardo selettivo

Si tratta di quell’effetto che avviene quando si iniziano a notare cose a cui prima non facevamo caso, effetto che ci fa quindi assumere erroneamente che accadano più spesso. Un ottimo esempio è quello che succede dopo che si ha appena acquistato una nuova auto e inspiegabilmente si inizia a vedere la stessa macchina praticamente ovunque. Un effetto simile accade anche alle donne in stato di gravidanza che improvvisamente notano un sacco di altre donne incinte intorno a loro. Oppure può accadere con un numero, con una canzone. Non è che queste cose accadono con una frequenza maggiore, il fatto è che noi (per qualche ragione) abbiamo selezionato quella cosa nella nostra mente, e a sua volta, lo notiamo più spesso.
Il problema è che la maggior parte delle persone non lo riconosce come un bias di selezione e crede veramente che queste cose o questi eventi stanno accadendo con una frequenza maggiore, il che può portare a una sensazione molto sconcertante.
Si tratta anche di un bias cognitivo che contribuisce il manifestarsi alla sensazione che la comparsa di alcune cose o eventi magari non sia una coincidenza (anche se magari lo è veramente).

Noi esseri umani tendiamo a diventare apprensivi e preoccupati davanti al cambiamento, cosa che spesso ci porta a fare scelte per garantire che le cose rimangano le stesse, o che cambino il meno possibile. Inutile dire che questo ha ramificazioni in tutto, dalla politica all’economia. Ci piace rimanere fedeli alla nostra routine, ai nostri partiti politici e ai nostri piatti o ristoranti preferiti. La parte più dannosa di questo pregiudizio è l’ingiustificata supposizione che una scelta diversa sarà inferiore o farà peggiorare le cose. Il bias dello status-quo può essere riassunto con il detto: “Se non è rotto, non ripararlo”, una massima che alimenta le nostre tendenze conservatrici. E infatti, alcuni commentatori dicono che questo è il motivo per cui gli Stati Uniti non sono stati in grado di attuare la riforma dell’assistenza sanitaria, nonostante il fatto che la maggior parte delle persone sia d’accordo con quell’idea di riforma.

  • Bias della negatività

Le persone tendono a prestare maggiore attenzione alle brutte notizie, e questo non solo perché siamo morbosi. I sociologi teorizzano che è a causa della nostra attenzione selettiva e che, potendo scegliere, noi percepiamo le notizie negative come le più importanti e profonde. Inoltre tendiamo a dare maggiore credibilità alle brutte notizie, forse perché siamo sospettosi (o annoiati) a quei proclami che dicono il contrario. In termini di evoluzione, ascoltare una notizia cattiva può essere più vantaggioso che ignorarne una buona (ad esempio, “le tigri dai denti a sciabola fanno schifo” contro” questa bacca è gustosa”). Oggi si corre il rischio di soffermarsi sulla negatività a scapito delle notizie positive. Steven Pinker, nel suo libro “The Better Angels of Our Nature: Why Violence Has Declined” sostiene che il crimine, la violenza e altre ingiustizie siano in costante diminuzione, tuttavia la maggior parte delle persone sostengono che le cose stiano peggiorando: un perfetto esempio di bias della negatività al lavoro.

Anche se spesso ne siamo inconsapevoli, ci piace seguire il flusso della folla. Quando le masse iniziano a scegliere un vincitore o un favorito, è in quel momento che il nostro cervello individuale inizia a spegnersi ed entrare in una sorta di “pensiero di gruppo” o mentalità da formicaio. Non deve per forza essere una gran folla o i capricci di un’intera nazione, può anche includere gruppi piccoli, come una famiglia o un piccolo gruppo di colleghi. L’effetto carro del vincitore è quello che spesso causa la propagazione di comportamenti, norme sociali, e meme tra gruppi di individui, a prescindere dalle prove o dalle motivazioni a loro sostengno. È per questo che i sondaggi di opinione vengono spesso criticati, in quanto possono orientare di conseguenza le prospettive degli individui. Gran parte di questa tendenza ha a che fare con il nostro recondito desiderio di adattarsi ed essere confomi, come è ampiamente dimostrato dal famoso esperimento di conformità di Asch.

Come individui intrappolati nelle nostre menti 24 ore su 24, è spesso difficile proiettarci oltre i limiti della nostra conoscenza e delle nostre preferenze. Tendiamo a ritenere che la maggior parte delle persone pensi proprio come noi, anche se potrebbe non essercene un motivo. Questa carenza cognitiva spesso porta a un effetto ad esso correlato conosciuto come il bias del falso consenso dove tendiamo a credere che le persone non solo la pensano come noi, ma che sono anche d’accordo con noi. È un bias dove sopravvalutiamo quanto siamo normali e tipici, e supponiamo che esista un consenso su questioni dove in realtà magari non ce n’è nessuno. Inoltre, può anche creare l’effetto in cui i membri di gruppi radicali o di frangia suppongono che all’esterno molte persone la pensino come loro, quando in realtà non è cosi. Oppure la fiducia esagerata che si ha quando si predice il vincitore delle elezioni o in una gara sportiva.

  • Bias del momento corrente

Come esseri umani abbiamo molta difficoltà a immaginarci nel futuro e cambiare i nostri comportamenti e aspettetive di conseguenza. La maggior parte di noi preferisce provare piacere nel presente, nel momento attuale, lasciano il dolore al dopo. Questo è un bias che è di particolare interessere per gli economisti (cioè la nostra riluttanza a non spendere troppo e risparmiare) e per gli operatori sanitari. Infatti, uno studio del 1998 ha dimostrato che, quando si effettua delle scelte alimentari per la settimana successiva, il 74 % dei partecipanti ha scelto frutta. Ma quando la scelta di cibo era per il giorno corrente, il 70 % delle persone ha scelto cioccolata.

Anche conosciuto come trappola della relatività, questa è la tendenza che abbiamo a confrontare solo un insieme limitato di elementi. Viene chiamato effetto di ancoraggio perché si tende a fissarsi su un valore o su un numero che a sua volta viene paragonato a tutto il resto. L’esempio classico è un oggetto in vendita in un negozio: tendiamo a osserare (e valutare) la differenza di prezzo, ma non il prezzo complessivo nel suo insieme. Ecco perché molti menu nei ristoranti offrono piatti molto costosi, mentre includono anche quelli a prezzi (apparentemente) più ragionevoli. È anche per via di questo che, quando ci viene data una scelta, abbiamo la tendenza a scegliere l’opzione di mezzo, non troppo costosa e non troppo a buon mercato.

Dopo aver constatato come il cervello sia un sistema biologico poderoso è bene studiare tutti i difetti cognitivi che renderebbero meno efficiente l’uso che ne facciamo, che ci impediscono di pensare in maniera razionale, pensate agli effetti che essi hanno su noi e sugli altri (amici, parenti e colleghi), abbiamo tradotto questo articolo perché riteniamo giusto migliorarci costantemente e riflettendo attentamente prima di fare una scelta, potremmo cadere in uno dei biasis qui descritti.

ultima modifica il: 02-08-2018 - 14:28:53
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