Home
Psicologia
Raziologia
Puzzle della Comunicazione
Diario
Test
Info & Contatti
 
- Vergogna -
riabilita aiuti

Cos'è la vergogna?

La vergogna è il sentimento che si prova nel momento in cui si percepisce un possibile giudizio negativo sulla propria persona e si associa ad esso un possibile evento dannoso per i propri obiettivi e per il proprio status quo.

La vergogna è un sentimento altamente frequente, siamo animali sociali e tramite il sentimento di vergogna riusciamo ad adattarci meglio alla società.

La vergogna produce un comportamento osservabile che viene definito imbarazzo, non sempre la vergogna sfocia in imbarazzo e non tutte la manifestazioni di imbarazzo sono identiche.

La vergogna non va vista come una regola meccanica, pensando che ad ogni giudizio negativo esplicito segua necessaramente un sentimento di vergogna.

Affinché scatti questo sentimento è necessario che avvengano due cose:

- il giudizio può essere anche solo presunto o possibile, non si prova vergogna solo di fronte a giudizi negativi espliciti, si prova vergogna anche solo quando si interpreta una piccola manifestazione come lo sguardo o il tono della voce, oppure anche solo pensare che l'altro ci stia giudicando anche se non ci siano segnali in tal senso. Non è necessario che ci sia sempre un giudizio esplicito;

- a quel giudizio negativo il soggetto deve percepire un danno per sé, deve vederci collegate un qualcosa che gli fa paura, ad esempio il soggetto non vuole che si sappiano in giro alcune cose negative di lui e se vede che qualcuno l'ha scoperto ecco che nasce un profondo senso di vergogna perché teme che lui e altre persone ora sapranno quella cosa, rovinandogli la reputazione.

 

Questo ci fa capire che a volte ci vergognamo per un giudizio che nessuno ha fatto ma che abbiamo fatto per la nostra testa e che a volte nonostante qualcuno ci giudichi negativamente non scatti alcun senso di vergogna perché a quel giudizio non viene associato a nessun danno. 

Per poter comprendere il concetto di vergogna è necessario prima aver chiaro in mente cosa sia il concetto di danno, di danno alla propria vita, alla propria persona, ai propri obiettivi sociali. 

Ci vergognamo non perché riceviamo il giudizio negativo ma per quello che crediamo avverrà in seguito a quel giudizio negativo.

Sono due le tipologie di danno che prevalentemente un soggetto percepisce:

 - punizione, gli altri potrebbero farci del male, il soggetto si rende conto che quando facciamo qualcosa di sbagliato agli occhi degli altri, questi tendono ad avere reazioni negative come vendicarsi, trattarci male, rimproverarci, etc...

- fallimento dei propri obiettivi sociali, il soggetto voleva fare qualcosa che lo avvicinasse agli altri, per costruire qualcosa, ma sa che se gli altri lo giudicano negativamente questo potrebbe non avvenire.

Provare vergogna diventa un incentivo a modificare il proprio comportamento per evitare situazioni dolore o rimediare nel caso si fosse già sbagliato, anche se va considerato lo scenario in cui la vergogna viene vissuta come un conflitto interno che non produce nulla, viene vissuto in modo negativo o perché non si trasforma in nessuna azione utile o perché spinge il soggetto a fare qualcosa che non vorebbe fare, qualcosa che non sente proprio (ignavia).

Queste tipologie di danno sono riconducibili alle due tipologie di giudizio che si possono ricevere, ovvero giudizio di valore e giudizio di sinderesi: 

- si definisce giudizio sinderesi quel giudizio che si fa nel momento in cui giudichiamo le azioni degli altri sulla base di quanto queste possano danneggiarci o avvantaggiarci. Ad esempio abbiamo appena steso i panni e vediamo i nostri figli che giocano tutti sporchi vicino allo stendino, è probabile che li giudicheremo sindereticamente in modo negativo perché perciamo il possibile danno per poi doverli lavare, sgridando i bambini e dicendo loro di giocare altrove o di pulirsi prima di giocare in casa. Si teme il giudizio di sinderesti negativo perché in qualche modo sappiamo che l'altro potrebbe reagire in modo negativo vedendoci come una minaccia a sé, quando ci giudicano come un male per loro.  Il giudizio di sinderesi positivo da parte degli altri viene definito approvare, il giudizio di sinderesi negativo viene definito disapprovare;

