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- Precario -
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Cosa vuol dire precario? Cosa si intende per situazione precaria?

Si definisce precario un soggetto che sente di non avere quelle certezze sul suo futuro, non avendo le basi per poter far investimenti.

Il concetto di precarietà è strettamente collegato al problema economico in quanto nella nostra società senza soldi non si può fare praticamente nulla, a volte nemmeno sopravvivere.

Con i soldi risolvi tutti i problemi pratici anche se potrebbero rimanere problemi emotivi e psicologici, ma questo articolo si rivolge solo ai problemi pratici.

Il denaro viene prevalentemente dal lavoro, in alcuni casi le persone ereditano una cospicua eredità, ma per la maggior parte della popolazione senza soldi non si può fare nessun progetto, senza un lavoro continuativo o un lavoro che permetta di accumulare una somma di denaro si finisce per essere di fatto nel precariato.

Facciamo un esempio pratico, una persona di 19 anni potrebbe fare l'università se i genitori non dessero loro i soldi per farlo? Lasciando perdere il caso delle borse di studio, il concetto di base è che se non pensi di avere i soldi per tutto il percorso di studio difficilmente si sceglie di fare quel percorso.

Una persona potrebbe fare un figlio se non sa nemmeno se dopo un anno lavorerà ancora? Fare un mutuo? Fare un progetto?

Fino a pochi anni fa il concetto di precariato non esisteva, da una parte si aveva la famiglia solida sempre pronta ad aiutare economicamente, dall'altra c'erano contratti a tempo indederminato e una persona si sentiva sicura di poter fare praticamente qualsiasi tipo di programma perché percepiva che i soldi in qualche modo non sarebbero mai mancati.

Ad oggi questa situazione sta venendo meno, perché il lavoro indeterminato sta diminuendo, molti lavori del terzo millenio sono a termine, sono dinamici, e le persone non sono pronte per questo.

Ci sono tre problemi principali:

- il primo è in chi fa i figli, soggetti con uno scarso potere economico, pochi soldi da parte che buttano figli in una realtà povera, esponendoli al rischio di non avere le basi economiche per farli partire, per farli formare, per farli vivere con quel senso di sicurezza necessario nel periodo di sviluppo. Chiunque fa un figlio senza una cospicua somma da parte è un irresponsabile che non si rende di quanto renderà difficile la vita al soggetto che ha messo al mondo;

- il secondo è il punto centrale, ovvero il concetto di valore, il lavoro c'è e anche molto, il problema è che questo lavoro viene dato a persone di valore, persone che hanno abilità specifiche sviluppate, che sono competitive e sopratutto hanno valori nei bisogni di mercato. Anche se questi lavori fossero a termine, essere consci di avere questo valore farebbe sentire il soggetto sicuro che in un modo o nell'altro lavora e non avrà problemi anche se non c'ha il "sogno del lavoro indeterminato";

- il terzo è la sintesi di primo e secondo, la mancanza di formazione del soggetto per farlo entrare nel mondo del lavoro pronto. Una persona figlia di un soggetto povero o prossimo alla soglia di povertà, figlia di una persona che probabilmente è ignorante e con un scarso QCM (altrimenti non avrebbe fatto un figlio in quelle condizioni) come può sviluppare valore, avere le opportunità e la base di partenza solida per sviluppare quei valori necessari per essere competivi e adattarsi anche ad un mondo privo di lavoro a tempo indeterminato? lavorativo e di conseguenza vivere con ansia il momento in cui il lavoro finirà a prescindere che ci sia una data chiara o meno. Mancano le basi affinché il soggetto si formi per entrare e adattarsi al mondo odierno.

 

Questi tre punti smontano l'illusione che ogni persona che ha un lavoro a termine si sente precaria. Non tutte le persone che lavorano in una situazione di incertezza si sentono precari, immaginiamo un soggetto che sa quanto vale, ha contatti, sa che nel momento in cui finisce un percorso lavorativo immediatamente ne potrebbe cominciare un altro, questo soggetto sebbene non abbia certezze non si sentirà precario, perché ha una certezza più grande, quella di sapere quanto vale e di sapere che un lavoro per lui ci sarà sempre per ciò che sa fare, i contatti che ha sviluppato e il suo essersi adattato a questo mondo.

 

 

Il precariato è un problema sociale perché questi soggetti vivono stati d'ansia che alterano sia il loro rendimento lavorativo sia la loro condotta sociale, se ad esempio 2 milioni di lavoratori si sentono precari probabilmente in preda all'ansia non faranno più acquisti, non investiranno più, possono sprofondare in depressione, danneggiando in termini economici a più livelli la società in cui si trovano.

