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- Dismorfofobia -
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Cos'è la Dismorfofobia? 

Dismorfofobia letteralmente si traduce letteralmente "paura invincibile per la percezione distorta del proprio aspetto esteriore" che a livello pratico viene usato per intendere un soggetto che vedendosi più brutto di quello che è ha paura di approcciare le altre persone oppure ha paura di non piacere o ancora ha paura di esporsi al mondo, etc...

Con la dismorfofobia si parla di tutto quel fenomeno che ruota intorno all'autoimmagine distorta di sé che porta un soggetto ad una condotta fobica (teme le conseguenze di un'esposizione con tale aspetto esteriore) o impotente (che lo faccio a fare tanto non ci riesco).

Uno dei maggiori problematici di questo termine è che espresso in questo modo non lascia intendere la portata e la complessità del fenomeno, per questo in questo sito preferisco parlare di dismorfopatia.

La fobia viene meno, il punto centrare è il "dismorfo" cioè vedersi in modo distorto e "patia" cioè tutta la sofferenza e lo spettro di emozioni che deriva da questa percezione distorta.

Innanzitutto il concetto di dismorfismo diventa un nucleo a sè e poi c'è la patia che fa capire che il soggetto soffra in tanti modi differenti e non necessariamente solo manifestandosi con condotte fobiche.

Parlare di dismorfopatia rende chiaro l'ampiezza del fenomeno, che può sfociare si in comportamenti fobici o ansiosi, ma in tanti altri fenomeni per non parlare di tutto il dolore che il soggetto prova durante il giorno anche solo guardandosi allo specchio o ricevendo un complimento.

Guardiamo questo racconto:

"Nonostante io riceva complimenti anche da persone appena conosciute che mi rendono felice lì per lì, poi mi sento come presa per il culo, come se non ci vedessero bene... capita spesso di guardarmi allo specchio e di vedermi orribile, o anche solo di "percepirmi" orribile senza necessariamente vedermi... e vorrei sparire, vorrei abbandonare la mia faccia e il mio corpo e sostituirli con qualcosa di completamente diverso perché in quei momenti mi sento un vero mostro tanto da piangere e desiderare di rinchiudermi in casa per sempre".

 

Uno degli errori che si commettono più frequentemente è di pensare al dismorfopatico (d'ora in poi si eliminerà il concetto di dismorfofobia preferendo dismorfopatia) come un soggetto normale che si vede brutto, come se faticasse a capire il concetto di normalità, un soggetto single che fatica a trovarsi un partner.

Ma non è così il dismorfopatico è colui che ha una percezione distorta di sé e per questo ne soffre, può accadere ad una donna oggettivamente molto bella che si vede meno bella o bruttissima, una donna sposata ma che pensa comunque di essere brutta agli occhi del marito o degli altri, un uomo che a va a letto con diverse donne ma si vede brutto, può accadere a qualsiasi tipologia di bellezza, ciò che conta è che il soggetto abbia una visione di sé distorta che lo porti a soffrire a causa di questa sua visione.

La dismorfopatia produce sofferenza perché il soggetto a quella specifica visione distorta di sé ci compie sopra dei pensieri che lo fanno soffrire, a volta questi pensieri sono distorti a volte no, questo è un punto di partenza su cui si può anche lavorare per mitigare questa sofferenza.

A questo punto è necessario fare una differenza, numerosi soggetti non soffrono di dismorfopatia, soffrono perché vedono la loro estetica per quella che è e non la accettano, ne soffrono per tutta una serie di pensieri che fanno su quel livello istetico, che siano questi pensieri distorti o meno.

Questo fenomeno si definisce ipomorfopatia, il soggetto soffre se percepisce la sua immagine estetica sotto una specifica soglia, anche se ogni soggetto ne soffre per motivi differenti da analizzare caso per caso.

Approfondiamo ora il concetto di dismorfopatia.

