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"Il lavoro nobilita l'uomo che non sa che fare della propria vita"

(le due fasce lavorative, soggetti con alto o sufficiente valore da poter avere un lavoro sempre garantito, soggetti con zero o scarso valore, che sono un numero significativo nella popolazione, come recuperarli?)

"Prendete per mano le vostre passioni e in modo pragmatico tentate di capire se queste possano divenire o meno un lavoro"

Cos'è il lavoro?

Si definisce lavoro qualsiasi attività sia svolta con l'obiettivo di ricevere denaro da una persona che è disposta a spenderlo. Questa definizione è fondamentale perché elimina la visione sul fatto che esista una sorta di elenco dei lavori possibili o che il lavoro è qualcosa che si fa con sofferenza e sacrificio, il lavoro è laddove qualcuno è disposto a pagare per avere qualcosa da qualcuno, una motivazione che genera un lavoro da parte di chi andrà a raccogliere quell'opportunità lavorativa.

Il lavoro nasce laddove ci sono persone disposte a pagare per qualcosa, è il soggetto pagante che genera lavoro, è il bisogno e il desiderio a produrre lavoro.

Ma questo soggetto pagante chi è? Siamo tutti noi, ogni persona è un soggetto pagante quando vuole qualcosa che solo altri possono dargli, dando luogo al concetto di economia, dove ogni persona è qualcosa che se in grado di trovare nicchie lavorative, sarà al tempo stesso un lavoratore e un datore di lavoro.

 

 

(quando un lavoro è specificabile per le motivazioni che soddisfa nel cliente, specialmente se questo è significativamente diffuso, evidenzia il valore che si possiede e che gli altri sono disposti a pagare il tutto condito da un termine specifico

stereotipo del professionista inadatto, rendersi conto che c'è una percentuale significativa di soggetti non in grado di svolgere il compito dato in modo efficace

il problema del fare ciò che ami è che alcune persone hanno pochi o nulli interessi e quei pochi non hanno o hanno pochi sbocchi lavorativi

lavoro 1.0 servivano solo persone per lavorare, lavoro 2.0 curriculum, lavoro 3.0 il valore ora è scovabile, le persone hanno modo di mettersi in mostra ed essere assunte.

mestiere è il concetto che pone l'accento sul valore, sul saper fare una cosa, il lavoro sul farla per qualcuno per ottenere denaro)

 

A prescindere di come questo possa essere vissuto il lavoro in campo esistenziale può presentare un problema ovvero "la persona a causa del lavoro riesce ad essere se stessa e fare l'esistenza che desidera? Proseguire con il percorso di individuazione?".

Per alcune persone questo è possibile ma per altre no, il problema va affrontato da un punto di vista temporale.

Si lavora mediamente 40 ore settimanali su 112 di veglia (16 ore di veglia moltiplicato per 7 giorni), vuol dire lavorare il 35% del proprio tempo di veglia e non il 50% come alcune persone erroneamente concludono. Le persone commettono l'errore di pensare alle 8 ore al giorno senza considerare che il sabato e domenica non lavorano. Si lavora un terzo della propria esistenza fino alla pensione e non la metà del proprio tempo

Ma a questo tempo in alcuni casi va aggiunto quello perso per i spostamenti che in alcuni casi può raggiungere anche cifre significative come ad esempio due ore perse al giorno.

Consideriamo una persona che desiderebbe passare tutto il giorno nel fare una specifica attività non lavorativa, per questa persona il lavoro diventa una condanna.

Per queste persone l'unica soluzione è quella di trasformare le attività che fanno parte della propria personalità in attività lavorative, in modo tale che la persona possa passare quelle ore traendone il guadagno necessario per vivere, anche se qui di solito si tende ad andare letteralmente in tilt perché nella maggior parte dei casi trasformare un'attività piacevole in guadagno consiste nel intraprendere un'attività in proprio che la maggior parte delle persone non sono in grado di gestire o anche solo minimamente considerare preferendo illudersi che non sia possibile.