- si definisce giudizio di valore quel giudizio che si basa su quanto possiamo piacere agli altri. Giudizio fondamentale per essere notati, cercati e costruire legami di amicizia, lavorativi o sessuali con altri soggetti. Questo giudizio è fondamentale perché se agli altri facciamo schifo "non ci vorranno", ci scarteranno quando li stiamo consocendo o ci lasceranno se nel frattempo non gli piaceremmo più. Questo giudizio quindi danneggia il soggetto su ciò che vorrebbe costruire con gli altri, nell'integrazione con il mondo e con i rapporti che ha già costruito. Il giudizio di valore positivo viene definito "apprezzare" mentre quello negativo "disprezzare".

 

Detto in altre parole, se gli altri ci approvano e ci apprezzano difficilmente avremo problemi e saremmo sempre ben voluti, se gli altri ci disapprovano e ci disprezzano avremo problemi e saremo scacciati. 

Il giudizio di valore negativo tenderà a farci fallire gli obiettivi sociali, il giudizio di sinderesi negativo tenderà a farci ricevere reazioni negative da parte degli altri.

Ma non è detto che sia sempre così, ad esempio anche l'essere disapprovati potrebbe portare al fallimento di un obiettivo sociale, perché qualcuno potrebbe non volerci proprio perché anche se gli piacciamo, ci percepisce troppo distante da sé, con un comportamento distruttivo. Quante donne hanno lasciato il loro uomo non perché non le piacesse più ma perché era diventato tossico? Perché disapprovano il loro modo di essere anche se continuavano ad essere innamorate di quelle cose che fin da subito avevano apprezzato e trovato piacevole. Ogni dinamica è unica, ma tenere a mente la differenza fra giudizio di sinderesi e giudizio di valore ci aiuta a capire qualsiasi dinamica, tutte le implicazioni, specialmente quando queste sono conflittuali e complesse.

 

 Dietro ogni sentimento di vergogna ci sono tutti questi calcoli, fatti a volte consciamente e a volte inconsciamente, ed è per questo che ad esempio una cura farmacologica può portare immediatamente a dei risultati, perché va a sopprimere quella parte inconscia che fa continue valutazioni negative riguardo al possibile giudizio esterno e possibili conseguenze.

 

La cosa più importante da capire è che non è detto che il soggetto ci prenda queste previsioni, provare vergogna non vuol dire che allora accadrà ciò che si è pensato. 

Il soggetto potrebbe calcolare un danno maggiore o minore di quello che verrà in realtà ma il fatto di pensarlo scatenerà in lui il senso di vergogna sulla base dei pensieri che ha fatto, sulla base di quello che crede succederà.

Non sempre però questo danno viene percepito consciamente a volte il soggetto è stato talmente condizionato da sentirlo anche se non lo pensa, un modo per capire se il soggetto sta provando paura per qualcosa (conscio) o invece lo sta vivendo con angoscia (inconscio) è quello di domandargli "ma esattamente cosa pensi che succederà a seguito di quel giudizio? Perché ti stai vergognando? Quale danno pensi di ricevere?" se il soggetto sa rispondere è conscio se non sa rispondere può essere preconscio o inconscio (si legga pensiero automatico per approfondire e comprendere il preconscio).