Come si combatte la precarietà? Non insistendo sull'illusione del contratto a tempo indeterminato, saranno sempre meno i lavori di questo tipo, è necessario formare le persone per farle adattare al nuovo mondo, capendo che è necessario saper gestire bene i risparmi e creando una struttura sociale che non solo fornisca questa formazione ma anche che aiuti e faciliti il processo in cui si trova rapidamente un nuovo lavoro.

Un investimento da fare sul lungo periodo perché ormai gran parte degli adulti sono "persi" e probabilmente si sentiranno precari per sempre, è necessario partire dalla scuola, partire da quei genitori irresponsabili che buttano figli nel mondo senza potergli garantire un percorso di integrazione e adattamento, partire da quelle strutture di collocamento virtuose e che possano inseguire questa dinamica di ricollocazione facilitata. Ma il tutto ha una base comune, il singolo va formato affinché possa entrare in questo sistema e adattarsi ad un mondo dinamico, un mondo fluido.

 

DA CANCELLARE

 

Il termine precario, seguendo l'etimologia del termine, vuol dire ottenere per preghiera che ad una prima occhiata sembra un significato distante dall'uso che invece se ne fa oggigiorno che invece descrive l'incertezza lavorativa.

Questo concetto è stato usato per descrivere un cambiamento nella società dove si è passati da un sistema nel quale una persona lavorava in un ambito per cui le probabilità che il lavoro finisse erano nulle ad uno invece dove la situazione è esattamente l'opposta dove il contratto stesso di lavoro preannuncia di fatto la fine.

L'AB segue il significato quotidiano in quanto questo termine è utile per evidenziare un fenomeno che ormai a livello esistenziale tocca numerose persone.

Questo fenomeno prima di poter essere sviscerato necessita la consapevolezza di alcuni elementi, primo fra tutti il concetto di incertezza. Un errore che potrebbero fare le persone è quello di pensare che ogni soggetto sia insicuro, ci sono persone che nonostante siano conscie che il loro lavori possa finire o qualsiasi altro frangente umano non ne fanno un problema, sono persone che sanno gestire le probabilità, saranno considerarle e anche fare scelte basandosi su di essere senza che questa certezza li paralizzi (l'insicuro).

Il secondo punto da capire è che la realtà è priva di certezze e che il fenomeno che ha caratterizzato il lavoro dal dopo guerra fino a qualche decennio fa è stato un unicum storico. Cioè le persone essendo cresciute in quel contesto invece di capirlo hanno semplicemente concluso "le cose fino ad ora erano così e ora sono cambiate" ma la questione è diversa, c'è stato un momento di ricostruzione e di costruzione intenso dove la maggior parte delle cose andavano fatte o rifatte, c'era una richiesta di lavoro enorme e c'è stata anche abbondanza il che si è tradotto nella possibilità di portare una situazione dove chi lo desiderava (prevalentemente gli insicuri) ha fatto in modo di costruirsi una situazione lavorativa di questo tipo.

Ma chiunque abbia capito come funzioni la realtà sapeva già che non poteva durare se non in pochi settori, il mondo del lavoro è fluido e in continuo cambiamento così come i bisogni della gente mutuano e il lavoro è una risposta a tali bisogni. 

Questo unito al punto precedente cosa vuol dire? Che ancora oggi ci sono lavori in cui si può entrare e senza commettere errori rimanerci con un rischio basso di perderlo ma in percentuale questi lavori inferiori al mondo del lavoro nella sua vastità e complessità.

Una persona che si definisce precaria già di per sé indica di non aver capito quasi nulla della realtà, dimostrando insicurezza e una visione "lamentosa" verso qualcosa che non accetta e la fa soffrire probabilmente a causa della sua insicurezza.

Il miglior modo di gestire la nuova realtà lavorativa è quella innanzitutto di rendersi conto che da sempre l'illusione di un lavoro certo non è mai esistita, che prima c'era una struttura sociale diversa e un momento storico particolare che è svanito lasciando spazio ad una realtà più fluida dove comunque si conservano ancora lavori che si basano su bisogni più radicati e non sono a rischio.

Il governo ha comunque fatto dei cambiamenti eliminando le garanzie che si erano generante in Italia a causa di  "ignoranza e insicurezza diffusa" dove si era generato di fatto il "lavoratore intoccabile" e che non poteva essere licenziato a prescindere.

La situazione odierna è invece più logica e dà modo a persone che comunque preferiscono inserirsi in lavori meno a rischio di avere un basso rischio di licenziamento se si integrano nel gruppo di lavoro e non si mettono nella situazione di essere licenziati.

Ritornando al discorso se un soggetto è insicuro finirà per ripiegare in queste situazioni lavorative non considerando nemmeno le altre, ricercando comunque quella strada che più di tutte lo renderebbere meno insicuro, generando un problema di non poco conto dato che innumerevoli persone si rivolgono ad una tipologia di lavoro che va sempre più diminuendo.