Gli altri problemi che possono originare nel mondo del lavoro non sono insiti al lavoro ma alla personalità, ad esempio una persona che fatica a gestire il rapporto con i colleghi o i superiore, persona con problemi di autostima e autoimmagine, una persona che si stressa in quel lavoro a causa delle numerose cose che non riesce ad accettare ma soppora.

Di solito queste persone o danno la colpa al lavoro e il mondo del lavoro o riconoscendo la loro responsabilità e le loro problematiche vanno alla ricerca di un lavoro su misura, ad esempio una persona che sa di avere problemi ad interagire ricercherà un lavoro che di suo ha poche interazioni, una persona che è costantemente insicura e ha paura di sbagliare ricercherà un lavoro con poche o nulle responsabilità e così via, invece di lavorare su stessa o comunque lavorare in modo efficace riuscendo ad uscirne.

Per questo l'articolo parla di problema del lavoro, perché il lavoro come necessità di acquisire soldi è l'unico problema che il concetto del lavoro porta con sé temporalmente parlando andando a rubare tempo ad una persona che come individudesidererebbe investirlo in altro.

Ogni altro problema che la persona possa sviluppare con il lavoro che conseguirà è da considerarsi soggettivo in quanto relativo alla personalità del soggetto e lo specifico lavoro che andrà a fare.

 

Il lavoro come valore

Per alcune persone il lavoro è un valore ma per altre no, alcune persone lo ricercano per il ruolo che questo gli conferisce, per il tempo speso, etc.. per altre persone invece non è così. Chiunque generalizzi una posizione in merito è in errore.

 

 Lavoro per necessità

"il lavoro per necessità è una condizione in cui si ritrovano tutti gli essere umani che non abbiano sufficienti risorse economiche per acquistare ciò di cui necessitano o ciò che vogliono. Il lavoro è il mezzo per cui, tramite un contratto, il soggetto riceve del denaro per acquistare ciò che serve in cambio di una prestazione, chiamata prestazione lavorativa. Il lavoro è quindi un mezzo che può essere vissuto in due modi, positivo o negativo. Positivo quando il soggetto svolge un ruolo piacevole, in alcuni casi dove è perfino una passione, negativo quando il soggetto fa qualcosa che non piace, qualcosa che lo annoia o che perfino spaventa inserendolo in contesti dove ha a che fare con le sue paure. Statisticamente parlando, solo chi si da fare per costruirsi negli anni un lavoro piacevole, investendo in anticipo per fare in modo di trovarsi in un lavoro positivo, poi ci si ritrova realmente a farlo, le persone passive finiranno probabilmente per fare un lavoro negativo proprio perché non avendo fatto scelte in tal senso la probabilità che sia piacevole e privo di stress è bassa"

 

Lavoro senza necessità

Solitamente chi ha abbastanza soldi da viversi la sua esistenza e continua a lavorare lo fa perché c'è qualcosa di collegato a quel loro che lo motiva a farlo, c'è chi continua a lavorare per dovere, chi per status, chi perché quel lavoro produca piacere, etc...

 

alle persone che mi chiedono perché ho iniziato a lavorare tardi o me la sono presa con calma rispondo, mentre voi non vedevate l'ora di andare in pensione io sapevo già che avrei lavorato per tutta la vita, fino al mio ultimo respiro, perché quello che voi era un mezzo per ottenere soldi e che se aveste potuto non avreste mai fatto, io ho costruito il mio lavoro su una passione e che non smetterò mai di fare.