 

Il sentimento di vergogna è altamente complesso perché si basa su tre passaaggi, in ognuno dei quali possono annidarsi errori:

- percezione del giudizio negativo, il soggetto potrebbe percepire un giudizio negativo quando non c'è. Intepretando ad esempio una battutina come un giudizio negativo quando era solo per scherzare;

- percezione del significato di quel giudizio negativo, dove il soggetto crede di aver ricevuto un tipo di giudizio negativo ma in realtà ne ha ricevuto un altro. Ad esempio confonde giudizio di valore con giudizio di sinderesi, non riesce a capire esattamente cosa l'altro stia giudicando negativamente, se laltro stia disapprovando qualcosa, disprezzando un qualcosa in particolare. Il soggetto non riesce a cogliere il significato esatto del giudizio;

- percezione del danno a seguito del giudizio negativo, il soggetto percepisce un danno che o non ci sarà o che sarà diverso da come l'aveva immaginato.

 

Questo ci ricorda di quanto il soggetto possa finire per provare una vergogna che in realtà non esiste ed è frutto dei significati arbitrari che il soggetto sta dando a delle cose.

Se ad esemio non capiamo il significato del giudizio che abbiamo ricevuto non possiamo prevedere alcun tipo di danno corretto, se stiamo con qualcuno che conosciamo ma non capiamo cosa ci sta giudicando negativamente non potremmo fare alcuna previsione corretta di ciò che potrebbe succedere.

Si parlerà di vergogna razionale, se il soggetto non ha commesso alcun errore deduttivo e non possiede alcuna credenza distorta, viceversa si parlerà di vergogna irrazionale. La vergogna razionale ci dice solo che il soggetto sta provando vergogna per un danno che è accaduto o che accadrà, significa che ha fatto una previsione corretta e che si sta vergognando per qualcosa che esiste realmente e non è solo nella sua testa. 

Di fronte ad una vergogna razionale è necessario che il soggetto si interroghi e si chieda "perché ho così paura che mi succeda questo?" cioè il soggetto si chiede "si ok, ho previsto correttamente il danno, ho capito il giudizio ma perché soffro così tanto per quel danno? Forse mi conviene cambiare qualcosa?".

Mentre la vergogna irrazionale cessa nel momento in cui il soggetto nota gli errori che ha fatto e che sta provando emozioni per una realtà che è solo nella sua mente.

Cosa succede quando si prova il sentimento di vergogna? Che il soggetto risulterà più o meno imbarazzato, cioè a mostrare un comportamento inibito o impacciato,perché il soggetto sentirà l'esigenza di nascondersi, di scappare, avrà questa spinta ad evitare il danno che sta percependo che in qualche modo, paradossalmente, peggiorerà ulteriormente il quadro della situazione.

 

Per fare in modo che la vergogna si superi sono necessarie tre caratteristiche:

- vergogna razionale, eliminare le varie conclusioni distorte così da eliminare alla radice qualsiasi forma di vergogna che esista solo nella mente del soggetto e non si basi su giudizi o danni reali; 

- desensibilizzazione al danno, costruire una nuova personalità che non soffra così per quei danni. Ad esempio un uomo che soffre terribilmente ad ogni rifiuto da parte del sesso femminile, provando vergogna e imbarazzo in ogni occasione sociale, in presenza di donne. Fino a quando il soggetto non cambia se stesso per costruire una versione di sé che accetti il rifiuto e il fatto che non tutte le donne debbano necessariamente desiderarlo sessualmente non riuscirà ad eliminare quel senso di vergogna, perché ogni volta che ci saranno donne lui si sentirà danneggiato per paura di non piacere.

- ristrutturazione fronteggiamento del danno con resilienza, il danno viene vissuto in maniera meno emotiva se il soggetto sa che  qualsiasi danno riceverà lo supererà senza problemi. La pervezione del danno in un'ottica ottimistica, accettare l'idea che per quanti danni possiamo ricevere nel presente questi non sono irrimediabili e che possiamo superarli. 

 

Sono tre tipologie di interventi che si possono fare, sia uno solo che tutti e tre, sono interventi da provare per migliorarsi.

