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- Anaffetività -
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Cos'è l'anaffettività?

Si definisce anaffettivo chi prova affetto ma a causa di conflitti interni inibitori non lo fa trasparire nel comportamento. Per comprendere a pieno l'anaffettività è necessario avere chiaro il concetto di affetto, tutte quelle emozioni che proviamo, sia positive che negative, verso altri soggetti con cui scegliamo di rapportarci.

L'affetto che proviamo ci spinge impulsivamente e/o spontaneamente ad avere un comportamento che manifesta quelle emozioni che proviamo, ad esempio la voglia di abbracciare qualcuno, esternare i sentimenti, dirgli se ci ha ferito, vederlo, toccarlo, passarci del tempo insieme, etc..

Ma non tutti lasciano o riescono a far manifestare questo affetto, i principali conflitti sono:

- orgoglio ed educazione, specialmente negli uomini viene fatta passare l'idea che essere affettivi è da deboli, è da donne, è sbagliato, etc..;

- fallimento educativo e dolore infantile, si è cresciuti in un ambiente altamente disfunzionale per cui il dolore è stato una costante e fra le varie cose che ha danneggiato era anche l'affetto e il relativo comportamento che il soggetto provava per i suoi famigliari ed educatori;

- apprendimento disfunzionale, il soggetto è cresciuto con soggetti anaffettivi e specialmente a livello inconscio sente e vede quello come comportamento da seguire;

- paura degli altri, il soggetto ha sviluppato una serie di paure negli altri che lo portano ad essere inibito in qualsiasi manfiestazione, anche quella affettiva, questo soggetto si riesce a sciogliere solo con quei pochi soggetti di cui si fida e non teme.

 

Non tutto è anaffettività

Sono due le tipologie di errori che si commettono riguardo all'anaffettività:

- giudicare anaffettivo un soggetto che ha una manifestazione di affetto insufficiente per i nostir gusti, se qualcuno prova un affetto e una manifestazione che non ci piace o soddisfa si parlerà di "affettività insufficiente" e non di anaffettività;

- Chiamare anaffetivo un soggetto che non prova affetto nei nostri confronti. Se qualcuno non ha manfiestazioni d'affetto nei nostri confronti non è detto che sia anaffettivo, potrebbe essere che non provi niente per noi. Non si salti a conclusione senza avere dati per farlo.

 

Essere le cause dell'anaffettività altrui, chiedersi come lo sto inibendo?

 

Un esempio di anaffettività da inibizioni (vergogna e imbarazzo):

"Tendo continuamente a nascondere quello che ho dentro.
E' come se cercassi di non apparire vulnerabile, come se provassi una sorta di imbarazzo verso i sentimenti, come se questi ultimi stessero ad indicare una sorta di debolezza.
Faccio così da sempre, non so per quale motivo specifico. Questo meccanismo porta gli altri a ritenermi una persona insensibile e un po' cinica.
Credo di non aver (quasi) mai a detto a qualcuno "ti voglio bene" o "per me sei importante". L' unica persona, a cui mostrai questo lato di me, disse che ero una delle persone più sensibili che aveva mai conosciuto.
Anche ora, che sto scrivendo questo messaggio, sto provando una sorta di disagio, quasi come se rivelare a voi questo lato della mia persona mi stesse rendendo vulnerabile."

 

DA RISCRIVERE 

 

Prendiamo un racconto che aiuta a chiarire:

 

 

Questa ragazza è entrata nella fase del blocco del sentimentalista. Le prime parole del racconto contengono già il termine delusione e a complicare ulteriormente la questione c'è anche stata la constatazione dell'individualismo umano, componente che l'ha spiazzata enormemente e che ha probabilmente contribuito ulteriormente al blocco del sentimentalista. Si è resa conto che comunque non esiste quella magia del disinteresse ma che ogni azione è interessata (motivata da qualcosa) e che al massimo si agisce per "affetto", cosa che comunque non trova sufficiente per avere quella visione "magica che tanto la emozionava".

È difficile essere sentimentalisti quando ti rendi conto che qualsiasi cosa ti aspetti potrebbe esserti data comunque per un interesse dietro, forse l'unico salvataggio rimane pensando che l'altro "dona per affetto" ma non è equiparabile all'illusione che ci sia un mondo disinteressato.