 

 

BOZZA

[le uniche due strategie lavorative considerate funzionali dall'AB sono la strategia della pensione anticipata o del lavoro positivo, pensione anticipata vuol dire che il soggetto anche se fa un lavoro che non trova piacevole e che lo stressa fa in modo di lavorare al massimo per 20 anni, mettere sufficiente soldi da parte per vivere di vendita, quindi è necessario che ci sia una lavoro che dia uno stipendio tale che con diverse strategie tese al risparmio si sacrifichino 20 anni di vita per potersi vivere il resto in modo felice. L'altra strategia è quella del lavoro posito (l'apice nella passione). Il lavoro è qualcosa che il soggetto trova gradevole e che quindi fa con piacere, desiderio e senza alcuno stress e quindi è possibile lavorare ed essere felici al tempo stesso. Qualsiasi altra strategia non può coesistere con la felicità, in quanto qualsiasi lavoro attuale che ruba 40 o più ore settimanali, fino a circa 70 e che non viene percepito come positivo distrugga qualsiasi fondamenta per la felicità].

Il lavoro non è un valore, può esserlo per alcune persone ma continuare a definirlo come valore genera confusione e maggiore rigetto da chi non lo vede in quel modo e non accetta che altre persone lo assolutizzino in questo modo.

Se non prepari un bambino a scegliersi un lavoro appagante, gioioso e facendolo crescere adattato in quel futuro contesto lavorativo lo si predispone di fatto a vedere il lavoro come una condanna, questa è la realtà "lavoro come condanna sociale" in alcuni casi e altro che valore.

il problema di chi non ha lavoro, di chi ha un lavoro che non piace e di chi ha diverse opzioni di fronte a sé e non sa scegliere

 

"Cresciamo vedendo il lavoro come un dovere e un sacrificio, senza vedere l'unica possibilità coerente con la felicità, trovare un lavoro che sia esclusivamente una passione senza dovere e senza sacrificio, arrivando ad una passione remunerativa"

 

Nel mondo del lavoro odierno conta più l'apparenza non che la sostanza, perché? Perché c'è una concorrenza tale che la prima scrematura viene fatta sull'apparenza, perfino i colloqui attitudinali sono una "pagliacciata" per dirla in sintesi, non c'è alcun indicatore che possa dirti quanto una persona produttiva in quel lavoro se non lo misuri direttamente, c'è l'illusione che possano esistere degli indicatori ma non ci sono, si va quindi una opportunità semplicemente a chi si sa vendere meglio quando per assurdo una persona che ha investito nell'apparenza lascia intendere che abbia meno da offrire in termini di stostanza.

 

"Mi riferisco, invece, al mondo del lavoro. Ieri ho avuto un po' una crisi di entusiasmo. Un momento di sconforto. Mi sono registrato ad un sito per cercare lavoro freelance... ho lavorato per presentare un portflolio. E non è male. Non posso dire che il mio livello sia zero. Però ho guardato i profili di tanti altri... e sono bravi. Càzzo se sono bravi.
C'è così tanta competizione. Sanno quasi tutti vendersi meglio di me. Ammetto di essere un po' depresso per questo.
Hanno tutti la laurea giusta. Hanno tutti mille collaborazioni. Hanno lavorato alla blizzard, al pentagono.. con george dabliu dabliu bush, con ghandi. 
Si presentano fottutamente bene e quando non hanno lavori rilevanti da mostrare hanno siti portfolio con video di collaborazioni sbalorditive e usano parole altisonanti..oppure con installazioni artistiche che non so cosa centrino ma fanno la loro porca figura. Tutto dei loro profili fa molto "pro".
Con la raccomandazione di Renzo Piano, con i selfie con Renzo Piano. E hanno tutti 10.000 persone che li raccomandano e che confermano le loro abitlià su linkedin. A me non conosce nemmeno il mio gatto e ho 11 contatti su facebook di cui alcuni sono doppioni. 
Sono tutti più bravi di me, sono tutti più nel giro di me e quando non sono più bravi si sanno comunque vendere meglio"

 

Cos'è il lavoro?