 

La differenza fra desensibilizzazione e resilienza è che nella desensibilizzazione il soggetto cambia e di fatto non percepisce più il danno, quell'evento che potrebbe accadere non gli fa più paura perché non lo danneggia più, mentre con la resilienza il soggetto forte del fatto che il danno lo supera gli pesa molto meno, il danno viene visto come passeggero e come qualcosa di superabile, per ritornare ad una situazione di non danno.

 

Con queste caratteristiche l'impatto negativo della vergogna si può praticamente annullare.

 

 

Quando il soggetto pensa di aver fatto qualcosa strettamente riconducibile con il giudizio negativo anche se questo non è totalmente impattante si parlerà di gaffe.

Questo concetto è fondamentale perché aiuta il soggetto a non cadere nella trappola dicotomica del giudizio negativo, pensando che la realtà sia bianca e nera e che se qualcuno ci giudica negativamente accadrà il "massimo della pena". Pensare le cose in termini di gaffe ci aiuta a capire che un giudizio negativo ha un peso che va quantificato, il tutto va visto in una prospettiva di insieme, ci sono numerose forse attrattive e repulsive e non è detto che al primo errore smettiamo di piacere agli altri o riceveremo pesanti ripercussioni.

 

 

 

 

Il paradosso della vergogna in contesti positivi, il ruolo dell'autostima e dell'autoimmagine

Alcuni soggetti vivono in una situazione per cui il giudizio esterno non conta più, anche di fronte a giudizi positivi o assenza di giudizi il soggetto reagisce in modo negativo perché si sente scoperto e comunque giudicato negativamente. Sono soggetti che hanno una visione di se stessi tale che qualsiasi giudizio esterno non ha significato, stabiliscono loro come gli altri li giudicano anche quando non li stanno giudicando affatto. Ad esempio una donna che si vede brutta, di fronte al complimento di un uomo prova vergogna, perché crede che in realtà lui abbia visto un corpo brutto e pur di farci sesso è disposto a dire quella falsità. Va considerato quindi anche la possibilità che il soggetto sia completamente svincolato dalla realtà per basarsi solo su una visione interna. 

Un altro esempio è quello in cui una donna potrebbe emettere un rumore e pensare che l'altro l'abbia giudicato negativamente anche quando non c'è stato nessun giudizio, è stata una cosa indifferente.

La cosa vale anche al contrario, di fronte a giudizi negativi o assenza di giudizio il soggetto pensa di aver ricevuto un giudizio positivo.

Attenzione a non confondere questo fenomeno con l'effetto riflettore, ad esempio se la donna pensa "questo uomo mi sta giudicando l'aspetto fisico, mi sta guardando perché mi ha fatto un complimento, potrebbe in questa osservazione notare un mio difetto" qui la donna si vergogna quando riceve un complimento non perché non crede a quel complimento ma perché rendendosi conto di essere giudicata teme che l'altro scopra o che poi trovi qualcosa che non gli piaccia.

 

 

 

Il concetto di vergogna e il concetto di ridicol

A complicare questa situazione c'è il concetto di ridicolo, cioè il fatto che la persona non solo si possa sentire giudicata negativamente ma in tutto questo si senta anche inferiore perché l'altro sta ridendo, cioè si sta sentendo superiore, tramite i suoi sbagli o le sue carenze di valore.

Nella vergogna si mischia anche l'orgoglio e questo potrebbe rendere ulteriormente difficile per il soggetto capire esattamente cosa prova e fronteggiarlo.

L'orgoglio pone il soggetto in una situazione in cui prova piacere quando primeggia ma soffre quando si sente inferiore, quando vede che l'altro si sente superiore a lui.

Quando qualcuno ci giudica negativamente, ad esempio dicendoci che siamo brutti, questo potrebbe farci sentire inferiore e quindi farci soffrire oltre che per una dinamica di vergogna con pensieri come "mi vede brutto e non riuscirò ad avere un rapporto, mi scarterà" anche con il pensiero di "faccio schifo, lui è più bello di me, odio sentirmi così inferiore agli altri".