Una volta chiarito il blocco del sentimentalista, si capisce che questa ragazza non è anaffettiva perché prova più nulla per gli altri e quindi non ha nulla da mostrare, se non per l'appunto la repulsione.

Si definisce anaffetiva una persona che desidera di bloccare consciamente o che risulta essere inibita nel manifestare i sentimenti che prova nei confronti di un'altra persona con cui si rapporta, in questo caso non c'è anaffettività perché la persona si è bloccata emotivamente nei confronti degli altri, non prova più nulla di positivo anzi prova emozioni negative.

Questo racconto ci aiuta immediatamente a fare chiarezza su quello che non è anaffettività ma che potrebbe sembrarlo e creare confusione.

Alcune forme di anaffettività sono talmente diffuse e di origine educativa da essere diventate stereotipi. Pensate al padre di famiglia che in quanto uomo deve mantenere un comportamento freddo e distaccato, quindi anche se deisderebbe abbracciare si impone o viene inibito e non lo fa perché "deve conservare questa aura da uomo di ghiaccio".

Le cause dell'anaffettività sono virtualmente infinite, quindo per ogni persona va fatta un'analisi per capire da dove si origina questo blocco inibitorio o queste credenze che portano il soggetto a scegliere di non manifestare.

Che conseguenze ha l'anaffettività sullo sviluppo del bambino?

Negativo, la manifestazione emotiva dei genitori è fondamentale sia per continuare a trasmettere modelli emotivi (che aiutano la persona a non essere alessitimica) oltre che generare una serie di credenze come "perché non mi manifestano emozioni? Sono cattivo? Mi merito queste cose?" credenze che nascono in personalità in via di formazione che non hanno ancora una coscienza sviluppata in grado di capire cosa stia realmente accadendo.

La manifestazione di queste emozioni è fondamentale per creare anche un legame d'affetto, per trasmettere queste emozioni ad una persona che quindi crescerà con una tendenza alla felicità, dandole anche una sorta di "protezione emotiva", come se la sola vicinanza di questi genitor "caldi" diventi sufficiente a far provare gioia al bambino.

 

Tenere a mente la differenza fra affetto, anaffettività e blocco del sentimentalista.

 

 

 

 

Un esempio anaffettività famigliare e non capire a causa della propria visione assolutistica:

"Uno dei rapporti che più mi fa soffrire è quello con mia madre.

Ne ho parlato lo scorso anno a seguito di un evento particolare (la nascita di mia figlia) e ora a distanza di tempo ho ancora di che pensare.

Razionalizzando, il rapporto con mia madre si è evoluto nel tempo in questo modo:

- infanzia: ricordo un'infanzia serena, mia madre lavorava molto ma aveva anche tempo per noi (me, mia sorella, nostro padre). Mi sembrava del tutto normale passarci poco tempo, ricordo comunque che ero molto felice del tempo trascorso con lei, era una mamma che amava giocare e portarci fuori. Ricordo anche però un po' di gelosia verso mia sorella, che ha un anno in meno, e ricordo che facevamo a gara per starle in braccio. Non era accudente, non si occupava della cucina o di come ci vestivamo, ma saltuariamente preparava biscotti e torte per noi. Inoltre ci viziava: la casa era piena di giocattoli, e cercava di "accontentarci" su tutto. Ad occuparsi di noi la maggior parte del tempo era nostra nonna; mia mamma usciva prima che ci svegliassimo e rientrava la sera per cena. Nostro padre era più presente e ci portava in giro ma anche lui non si occupava di noi figlie nel pratico.

- adolescenza: ricordo un'adolescenza serena, ero molto impegnata a studiare e a coltivare le mie amicizie. Non ho avuto particolari contrasti con mia madre ma la ricordo piuttosto lontana; non condividevo nulla con lei, non chiedeva nulla delle mie amicizie, dei miei sentimenti, dei miei problemi. Lavorava e lavorava. Mio padre provava a fare domande, ma lo tenevo al di fuori, credevo non potesse capire me e la mia vita. Insomma io ero distante, pensavo alle mie cose, avevo la testa altrove e non sentivo l'esigenza di mettere i miei genitori a conoscenza di qualcosa di me. Credevo di potermela cavare da sola.