 

 

Qui si ritorna al discorso di precario e di indicatore, è probabile che si definisce precario e parli di precariato punti a questo tipo di lavoro proprio perché nella sua mente fatica a capire la realtà nel suoi bisogni dinamici.

Chi è in grado di affrontare e gestire questo tipo di lavoro? Una personalità che presenta queste caratteristiche:

- non insicuro, una persona che sà gestire e capire una realtà probabilistica;

- autoefficace, una persona che sa cosa è in grado di fare, sa che è adattato in diversi settori e quindi vende il suo adattamento ad altri tramite opere, consigli o interazioni;

- consapevole del cambiamento, sa che in una realtà mutevole come questa conviene adattarsi in più ambiti e sopratutto sapersi specializzare ulteriormente in caso di richiesta, quindi quanto più una persona ha ambiti lavorativi quanto più ha probabilità di non restare mai senza lavoro nonostante il precedente possa finire;

- consapevole della promozione, la realtà ha dei bisogni ma ti cerca solo se ti conosce e ti considera, rimanere a casa e prendendere di lavorareè è qualcosa che non accadrà.

 

Qui inizia il paradosso all'italiana, ovvero la spiegazione dell'AB alla situazione italiana. L'educazione italiana media produce soggetti che non possiedono nulla di queste quattro componenti, ha generato una serie di persone insicure prive di autoefficacia, prive di consapevoleza sul cambiamento e della promozione. Persone a cui è stato fatto credere che se avessero preso il pezzo di carta avrebbero lavorato, cosa che ha prodotto ulteriori paradossi come gente che ha studiato a memoria non ricordandosi quasi nulla del percorso di laurea, e generando il problema odierno di numerose persone che non fanno altro che andare alla caccia del posto fisso o comunque di quello che oggi assomiglia di più ad esso e lamentandosi quando non lo trovano parlando di precariato.

La soluzione è nel sistema scolastico e famigliare, far crescere da subito ragazzi che siano consapevoli del mondo lavorativo, quindi inziare a investire in percorsi che una volta adulti saranno i campi dove saranno adattati e in alcuni casi ecceleranno, saranno autoefficaci perché sapranno fare realmente e non saranno persone disadattate con il pezzo di carta che richiederà poi master e una serie di tentativi ed errori al lavoro per capire qualcosa. Saranno persone non insicure perché tutto questo aprirà loro gli occhi su come funziona la realtà e non avranno bisogno della certezza di non essere licenziati perché non avranno paura della fine del lavoro, sanno che finito uno ne inizieranno l'altro perché la società li ricerca e li pagherà per i loro servizi. Saranno quindi persone adattate alla realtà, quella che è sempre stata la realtà a parte quell'unicum storico del dopo guerra e della ricostruzione.

Da qui si capisce come l'insicurezza più che la causa sia una conseguenza, la conseguenza di un'educazione fallimentare non solo da un punto di vista delle probabilità ma anche di generare un soggetto che senza quella certezza rimane paralizzato perché infondo è come se sapesse che una volta che termina quella situazione finirebbe in mezzo alla strada di una realtà che non capisce e con la quale non sa interagire.

Qui si arriva alla teoria sul lavoro 3.0 dell'AB, ovvero di quelle persone che sanno che il curriculum è solo uno specchio delle allodole, si lavora con la promozione che all'atto pratico vuol dire quattro cose:

- domandarsi quali delle proprie abilità hanno una richiesta di mercato seppur minima;

- inserirsi nei social network e in attività sociali non remunerative ma che diano visibilità;

- mostrare in questi contesti la propria abilità reale e non millantata, sia quella scelta ma anche altre, nessuno vieta di fare questo percorso per più attività contemporaneamente;

- generare una struttura come un sito web o qualsiasi altro punto di ricevimento sulle quali convogliare le richieste lavorative che i due punti precedenti genereranno. 

Chiunque sia in grado di portare avanti questi quattro punti lavorerà in qualsiasi luogo e tempo storico, questo è il mondo del lavoro che non è semplice ma nemmeno impossibile come alcune persone per comodità preferiscono illudersi.

 

Qual è il ruolo delle "crisi", la crisi produce un calo dei guadagni e niente di più, ma chi capisce questa logica e sa seguirla non resterà senza lavoro, il lavoro finisce nel momento in cui non ci sono più esseri viventi ma fino a quando questi ci sono il fatto che avranno bisogni indica che c'è lavoro a prescindere dal resto che potrà solo generare difficoltà ma non fermare il lavoro.

 

L'errore nasce quando il soggetto stupidamente definisce crisi il fatto che alcuni lavori cessino, dimostrando l'ignoranza di chi non ha capito la fluidità del mercato, si parla di crisi quando ad esempio un governo produce leggi inefficaci o ci sono altri accadimenti reali che danneggiano il mercato, portano un soggetto a diminuire le spese, etc..

ultima modifica il: 17-07-2018 - 1:27:37
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