 

La dismorfopatia nasce da una serie di errori logici che il soggetto compie, che rientrano in tre grandi gruppi:

- distorsione sul concetto di bellezza, il soggetto non ha compreso il concetto generale di bellezza esteriore e di come funzioni;

- distorsione sulla visione che il soggetto ha di sé specifica e del modello di riferimento che ha quando si parla di bellezza;

- distorsione sul concetto di giudizio relativo, giudizio oggettivo e giudizio soggettivo, distorsione in generale sul fenomeno del giudizio esteriore.

 

Il dismorfopatico è intrappolato in una serie di credenze distorte che toccano uno o più di questi punti. Questo vuol dire che ogni caso è a sé anche se la logica di fondo è sempre la stessa.

Ad esempio un soggetto potrebbe pensare che ha un corpo bello ma che c'è un difetto estetico che lo rende brutto non riescendo a capire che quel difetto ha si un'influenza ma marginale, pensando erroneamente che invece diventa bruttissimo per quel difetto.

La dismorfopatia non è statica, ma può essere anche dinamica, sopratutto se una persona va ad istinto o si affida a valutazioni preconscie, cioè non ha credenze specifiche ad esempio giudica al momento la sua immagine riflessa allo specchio e in base a diversi fattori contestuali si giudica bella o brutta.

Queste persone potrebbe esprimersi con pensieri come "A volte, anche nell'arco della stessa giornata, se mi guardo mi sembro bellissima, altre volte orribile. E questo indipendentemente da come sono pettinata o vestita e da che umore ho."

Oppure alcune persone si basano sui feedback, sentendosi belli o brutti a seconda dei feedback che hanno in quel periodo.

Una persona che invece pensa "se ho il naso così allora sono brutto" non avrà mai variazioni, la credenza sarà quella e fino a quando rimarrà quella credenza.

 

Facciamo  un esempio per differenziare la dismorfopatia dalla ipomorfopatia

Pensiamo ad una donna che percepisce di avere una bellezza perché ha un effetto sugli uomini, non è indifferente ma è orgogliosa, tremendamente orgogliosa e non accetta l'idea che esistano donne più belle di lei, perché sa che se si fidanza comunque il suo uomo prima o poi farà i paragoni con le altre, sa che potrebbe essere perfino lasciata per un'altra più bella, etc...

Ecco che nonostante veda il proprio corpo come un corpo bello al tempo stesso riesce a vedere la differenza con i corpi più belli, quelli oggettivamente più belli del suo e finisce per questo per odiare la sua immagine, il suo corpo, per soffrirne perché vorrebbe essere più bella di quello che è.

Questo fenomeno non è dismorfopatia ma è ipomorfopatia. Alcuni casi possono considerare entrambe le problematiche contemporaneamente.

 

La dismorfopatia per comodità può essere suddivisa in due grandi forme:

- dismorfopatia da mal interpretazione di fenomeni collegati all'estetica, il soggetto in qualche modo soffre perché ha interpretato erroneamente degli accadimenti della sua vita, dei giudizi, dei fatti, che hanno contribuito a creare un'immagine distorta della sua estetica;

dismorfopatia da delirio indipendente, il soggetto senza che vi sia alcun fenomeno accadutogli personalmente ha iniziato a sviluppare una visione distorta guardando il mondo, guardando le dinamiche o ascoltando chi gli diceva cose distorte riguardo alla bellezza. Questo potrebbe spiegare ad esempio il fatto che una persona non si sia mai scoperta o non ci abbia mai provato vedendosi brutta senza che mai nessuno glielo abbia detto, senza nessun trauma, solo una visione distorta di sé che si è radicata. 

 

Questa distinzione ci aiuta a ricordare che la dismorfopatia può avere decorsi completamente differenti ma che portano il soggetto a vedersi in modo distorto e vedere in modo distorto anche le conseguenze di quell'immagine che vede.

 

 

 

Cosa succede quando si tenta di ristrutturare un soggetto dismorfopatico?