- giovinezza: ho avuto qualche storia sbagliata, la nonna si è ammalata ed è morta, ho vissuto un periodo di grandissima fragilità, non ero sicura di nulla, non sapevo se sarei riuscita a finire gli studi, non sapevo che lavoro avrei fatto, che vita avrei fatto, non sapevo nemmeno che vita volevo. Non pensavo a mia madre come a qualcuno che potesse aiutarmi, cercavo aiuto, appoggio e protezione fuori casa. Ho avuto qualche primo contrasto perché non potevo portare a casa un fidanzato, e comunque non le andava bene nessuno. Mio padre rimaneva a distanza, provava a chiedere, a interessarsi, ma io lo respingevo. Per anni ho avuto una relazione di cui non ero molto felice e mia madre la osteggiava in ogni modo, passandomi sopra, mancandomi di rispetto continuamente, e offendendo i miei sentimenti. Mi sono laureata e ho iniziato a lavorare, interrompendo poi la relazione.

- età adulta: ho conosciuto il mio attuale marito, vivendo con lui una storia molto bella. Sono andata a convivere e ho sofferto per questo passaggio, non me lo aspettavo; avevo nostalgia di casa. Mia madre è stata gelida: non è mai venuta a trovarmi nella nuova casa, sebbene approvasse la convivenza, e non mi ha dato alcun sostegno. Era come se la cosa non la riguardasse minimamente, anzi: io non la riguardavo. La casa al mare in cui sono cresciuta ha smesso di essere casa mia: ho le chiavi, ma da quando sono nucleo familiare a parte, devo praticamente chiedere il permesso per andarci e portarvi mio marito, altra cosa che mi causa un profondissimo disagio (amo quella casa, in cui ho passato le estati dell'infanzia con la nonna). In quel periodo inoltre ho avuto una grave malattia e sono stata operata in ospedale, non ha fatto lei la notte, ancora una volta sembrava che la cosa non la riguardasse. E' venuta il giorno dell'intervento e poi è venuta a trovarmi un pomeriggio, una visita formale. Quando mi sono sposata mi ha pagato ogni spesa, lasciandomi decidere tutto, tuttavia non ha partecipato in nessun modo ai miei sentimenti, non mi ha fatto alcun augurio, e non le interessava nulla né dell'organizzazione né di altro. Era come se andasse al matrimonio di una perfetta sconosciuta. L'anno scorso ho avuto una bimba dopo tanti anni di matrimonio, una bimba che volevamo con tutto il cuore, e ancora una volta ho sentito mia madre gelida, e il suo gelo mi ha ferita molto profondamente. Mi sta aiutando occupandosi della bimba mentre sono al lavoro, e mi ha dato parecchi soldi perché io sia in grado di occuparmene al meglio, nonostante abbia un ottimo lavoro. Le sono molto grata per questo, le sono grata per l'istruzione che mi ha dato, le sono grata per i soldi. Tuttavia mi ferisce continuamente facendomi pesare l'aiuto che mi dà per mia figlia, mi ferisce perché sembra che mia figlia venga dopo tutto, dopo la sua vita, dopo la spesa, dopo le passeggiate col cane. E' fredda, con la bimba, come è fredda con me, e ogni volta che sento quella freddezza che rivolge a mia figlia è come se mi pugnalasse da parte a parte.

Oggi sono qui a cercare di capire il perché di un simile comportamento, a chiedermi, da mamma, come possa essere diventata così o se lo era anche prima e io non lo vedevo. Ho paura adesso quando le chiedo qualcosa, ho paura di sentirmi trattare come un'estranea, ho paura mi allontani ancora di più, ho paura di avere bisogno di lei e di non trovarla alle mie spalle. Sento un'urgenza, di avere una mamma, ma non la trovo. Inoltre amo mia figlia di un amore profondissimo e fisico quasi, amo ogni suo respiro, amo ogni suo ditino, gli occhietti, la testolina, amo ogni suo gesto dolcissimo, e mi chiedo come possa questo amore cambiare nel tempo fino a diventare il gelo che c'è da parte di mia madre. Mi dico che non può essere, ma delle due l'una: o mia madre non mi ha mai amata così, oppure l'ha fatto, e allora correrei anche io il rischio di diventare così gelida un giorno verso mia figlia, cosa che non ritengo possibile e che non vorrei mai."