Nella quotidianità il lavoro è un concetto totalmente diffuso, ogni persona sa cosa sia il lavoro e il ruolo che ricopre nella società, questo perché è l'unico mezzo legale che ha una persona per poter avere delle risorse che sono alla base di qualsiasi scambio di beni o servizi all'interno della società stessa.

Questa però è la facciata del lavoro perché dietro vi è una logica molto complicata.

Lessi una domanda in rete posta da una ragazza di 22 anni "E' giusto lavorare per sopravvivere?", la prima cosa che che pensai è stata:"perché questa ragazza si è pome solo ora questa domanda? In 22 anni non è stata in grado di comprendere cosa sia realmente un lavoro?"

Fu la variabile temporale a farmi comprendere perché le persone arrivassero a concepire il lavoro nei modi più diversi, la domanda di questa ragazza può essere interpretata in due modi la prima è se secondo l'etica, cioè la giustizia, poteva essere accettabile che una persona ottenesse quel poco denaro sufficiente a pagarsi i viveri e le spese, e quindi sopravivvesse perché non aveva altri soldi per pagarsi gli "extra" gli "svaghi", la seconda interpretazione è perché una perosna "deve lavorare" per avere delle risorse necessarie per andare avanti.

L'AB interpreta questa domanda nella seconda variante, e trova che il "dovere" sia la risposta a chiave al dilemma del lavoro, perché in Italia il lavoro è un dovere, non è né un diritto né un piacere, ma un dovere e è stato fatto in modo (o almeno prima l'etica in questo aveva una efficacia micidiale) che le persone provassero un intenso senso di colpa e vergogna se non lavoravano.

Il tutto porterebbe ad una doppia volonrepulsiva, dover lavorare, paura di non avere risorse per andare avanti. 

Un giorno mia nonna mi disse "ma la sera quando sai che il giorno non hai concluso nulla (per concluso si riferiva al fatto di non aver lavorato, di non aver seguito il dovere) non hai dolore allo stomaco, non ti senti in colpa, non ti vergogni?"

Cosa voleva dire mia nonna? Che il lavoro per lei e per tutti è un dovere, forse uno dei più intensi, al punto che se non lo fai giorno per giorno la notte stai male, e lei essendo rigida mentalmente se lo domandava meravigliata, perché crede che sia così per tutti.

La domanda quindi si potrebbe rigirare in "il lavoro è realmente una condanna per tutti?".

La risposta che da l'AB è un secco no, e la soluzione è nella variabile temporale? La variabile tempo è fondamentale, perché queste domande posta a 22 anni ormai statisticamente "inutile" almeno che di condizioni facilitanti familiare, ma immaginate di porre questa domanda verso il periodo dello sviluppo, il potenziale diventa enorme.

In quella età una persona potrebbe iniziare a costruire passioni e orientarle verso la remuneratività, andando ad aggirare completamente la condanna etica, che spinge una persona a seguire un sistema che ti spinge a lavoro senza benessere, in cui l'unica cosa che conta è portare a casa il "pezzo di pane".

Il sistema etico attuale è triplamete fallimentare perché non solo non costruisce l'impalcatura per un lavoro/passione, ma al tempo stesso riempie il bambino di illusioni etiche, come il merito, l'impegno, che lo spingeranno a fare qualcosa che funzionerà solo fra quelle mura, per ritrovarsi poi in un mondo completamente diverso, ma la botta finale arriva con la visione del lavoro, questa entità che viene fatta credere quasi magica, come se per ognuno di noi ci fosse un posto impacchettato col fiocchetto e che sarà il nostro premio una volta che avremo dimostrate al sistema il nostro impegno mostrato, rigorosamente garantito dal pezzo di carta.

Ecco che il fallimento educativo si traduce in zero preparazione se non minima e alla nulla comprensione del concetto di lavoro e la persona non può gestire anticipatamente il problema "lavorare".

Per questo le persone pensano che sia utopitisca questa proposta, perché non comprendono che intervenendo sull'insegnamento in tempo è possibile rendere questa cosa fattibilissima.