Si possono osservare due possibili reazioni:

- la persona è convinta che le cose siano così, è praticamente delirante, ha un complesso di credenze sulle quali ormai si è chiusa e pensa che quella sia la realtà delle cose;

- la persona si rende conto che c'è qualcosa che non va, che sta soffrendo mentre altre persone no, arriva a sentire che probabilmente ci sono errori ma non riesce a trovarli, continua ad essere disfmorfofobica ma è aperta al cambiamento specialmente se qualcuno riuscisse ad aiutarla a trovare gli errori dato che da sola non ce la fa.

Il primo caso è difficile da superare, richiede un lavoro enorme da parte del terapeuta mentre nel secondo caso la situazione è più facile, dato che ci sono poche resistenze e la persona è in grado di accogliere più facilmente le dimostrazioni contrarie del terapeuta, le sue spiegazioni.

 

Seguirà ora un elenco riassuntivo delle fallacie più comuni alla base della dismorfofobia:

- il primo è la fallacia del particolare, la persona non riesce a comprendere che il difetto seppur esista non può essere preso singolarmente ma va comunque integrato in un giudizio d'insieme. Gli altri non ci vedono come un insieme di parti separate, ma come un insieme dove ciò che conta è la risultante finale, esistono un'infinità di sfumature di bellezza che si basano proprio sull'assenza di perfezione ma su un numero di difetti più o meno estesi. Ciò che conta non sono i difetti ma se nell'insieme si è belli per l'osservatore e per chi fosse interessato anche tentare di quantificare quanto si è belli;

- il secondo è il dualismo riduttivo "bellezza/bruttezza", cioè la persona ha una visione dicotomica tale da non comprendere le varie sfumature estetiche e non riuscendo a comprendere anche il concetto di indifferenza estetica, cioè quanto guardare qualcuno non suscita alcuna emozione e quindi non è né bello né brutto ma indifferente;

- il terzo è la fallacia riduttiva riguardo alla bellezza, il soggetto non comprende che la bellezza non è tutto perché deficita sul concetto di valore e di seduzione. Il soggetto crede erroneamente che senza bellezza non potrà mai piacere a nessuno;

- la quarta è la fallacia dell'universalità, il soggetto non capisce la differenza fra giudizio soggettivo ed oggettivo, pensando che tutti quanti lo giudichino allo stesso modo.

Queste sono fallacie più comuni ma non è detto che siano alla base di ogni caso di dismorfofobia che può essere compreso solo indagandolo.

 

 Come evolve la dismorfofobia a livello comportamentale?

In tre modi:

- evitamento, il soggetto sa che ogni volta che si vede sta male, quindi evita foto, specchi, evita di pensare alla sua condizione, evita di pensare alla seduzione, di avere rapporti, vive la sua vita eliminando completamente il lato collegato alla bellezza e sessualità;

- techine di neutralizzazione. Il soggetto che soffre e cerca di diminuire il dolore usando del cibo, droghe, alcol o tenta di autodistruggersi ulteriormente ingrassando a dismisura seguendo una logica del "se io ingrasso intenzionalmente nessuno potrà giudicare un corpo non al meglio, potrò sempre dire sono brutto perché sono grasso e non brutto perché sono brutto";

- ossessione. Il soggetto combatte la sua immagine corporea o tentando di migliorarsi o tentando di danneggiarsi, "punendo" il proprio corpo, con tagli, etc.. 

 

Amorfopatia

C'è una terza condizione che conviene prendere in esame, un soggetto tatalmente razionale sa che non può determinare con certezza la propria estetica, può arrivarci per sommi capi ma non può avere una risposta esatta e definitiva.

Ad esempio un uomo potrebbe chiedere a dieci donne di valutarlo, sei su dieci potrebbero dirgli che è carino e le altre quattro che non è il loro tipo. Grossomodo il soggetto può dire "ah allora ad una quota di donne piacicchio" ma se cominciasse a dire "ma quanto piaccio esattamente a queste donne?" o "perché non sono piaciuto a queste donne?" alla ricerca di dati sempre più accurati finirebbe per uscirne pazzo, precipitando in un'ossessione che forse all'inizio potrebbe dargli qualche risposta in più ma che poi finirebbe per lasciarli più punti interrogativi non che altro.

