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- Autodistruttività -
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Cos'è l'autodistruttività? Cosa si intende per autodistruggersi?

Collegare con la nuova definizione di autosabotaggio.

Si definiscono comportamenti autodistruttivi quelle azioni che una persona compie finendo per danneggiare se stessa, questo tipo di comportamento viene fatto o in modo intenzionale o in modo non intenzionale/inconscio.

Affinché si tratti di autodistruzione è necessario che il soggetto faccia un'azione che lo danneggi, che gli arrechi un danno più o meno esteso. Probabilmente sarà capitato almeno una volta di fare qualcosa in modo così preciso e allo stesso tempo autodistruttivo da chiedersi "è stato un caso o l'ho fatto apposta?". 

 

Quali sono le motivazione dell'autodistruzione intenzionale più diffuse? Diverse:

- autodistruzione del valore, in questo specifico caso la persona si distrugge come meccanismo di difesa per se stessa, cioè la persona si distrugge per non sapere mai quanto realmente potrà piacere, preferisce non saperlo ad una verità scomoda, casi eclatanti sono chi ingrassa, chi si trascura, etc... La difesa accade così "non piaccio all'altro perché sono ingrassato, quindi è una mia scelta" mentre sarebbe più difficile da accettare che nonostante si sia in forma, ci si sia vestiti bene il non essere comunque giudicati abbastanza per l'altro;

- autodistruzione per protagonismo, la persona sa che autodistruggendosi può ottenere le attenzioni che desidera;

- autodistruzione per manipolazione, la persona sa che autodistruggendosi può manipolare gli altri, un ricatto, se non fai questo lascio la scuola, se non torni con me mi uccido, etc...;

- autodistruzione per paura del dopo, il soggetto sta costruendo qualcosa ma teme ciò che arriverà a costruzione avvenuta quindi preferisce distruggere ciò che ha fatto;

- autodistruzione per merito punitivo, la persona si autodistrugge perché prova una soddisfazione morale nel farlo in quanto è stata cresciuta con specifiche regole punitive che la portano a provare piacere nel momento in cui si punisce per degli errori che pensa di aver commesso.

 

Qual è la differenza fra autolesionismo e autodistruttività? L'autolesionismo definisce una particolare forma di autodistruzione che consiste nel danneggiare il proprio corpo, ad esempio chi si taglia, chi non mangia, chi ingerisce sostanze nocive.

Qual è la differenza fra autodistruttività e autosabotaggio? L'autosabotaggio è un particolare forma di danno che si attua sui progetti a lungo termine per farli fallire o rallentari, è il termine specifico che si usa per desrivere l'autodistruttività per paura del dopo.

 

 

L'autodistruttività avviene per un motivo. 

Non si parla di autodistruttività quando il soggetto si danneggia non perché lo desidera ma perché agisce in modo disfunzionale a causa della sua percezione distorta. 

  

Un esempio di ragazza che si è autodistrutta per protagonismo con relative conseguenze nel tempo:

 

"Sono una ragazza di 19 anni e frequento attualmente il quinto anno di liceo scientifico. Scrivo per ricevere qualche consiglio e non fosse che magari trovo qualcuno che abbia avuto il mio stesso problema e sappia consigliarmi. In realtà non penso che si possa fare molto per il mio problema, senonchè sono già in cura da due psicologi, uno di gruppo e uno individuale, e mi porto dietro questo problema da molti anni. Il mio problema è quello dell'autolesionismo, dapprima inteso nel senso comune del termine, ovvero mi tagliavo, dopodichè passato a significare una forma di autolesionismo più subdola, che si manifesta tanto nello studio quanto nella cura del corpo( abbuffamenti, palestra ecc.); però è più del primo che vorrei parlare e che mi pesa di più. Il mio problema nello studio è legato a un fattore familiare: i miei si sono separati quando ero molto piccola e non ho mai avuto la gioia di vederli insieme o di averli entrambe. Dunque diciamo che io sono diventata malata, o meglio mi sono ammalata diciamo cosi, di modo che loro si interessassero a me e ricominciasse ad esserci un dialogo tra loro due. Risultato che ho ottenuto facendo non pochi casini, soprattutto e sempre con la scuola. Infatti è in questo ambito che i miei problemi sono diventati piu evidenti. Finchè mi tagliavo o ingrassavo e dimagrivo a dismisura nulla è accaduto, ma quando ho iniziato ad andare male a scuola, ho ottenuto i primi risultati, ovvero i miei genitori hanno ricominciato a parlarsi da persone civili, ma è pur sempre un dialogo che loro intessono sulla base dei miei problemi e non si volge mai ad altro. Cmnq posso ritenermi soddisfatta. Ora pero mi è rimasto un grande problema nello studio, diciamo che i problemi sono due, o meglio i motivi che mi spingono a non studiare e ritrovarmi sommersa di sensi di colpa, da quanto detto dai miei psicologi: Uno: non studio perchè ho paura di non farcela, quindi, cosa banale quanto stupida, rinuncio ancor prima di iniziare, per un eventuale falimento che potrei avere e che non avrei il coraggio di affrontare. Due: la mia riuscita ( e so che se mi ci metto ce la faccio) determinerebbe la fine del dialogo dei miei, che non avendo più nulla di cui parlare, ossia la mia malattia( ho un disturbo bipolare) , smetterebbero di parlarsi. Quindi io sono bloccata completamente nello studio e continuo a far cose che vanno conto la mia salute, senza riuscire fondamentalmente a costruirmi una mia vita, e che mi costringono totalmente dipendente dai miei. Io sto cominciando ad avvertire i colpi di questa situazione, specie con l'avanzare del tempo, infatti l'esame si avvicina. Avevo pensato di abbandonare gli studi e trovarmi un lavoro, ma questa soluzione non mi soddisfa per niente, perchè a me piace studiare, e se non ci fosse tutta questa situazione di mezzo, lo farei volentieri. Ma io è come se DOVESSI STARE MALE. Lo faccio per un motivo e adesso so anche qual è. Il problema è che vorrei veramente vedermi uscire da questo problema e mano a mano che il tempo passa, l'ansia cresce sempre di più. Per le cose non fatte, le cose che potrei fare. Ultima cosa è che quando studio spesso mi assale un'ansia pazzesca, ed anche questo è uscito fuori per essere un modo per evitare di studiare, sempre per i motivi riportati sopra. Quindi non solo non studio, ma mi ci faccio anche le pippe sopra. E non ditemi che devo uscire e non pensare a studiare, perchè proprio non è. Se volevo andare a divertirmi, lasciavo lo studio e me ne andavo a fare un corso. "