Quanto più si parte in ritardo quanto più diventa estremamente difficile, una difficoltà che diminuisce progressivamente quanto più questo fenomene viene considerato anticipatamente e c'è un insegnante valido che lo guida.

Immaginate un genitore che fa comprendere questo concetto al suo figlio, spiegando che già da allora può trovarsi una passione, coltivarla giorno e per giorno e iniziare piano piano a trasformarla anche in remunerativa, così quando arriverà sui 20 anni, non starà come gli altri sul dire "e ora che faccio?".

 

Io mi rivolgo a tutte le persone che pensano di mettere al mondo un figlio, a tutti i bambini che sono ancora in tempo e a quelle persone che hanno la possibilità economica di prepararsi (rinascere) e quindi temporeggiare; a queste persone dico che l'unico modo coerente per essere felici e allo stesso tempo autosufficienti a livello economico è fare di una passione qualcosa di anchee remunerativo.

Questa è l'unica possibilità allo stato attuale della società e che sia al tempo stesso compatibile con legge (oltre che sfruttare bug del sistema come investire in borsa, gioco d'azzardo, ma sarebbe efficace per una porzione di popolazione irrilevante).

 

La domanda iniziale della ragazza può essere riformulata con "conviene lavorare per sopravvivere?" La risposta dell'AB è ,se si è ancora in tempo, un secco "NO", altrimenti non è più questione di convenienza ma solo di un obbligo, di una condanna per non essersi preparati in tempo.

L'AB ritiene che essendo l'età di entrata al lavoro variabile dai 18 ai 30 anni la persona abbia sufficiente tempo per preparsi nel trovare passioni e trasformale in remunerative, specialmente se già a 5, 6 anni si hanno affianco persone che sono in grado di insegnarglielo, farglielo comprendere e accompagnarlo verso questo obbiettivo.

Il sistema attuale genitoriale e scolastisco è all'esatto opposto, fa crescere un bambino con l'illusione del merito, lo convince che sia sufficiente impegnarsi e che un giorno il premio sarà un "buon lavoro" senza pensare minimamente a variabili come il benessere, quanto possa destabilizzarlo, farlo soffrire etc..

Una dimostrazione di quello a cui siamo arrivati con questo sistema illusorio, basato sulle carte, sull'impegno sul nulla di concreto:

"Sono in cerca di un lavoro da qualche mese. Ho fatto alcuni colloqui: tutti mi dicono che ho uno splendido curriculum, sono perfetta, sono la laureata che ricercavano ma nessuno mi richiama."

Con questo possiamo confermare l'ipotesi che le persone vedono il lavoro come uno spazio a loro destinato, viene fatto credere loro che esiste questa entità astratta chiamata lavoro e che loro più o meno casualmente andranno a riempire dei buchi prestabiliti fatto apposta per loro, e che più si è perfetti, nel senso di "alti voti" "scritte sul curriculum" "predisposizione al sacrificio" etc.. più sarà alta la probabilità di lavorare, più saranno premiati con un "bel lavoro".

Non viene spiegato loro che il mondo è fatto di bisogni pratici, è fatto di specializzazioni, è fatto di cretività, per loro c'è questa entità quasi magica chiamata lavoro e che tramite rituali fatati quali mandare curriculum facendo a gara a chi scrive meglio quello che fa FINTA si saper fare un giudice che fa finta di non capire li selezionerà "giustamente".

Poi la realtà invece non è come quella magica che credono che sia, e le persone ora vengono scartate più che mai, la farsa finisce prima del tempo, tutti sgamati, come mai? Semplice o hai esperienza o sei fuori, si sono resi conto tutti che ormai la scuola è una perdita di tempo, non c'è tirocinio, non c'è pratica, è solo un business, hai pagato per un pezzo di carta che non serve più a nulla (salvo qualche università italiana che invece mantiene una alta efficacia di insegnamento).