 

 

 

 

Un esempio dal web ci farà capire meglio questo punto:

"Confusione riguardo me stessa e come sono percepita
Come molti di voi già sanno, ho sempre avuto un rapporto conflittuale con la immagine e la mia presunta bellezza.
Dico presunta perché secondo il mio ragazzo, altri uomini, lo psichiatra e altre persone rispecchio a pieno l'idea di "bello". Altre volte, come è forse ovvio che sia, incontro pareri discordi. "Brutta però " non l'ha mai detto nessuno, (a partire dai 20 anni in poi, preciso, dato che ho passato una adolescenza e prenadolescenza vergognose e orribili, con conseguenti canzonamenti sul mio aspetto).
Vi sto parlando dell'argomento "aspetto fisico" perché soffro di un vero e proprio disturbo ossessivo (diagnosticato da psicologi e psichiatri) a riguardo. Nello specifico, passo tempo spropositato di fronte allo specchio alla ricerca dell'imperfezione più evidente e disturbante, quando esco mi interrogo sempre su cosa abbiano pensato gli altri sul mio aspetto, su quanti feedback positivi potrei avere avuto e soprattutto su quanti negativi. Non sono per niente sicura di me a dispetto dell'apparenza, molto procace e appariscente, cosa che a tratti odio visto che può essere un'arma a doppio taglio. In ogni caso, spesso sembro impettita, eccessivamente sicura del mio aspetto e di me stessa, e ciò cozza enormemente con il vero rapporto che ho con me stessa (forse..). Sono talmente ossessionata che creò sondaggi online tramite identità fake, a persone che conosco di vista.
Esempio: invece di utilizzare mie vere foto, credo un profilo con foto di un'altra ragazza o ragazzo e tramite questi cerco di interagire con persone della mia città del mio paese o che comunque mi conoscono di vista, nella maniera più delicata e meno sospettosa possibile, arrivare a un parere sulla mia estetica. Chiedo a tantissime persone, attraverso identità fake diverse, la presunta verità su di me.
So che è infantile è ridicolo ma chi soffre di disturbi ossessivi sa che certe cose sono irresistibili, non riesco a resistere all'impulso di sapere cosa ne pensano di me, anche perché i feed back reali, che ho dal vivo, faccia a faccia, non mi bastano.
Scopro quindi vari pareri positivi, e diversi negativi, forse in minoranza rispetto a quelli positivi. Quelli negativi però mi sembrano talmente rilevanti che mi butto giù, iniziò a sentirmi sgradevole, inutile, addirittura imbarazzante e mi chiudo in me stessa, mi deprimo e..bevo."

 

Questo raccontdescrive una donna che soffre sia ipomorfopatia sia di amorfopatia, questa donna sa di essere quasi al vertice della bellezza, ma non riesce con certezza a stabilire se è al top o quasi al top, perché la differenza sebbene sia minima è abissale. Ricordate la donna orgogliosa che non accetta che esistano dobbe più belle di lei? Sentirsi "fra le donne più belle del mondo" è diverso dall'essere "bellissima ma..." specialmente se la credenza "sono la più bella" la aiuta a credere che non verrà mai lasciata per nessun'altra o a non sentirsi inferiore di fronte a nessuna.

Non stiamo parlando di verità oggettive, ma di verità soggettive, ciò che la persona ha bisogno di credere per non soffrire.

Ricapitolando, sono prevalentemente tre le dinamiche che ruotano intorno al concetto di sofferenza per la propria immagine corporea:

- dismorfopatia, il soggetto vede un'immagine distorta di sé e soffre per le implicazioni che crede siano collegate a quell'immagine;

- amorfopatia, il soggetto soffre per il dubbio collegato al fatto che non riesce a stabilire con certezza la propria autoimmagine corporea e tutte le implicazioni paranoiche  che crede siano collegate alle sue possibili autoimmagini;

- ipomorfopatia, il soggetto con validità stabilisce la propria immagine corporea  e soffre per le implicazioni che crede siano collegate a quell'immagine.

 

 

 

ultima modifica il: 08-06-2019 - 7:14:49
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