Le due cose vanno separate, facciamo un esempio immaginiamo un soggetto che crede di avere un difetto fisico che nasconde, nel momento in cui qualcuno lo scopre e lo dice a ttutti il soggetto potrebbe soffrire per la vergogna di non avere più nessuno che poi vorrà stare con lui, che non piacerà più a nessuno ma anche perché molti potrebberlo prenderlo in giro e quindi farlo soffrire facendolo sentire inferiore, schiacciato, dominato dagli altri. 

La sua quotidianità in quell'ambiente può essere rovinata sia per una questione di vergogna ma anche per una questione di orgoglio. 

 

 

La vergogna ruota intorno a tematiche che si ripetono, a fragilità condivise:

- paura della stigmatizzazione e restare soli;

- paura delle punizioni, essere sensibili agli altri e quello che ci possono fare psicologicamente e fisicamente;

- paura di fallire nei propri obbietivi sociali;

- paura di perdere la competizione sociale, essere fra gli ultimi, fra i derisi, non essere normali o sopra la media.

 

 

Queste tematiche sono le più diffuse, ma ognuno ha le sue sensibilità, va considerato il relativismo. 

 

 

 

 

 

Elenco di disambiguazione per fare chiarezza con gli altri fenomeni:

- vergogna riflessa, vergogna che nasce non dalle proprie azioni ma pensando che si pagheranno le conseguenze per le azioni degli altri. la persona esce con un amico e sa che il solo fatto di essere amici crea una connessione di coresponsabilità, quindi se  l'amico fa qualcosa che pensa abbia conseguenze negative ecco che scatterà questo sentimento di vergogna, pensate all'affermazione "non lo conosco" detto un po' per scherzo ma anche perché si tenta in qualche modo di dissociarsi. 

- cringe, il soggetto sa di non essere coresponsabile e non avverte nessun conflitto o spinta concreta ad evitare, fermarsi, scappare anche se comunque si immedesima nei panni dell'altro e prova questo imbarazzo empatico al punto che non riesce a guardare il soggetto che, sempre secondo il soggetto, sta facendo qualcosa di sbagliato o sta mostrando qualcosa di disprezzabile. Pensate a quelle volte che in un film non riuscivate più a guardare per la vergogna immedesimata nell'altro, chiudendo gli occhi o stoppando la visione;

- scrupolo, si parla di scrupolo per evidenziare nel dettaglio il fenomeno del pensare alle possibile conseguenze, l'imbarazzo così come la vergogna nascono proprio perché il soggetto si sta facendo degli scrupoli e sta pensando alle possibile conseguenze dei giudizi negativi che pensa di poter ricevere, lo scrupolo ci suggerisce che la persona pensa alle conseguenze e in questo caso le conseguenze sono collegate al giudizio negativo;

- ignominia/ignobile, questo concetto potenzia la emozioni negative date dal giudizio in quanto la persona non pensa solo al giudizio di uno ma pensa al giudizio di chi ha intorno. Questo fenomeno lo troviamo nell'imbarazzo e vergogna disadattivi, la persona non riesce a comprendere che quello che potrebbe fare sia disapprovato o disprezzato solo da una persona o alcune persone ma lo vede come qualcosa di negativo per tutti, qualcosa di assoluto. Per comodità si parla di fallaccia di ignonimia che impedisce al soggetto di comprendere la realtà e concetti come quello di controverso;

- timidezza, si definisce timida quella persona che nonostante vergogna e imbarazzo e relative remore riesce comunque ad avere un'esistenza appagante. Detto in altri termini la persona timida vince per la maggior parte delle volte i conflitti interni, la timidezza si oppone al concetto di sociofobico che in pratica è il destino di chi non riesce a vincere queste emozioni che gli impediscono di raggiungere ciò che desidera; 

- disdoro, il sentimento che si prova nel momento in cui ci si rende conto che i giudizi di valore non vanno presi singolarmente ma si vanno ad accumulare e che gli altri si costruiscono un'immagine di noi. In questo caso la persona non teme di per sé il giudizio ma il fatto che vada ad alterare l'immagine costruita. Le persone che soffrono per il disdoro sono quelle che non desiderano trasmettere un'immagine reale di loro perché probabilmente pensano che questa sia insufficiente per i loro obbiettivi;