Quando finirà questa piaga? Quando tutti quanti noi che ci abbiamo sbattuto il muso, tutta la nostra generazione farà dei figli e non li iscriverà all'università almeno per come è concepita ora, la situazione odierna è stata la conseguenza di un'etica vecchia che è stata abbindolata nell'ultimo decennio da false promesse, genitori che non hanno potuto studiare e non si sono resi conto che sono stati dei "miracolati", ma sono rimasti con quel bisogno e senza esperienza, aggiungici l'assenza di un metodo critico e tutti quanti a mandare i propri figli all'università per la rivalsa, pensando che fosse la scelta migliore che potessero fare, arricchendo solo le tasche di questi dispensatori di pezzi di carta.

 

L'intervento non è solo dei genitori, ma va riscritto anche il sistema scolastico, in cui già alle elementari e alle medie andrebbe spiegato cosa sia il concetto di lavoro, specialmente di quello internazionale, andrebbero spiegati concetti come bisogni reali, e che tramite la soddisfazione di questi che si possono creare business e quindi lavoro, portare la persona a vedere il lavoro per quello che è realmente, senza tutte le illusioni etiche di mezzo.

Spiegare che l'università è non è per tutti, anzi per pochi, almeno che con il tempo l'università non si trasformi in qualcosa che sia anche principalmente pratica o una buona sintesi dei due, perché ti tutta questa teoria che se ne fa una nazione intera?

 

Per i più scettici propongo uno scenario, poniamo che quei stessi libri che una persona studi all'università li studi una persona all'esterno, dato che non esiste un test finale che chi mi garantisce che una persona non abbia studiato tutto a memoria per l'esame per poi dimenticarlo, come fai a dire che quello con il pezzo di carta è superiore a prescindere da quello che l'ha studiato per conto proprio? Come puoi dire che sufficiente per fidarsi? Alcune persone potrebbero pensare che l'esame di stato sia in qualche modo uno scoglio finale, ma non è minimamente sufficiente, prima cosa perché una persona potrebbe rifarsi una piccola maratona, rimettersi a memoria gli argomenti più papabili e superarlo lo stesso, rimarrebbe sempre il problema che è un mucchio di teoria senza la minima attitudine.

L'obbiettivo ultimo di un sistema scolastisco è quello di fornire attitudini esistenziali, aprire la mente la persona verso ogni possibile interesse, e poi fornirgli mezzi per sviluppare attitudini specializzare in quel settore, per le attitudini esistenziali zero e lo dimostra il fatto che le persone non sappiano nemmeno comprendere cosa sia il lavoro, e per le attitudini specializzate sono poche le università e scuole italiane statisticamente parlando che sono in grado di farlo.

Concludendo l'AB ritiene che nel paronama italiano la situazione sia descrivibile come "disastrosa" in cui il sistema scolastico non prepara minimamente a livello esistenziale una persona a scegliersi dei percorsi da portare avanti e seguire con coerenza, a cui ci si affiancono genitori con un'etica illusoria che li porta a credere che la scuola sia tutto, che i pezzi di carta siano tutto, e quindi non fanno nulla se non alimentare le illusioni di questi figli che finiscono per accumulare dati su dati che prima poi vengono dimenticati, ma non solo arrivano infine a scegliere l'università in uno stato di "confusione esistenziale" e nell'ottica di "quale mi da più probabilità di essere un tappabuchi?" E tutto questo alla faccia della felicità, alla faccia della coerenza, alla faccia della preparazione e alla stregua del caos.

 

Desidero elencare alcuni esempi di persone che non hanno fatto altro che iniziare una cosa di piccoli e portarla avanti, non c'entra il talento, non c'entra la fortuna, c'entra il fatto che ci sia stata costanza, passione e tempo sufficiente a prepararsi.

 

Lavoro e frustrazione.

Lavoro come passione.

 

ultima modifica il: 22-09-2019 - 14:17:46
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