 

Questo esempio ci fa comprendere come l'autodistruttività abbia un prezzo, gli anni spesi ad autodistruggersi ora le impediscono di avere una formazione scolastica sufficiente a proseguire con gli studi. Per assurdo ora quella che era la reale causa della sua distruttività è diventata una scusa per non guardare ad una realtà più scomoda ovvero che si è distrutta il futuro e che sarà difficile per lei riprendere con questo ritardo ogni cosa saltata.

 

Autodistruttività inconscia

Si parla di autodistruttività inconscia per evidenziare quelle azioni apparentemente casuali ma che porteranno danni, specialmente sociali, al soggetto per quello che ha fatto o detto. Sono cose fatte o dette sovrapensiero che indicano come nell'inconscio ci siano emozioni autodistruttive, qui a differenza di quanto detto fino ad ora potrebbero avere un'origine di condizionamento, la persona avendo vissuto in ambienti disfunzionali è stata condizionata da essi e tenta inconsciamente a riprodurli.

Qui è difficile definire l'autodistruttività perché può rimanere il dubbio che sia un evento casuale.

Se l'evento inizia a ripetersi e ad essere mirato allora ci si può chiedere, quanto può esserci di casuale in frasi o azioni che siano così mirate da causare il massimo danno possibile? E quando queste non accadono una volta sola ma continuano ad accadere in modo sistematico? Specialmente se questi episodi accodono quando si è in uno stato emotivo/automatico, dando modo ai propri condizionamenti di uscire fuori.

Questa autodistruttività inconscia tende a manifestarsi quando vengono rispettate queste due condizioni:

- infanzia negativa e traumatica dove il soggetto ha potuto apprendere per condizionamenti questi comportamenti autodistruttivi;

- stato di emotività e automatismo che facilita l'uscita del condizionamento negativo.

 

 

"A novembre 2014 mia mamma muore di colpo. Io mi dico: adesso mia "morosa" mi sosterrà in questo momento difficile come io ho fatto con lei finora.
Lei ci ha anche provato, con il poco tempo a disposizione: mi ha preparato una cena a base di spinaci surgelati e prosciutto, mi ha portato fuori il cane quando ho avuto degli impegni...
Sembra poco ma io sapevo che la sua vita era incasinatissima e che queste poche cose le richiedevano impegno.
Poi, 3 settimane dopo il lutto la invito a cena a casa mia. Succede il finimondo.

Non so spiegarlo: provo una sensazione stranissima di derealizzazione e inzio a sparare un sacco di cazzate, perdo via via il controllo di quello che dico fino a diventare offensiva. Era strano, era come se non capissi ciò che io stesso stavo dicendo. Dico frasi tipo presa-per-il culo su tutto ciò che può ferirla (soffre di dismorfismo e ha dei complessi sul suo viso anche se invece è carina), fino a che lei, incazzatissima, se ne va sbattendo la porta. E da lì in poi non ha più voluto vedermi, avevo distrutto il nostro rapporto senza nemmeno che me ne fossi resa pienamente conto."

 

ultima modifica il: 04-11-2021 - 11:12:00
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