- soggezione, quello stato in cui la persona percepisce di essere guardata e quindi probabilmente giudicata, cosa che va ad alimentare le paranoie di giudizio o la presunzione di giudizio. La questione si complica nel momento in cui la persona non va in paranoia per qualcosa di specifico ma potrebbe temere l'evento ignoto del "e se trova qualcosa che non gli piace o di sbagliato?".

 

Approfondiamo il concetto di disdoro, la persona si rende conto che agli occhi degli altri (salvo specifichi casi) il suo valore viene valutato nell'insieme. Quindi una persona viene vista per quello che piace in vari punti, ma anche quello che non piace generando un'immagine completa. 

 

Il concetto di disdoro insieme a quello di gaffe ci ricordano che è fondamentale conservare una visione d'insieme, per evitare deduzioni errate che ci fanno pensare a danni e conseguenze maggiori di quelle che ci sono in realtà.

 

Questo porta diverse persone a comprendere il concetto di compensazione e capire che non tutto è perduto, ma che si possono compensare situazioni deficitarie investendo in qualcos altro di attinente che compensi l'errore o la mancanza in qualche cosa.

 

 

 

 

Vergogna e sproloquio

Alcuni soggetti quando si vergognano iniziano a parlare perché pensano nella loro mente che parlando distrarranno l'altro dal fare quei giudizi o concentrarsi sui loro difetti, come se parlando tentassero di impedire che avvenga ciò che temono. 

 

 

La confusione fra vergogna e senso di colpa

Alcuni soggetti non sono in grado di capire la differenza che c'è fra queste due emozioni, finendo addirittura in alcuni casi per pensare che se non c'è senso di colpa non ci sia vergogna, come se per qualche meccanismo perverso il soggetto si sente immune dal danno se non viene considerato responsabile.

Il senso di colpa è tale perché possiamo venire puniti per regole che violiamo quando gli altri si rendono conto che siamo stati noi ad averle violate, il senso di colpa è tale perché abbiamo violato delle regole e gli altri ci puniscono per questo.

Ma la vergogna è altro, ci vergognamo per la paura che gli altri ci facciano qualcosa se diventiamo una minaccia per loro (disapprovazione) o se non gli piacciamo abbastanza per come siamo e non c'è giustificazione che tenga.

Se ovviamente non abbiamo colpe, non siamo responsabili, nessuno si accanirà su di noi per quello, ma non avere colpe non rende immuni dai danni, non si confonda quindi il "almeno elimino con il senso di colpa" con "se non c'è colpa, non c'è vergogna".

Facciamo un esempio, se nasciamo con una malattia genetica, non abbiamo colpe e per quanto possiamo andare agli altri e dire "guarda che sono brutto per colpa dei miei" a questi non piaceremo comunque. Il soggetto quindi percepisce che anche se non ha colpe la sua condizione genetica che si riflette ad esempio su un difetto, lo penalizza, quindi proverà comunque vergogna nel farla vedere a quelle persone che vorrebbe "attrarre" perché sa che quel difetto danneggia il suo obiettivo.

Non confondete senso di colpa e vergogna, sono due emozioni completamente differenti che in alcuni casi possono manifestarsi insieme, in quanto quando sbagliamo qualcosa possiamo venir puniti sia per il fatto di aver violato una regola sia per le conseguenze negative che questo ha sulla persona che ci giudica.

Non avere colpe non vi salverà dalla vergogna ogniqualvolta sarete di fronte ad un giudizio che vi farà sentire danneggiati, perché se non piacete l'altro vi tratterà male o vi abbandonerà comunque.

