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Cos'è la prostituzione?

La prostituzione nel linguaggio comune viene usato per evidenziare le donne che vendono un atto sessuale per denaro.

La prostituta non vende la penetrazione, vende eccitazione, quindi c'è chi vende un rapporto orale, chi vende uno spogliarello, chi vende foto di sé nuda, chi vende la propria voce, etc...

La prostituzione evidenzia un fenomeno variegato dove si vende per denaro qualsiasi cosa sia in grado di eccitare e soddisfare sessualmente una persona e supera la visione semplicistica della prostituzione come qualcosa di legato solo alla penetrazione.

Una domanda ora sorge spontanea? Si definisce prostituta anche chi si concede sessualmente per abiti firmati, uscite, vacanze?

La risposta è si se l'unico movente per quella donna sono stati quei regali.

Questo punto è fondamentale per distinguere una donna che va a letto con gli piace e in più gli fa regali, da quella che ci è andata solo per i regali.

Nel primo caso non si parla di prostituta ma di una donna che sta cercando un particolare tipo di uomo.

 

Il termine troia e puttana non sono sinonimo di prostituzione, si legga l'articolo sulla puttana per l'elenco di disambiguazione.

 

Le critiche che si possono fare alla prostituzione non differiscono dalle critiche che si possono fare a qualunque lavoro ovvero:

- sfruttamento;

- sofferenza e stress per una scelta errata;

- condizioni lavorative.

 

Chiunque lanci qualsiasi altra critica contro la prostituzione che non ricada in questi tre punti è un bigotto o sta commettendo errori logici, chi è contro la prostituzione a prescindere ha capito poco o nulla del mondo.

Se una donna che non si prostituisce riceve questo epiteto è perché colui che sta parlando intende offenderla, ma conoscendo il significato di questa parola e conoscendo le intenzioni dell'attaccante si può sorridere e lasciarlo ribollire nel suo brodo senza che ci trascini nel suo giochetto.

Per concludere ci sono donne che amano il sesso, amano questo lavoro e si prostituisco senza problemi, senza sfruttamenti e senza sofferenza, accettate questo stato di cose e cercate di combattere lo sfruttamento alla prostituzione e lo sfruttamento al lavoro in generale.

 

Qui ora è necessario fare un approfondimento per capire meglio la prostituzione nelle sue varianti, l'AB ne trova tre:

- prostituzione occasionale, la prostituta fa sesso a pagamento con un soggetto che non conosce minimanete e probabilmente non rivedrà più, il cliente è probabilmente una persona propoensa all'oggettificazione e che ha solo desideiro di godere o sfogare la sua eccitazione con un partner che lo attrae e che sa che sarà disposto a fare ciò che richiederà;

- prostituzione surrogato, la prostituta viene frequentata spesso dal cliente a volte anche telefonicamente o come "amica in giro", si genera un rapporto dove il cliente trova una persona (o per recita o perché prova realmente qualcosa) con quale riuscire a generare un surrogato che lo soddisfa parzialmente o in alcuni casi lo appaga perfino;

- prostituzione perversa, la prostitua viene frequentata occasialmente o in modo ricorrente in quanto è in grado di soddisfare cose che nella media sono rare da trovare, anche qui si intaura generalmente un rapporto per poter dare modo alla perversione di accadere in quanto elemento più delicato da fare.

Qui si inizia a capire quanto la prostituzione, specialmente nel secondo e terzo punto, possa essere un'attività che richiede delle abilità, un adattamento e quindi in parte anche una creatività e un'azione piacevole che può essere considerata una passione nel suo svolgimento e crescita, cosa che comunque potrebbe accadere anche nella prima variante.

L'idea della prostituta che allarga le gambe ad uno sconosciuto è una visione obsoleta di chi non comprende le dinamiche complesse che invece possono arrivare a instaurarsi.