 

Il racconto è chiaro e dimostra come la madre sia anaffettiva anche se non viene speficicata quale sia la causa, la parte finale invece fa capire come questa donna non si sia resa conto della diversità che ogni persona ha e non sia in grado di rendersi conto che per capire cosa rende la madre anaffettiva è necessario indagare senza fare deduzioni fallaci sulla propria persona. Quando avete vicino a voi una persona anaffettiva (o che credete esserlo) la cosa più conveniente da fare è chiedere se siete intenzionati a capire realmente cosa succeda nella mente di quella persona, il resto sono solo deduzioni probabilmente fallaci.

 

DA RIVEDERE

 

Vecchia definizione di freddezza

L'AB con la freddezza emotiva sostituisce il termine quotidiano di anaffettività. La freddezza emotiva è causata da un insieme di inibizioni volontarie o involontarie sull'espressione delle proprie emozioni. Quindi la persona a prescindere che provi emozione non le comunica mentre si esprime perché all'esterno non traspaiono, cioè il suo comportamento risulta "freddo". Addirittura le inibizioni involtarie potrebbero perfino andare a rendere la persona fredda nell'atteggiamento, che come sappiamo riguarda la nostra sfera incoscia. Con le inibizioni volontarie la persona desidera e vuole che di ciò che provi non traspaglia nulla all'esterno, questo si può spiegare con diverse credenze o paure. L'involontaria invece è causata invece da eventi passati che hanno generato ansie o traumi che vanno ad inibire proprio quella componente.

Potremmo fare un esempio per ogni tipologia di freddezza.

Per quanto riguarda la freddezza volontaria:

"L'uomo che volontariamente reprime le proprie emozioni per essere giudicato "vero uomo", quindi non piange, non è tenero, non è dolce etc..  seguendo appunto le credenze che dicono che secondo lui è vero uomo chi si comporta così".

Mentre per quando riguarda l'involontario:

"l'inibizione inconscia che colpisce sia maschi che donne che sono stati cresciuti da due genitori altrettanto freddi e che nel momento in cui desideravano e avevano bisogno di "calore" sono rimasti destabilizzati dalla freddezza che hanno trovato".

Nella quotidianità c'è confusione riguardo al concetto di freddezza, questa confusione cnasce a partire da parte da un'etica che spingerebbe le persone a "esternare ciò che provano".

Questo quindi all'esistenza di due livelli, il primo è quello di una esteriorizzazione standard delle emozioni, poi c'è un secondo livello che invece è più intenso, ma queste persone "eticizzate" scambiano erroneamente per standard.

Questo porta erroneamente le persone "eticizzate" a giudicare freddo anche la persona che invece ha una esteriorizzazione minore della sua.

Conviene considerare che fra reprimere il comportamento conseguente un'emozione affinché non sia minimamente visibile e non esternare/accentuare le proprie emozioni c'è un abisso di differenza, facciamo due esempi per capire. La esteriorizzazione di primo livello si potrebbe racchiudere in quest'esempio "una coppietta sta guarandando un film strappalacrime, e lei inizia a piangere senza farsi problemi, lui prova la stessa emozione, di piangere, ma non lo fa si trattiene"  Riprendendo la stessa coppietta la esteriorizzazione di secondo livello "Lei si lamenta che lui non le dice mai, ti amo, ti voglio bene, non le dice mai cosa le fa provare, se e quanto sta bene con lei etc.." cioè la carenza di questo insieme di regole che "dovrebbero" spingere la persona ad esternare le sue emozioni accentuate.

Colui che è freddo "PROVA" emozione, ma NON la esprime, non dimentichiamocelo, ma la persona che giudica la persona "fredda" potrebbe credere ingenuamente che la persona non provi emozioni.

La freddezza involontaria può essere causa di destabilizzazioni e disturbi. ESEMPIO TRATTO DALLA RETE: "Mi sento come un fortezza impenetrabile. Mi sono chiusa lì dentro molto tempo fa e ho perso le chiavi. Nessuno riesce a entrare ed io non riesco a uscire... E la rabbia cresce, cova, mette radici. Non esce, non si sfoga, non mi abbandona. Mi penetra nella testa, nei sogni; mi trasforma. Non riesco a mostrare i miei sentimenti, le persone pensano male di me. Mi prendono per una senza emozioni, quando in realtà ne ho molte. Quasi nessuno riesce a conoscermi, non riesco a farmi conoscere."

ultima modifica il: 19-11-2018 - 8:35:06
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