 

 

 

Il problema del giudizio distorto negli altri

Alcuni soggetti sono consci che di fronte a loro non hanno "giudizi razionali e perfetti" e quindi tendono a temere maggiormente gli altri e il loro "sparlare" in quanto un soggetto che ci parla male può influire sul giudizio di altri. Questo potrebbe spiegare perché il soggetto sia maggiormente sensibile al giudizio negativo, specialmente in un'ottica di "parlerà ad altri e mi rovinerà" perché pensa a quanti danni possa fare qualcuno che intenzionalmente o meno parla male di lui. Questo fenomeno è accentuato in quei soggetti che hanno vissuto con questo tipo di soggetti, quindi potrebbero sentire questa problematica maggiore di quella che è realmente. Il fenomeno esiste ma può essere difficilmente quantificato, specialmente quando si parla di danno.

Questo problema apre una realtà scomoda, ovvero che in tutta questa irrazionalità, sul fatto che gli altri possono farsi influenzare o giudicarci male solo perché qualcuno gli ha detto qualcosa, ci fa capire quanto convenga sviluppare una visione basata sull'abbandonza, chiamata mentalità dell'abbondanza, invece di controllare i singoli giudizio o la realtà accettare che questa vada in un certo modo, investendo affinché nonostante tutto, si possa trovare comunque persone a cui piacciamo così per come siamo, che sono in grado di vedere il nostro valore senza eccessivi sforzi e che non si lasciano abbindolare dalle chiacchiere.

 

 

Il relativismo del giudizio e capire quanto sia difficile prevedere aiuta il soggetto a fare meno conclusioni distorte e diminuire la vergogna da presunzione di prevedere il danno.

 

ci sipuò senire ridicoli senza vergogna? Si, orgoglio e vergogna sono dinamiche indipendenti, a volte un giudizio negativo può attivarle entrambe.

 

 

Vergogna e senso di colpa

Ci sentiamo in colpa quando percepiamo che siamo stati i responsabili di quel giudizio negativo e al tempo stesso pensiamo di poter porre rimedio, cambiare le cose, un sentimento che ci spinge a "rimettere tutto a posto". Avviene prevalentemente per il giudizio di sinderesi, ma può accadere anche per quello di valore, ad esempio una persona brutta esteticamente che si sente in colpa perché non fa nulla per migliorare la sua condizione.

 

 

 

 

 

 

APPUNTI:

A livello cognitivo vergogna e scrupoli potrebbero essere processati nella corteccia prefrontale ventromediale (VMPC) e la verecondia?

 

Rivalsa del valor

La vergogna aumenta se il soggetto è paranoico? Si. La vergogna si basa sulla possibilità che possa accadere e l'autogiudizio.

"non ti vergognare di me" il soggetto chiede all'altra persona di non farsi questo viaggio del "potrebbe disapprovarmi, mi vergogno" e lo rassicura dicendo che non giudicherà negativamente nulla, che per lei "va bene così".

 

Vergogna e effetto riflettore

Il soggetto crede che in quel momento gli altri stiano vedendo esattamente ciò che non vuole che si veda, la metafora del riflettore ci suggerisce questo essere in bella vista e chiari, il soggetto si sente gli occhi addosso e puntati verso ciò che in realtà desiderava nascondere e che invece crede sia messo in risalto e nitido agli altri.

 

L'effetto riflettore non va confuso con l'effetto palcoscenico (numerosi sguardi addosso) e ne va confuso con il solo "sentirsi gli occhi addosso".

Un esempio di effetto riflettore lo si ha quando una persona ha dei problemi con la propria immagine corporea e quando pratica il sesso con il partner tenta o di non spogliarsi completamente o di farlo solo in ambienti poco illuminati così che si senta meno a disagio nel pensare che non si veda "al meglio" ciò che non accetti si giudichi o che comunque gli farebbe provare imbarazzo o vergogna.

 

L'effetto riflettore aumenta esponenzialmente la probabilità e l'intensità di provare vergogna.

 

 

ultima modifica il: 14-06-2019 - 12:43:54
Sito Realizzato da Palombizio Valerio Giuseppe