 

Una critica sterile che si muove alla prostituzione è che il farlo per soldi indichi che lo si faccia necessariamente per bisogno e non per piacere. Quante persone attualmente fanno un lavoro che non trovano piacevole e lo fann osolo per bisogno o disperazione? Ma quante lo fanno anche per piacere e comunque si fanno pagare? Come già detto la prostituzione è un lavoro come un altro che si può fare per piacere ma anche senza piacere, ma senza comunque che scivoli nello sfruttamento o nella schiavità. Chi non se ne accorge dimostra che le critiche apparentemente valide che lancia sono solo per nascondere qualcosa che non accetta o che reputa sbagliata.

 

 

Il test della prostituzione: 

"lascereste mai che vostra figlia si prostituisca se lo desidera?" se una persona risponde no indica di avere una visione distorta e ignorante sull'argomento.

 

 

 

 

Un racconto di chi si prostituisce come scelta lavorativa:

"Sono Romina e ho cominciato a prostituirmi a 22 anni, quando l’alternativa era tornare a casa dai miei. Vorrei precisare che non ho una famiglia composta da analfabeti e bruti. Non ho subito traumi. Ho avuto un’infanzia e un’adolescenza uguale a quella di tanti altri. Quando sono arrivata in città, una metropoli alla quale non ero abituata, mi resi subito conto che avrei dovuto trovare dei punti di riferimento. Il gruppo studentesco, il centro sociale, il collettivo femminista. Persone dalle quali non mi sarei aspettata giudizi negativi, processi alle mie scelte, rifiuto per quel che ero e sono. Andavo in giro con vestiti semplici, uno zainetto in spalla, i capelli corti e rasati sui lati. Niente trucco, non mi è mai piaciuto. Mangiavo le unghie e avevo avuto esperienze sessuali con entrambi i sessi. Non mi ero mai fatta tanti problemi. Ero priva di pregiudizi e non pensavo che altre, apparentemente simili a me, ne avessero.

Volevo essere economicamente indipendente, così sparsi la voce, misi il mio bell’annuncio su un sito, cominciarono a chiamarmi persone di ogni tipo. I miei clienti mi trovavano diversa ma ugualmente sexy. Piacevo e piaccio, non lo so perché. Forse perché davo l’impressione di essere una ragazza come tante, senza fronzoli e decorazioni. Andavo ai miei appuntamenti con lo stesso look scelto per andare all’università. E poi c’erano i colleghi, le colleghe, il gruppo, le ragazze. Dicevano che non uscivo mai con loro, avevo sempre una montagna di impegni. Volevo dirglielo, davvero. D’altronde se sei una femminista dovresti rispettare le scelte di ciascuna. Eppure c’era qualcosa nel loro atteggiamento che mi intimidiva. Erano giudicanti nei confronti di tante altre. Quella perché era così, quell’altra perché pensava cosà. Avevo l’impressione che saputa la verità mi avrebbero fulminato con lo sguardo.

Invece, stranamente, mi sentivo meno a disagio con i miei clienti. Non mi chiamavano per giudicarmi. Volevano scoparmi ed essere scopati. Volevano emozioni in cambio di soldi. Carezze, abbracci, pompini, seghe, penetrazioni, massaggi, parole, recite, scambi di ruolo, illusioni. Qualcuno voleva ridere assieme a me o voleva portarmi in giro come si fa con la fidanzata. Qualcuno aveva proposto di rivestirmi con abiti diversi, perché lo eccitava di più. Allora cominciai a usare abiti di scena. Me li compravano loro. L’annuncio diceva, più o meno, portami il vestito che vuoi farmi indossare e io sarò quello che vuoi tu. Mi sono divertita, mascherata, come una attrice sul set di un’opera in cui tu devi interpretare mille ruoli. Poi c’era il sottomesso, quello che voleva morsi sul culo, quell’altro che mi voleva in piedi, gambe larghe, perché aveva l’ambizione di venire mentre io lo guardavo seria. Non posso dirvi quante sono state le richieste che ho soddisfatto, quasi mai controvoglia, tranne quando avevo la luna storta. Però un buon lavoro non si rifiuta mai e io continuavo a mettere da parte i soldi.

Sapevo di ragazze che spendevano tutto in borse e belle scarpe, abiti e telefoni all’ultima moda. Io pagavo l’affitto, pagavo l’università, i libri, il necessario per vestirmi, fare la spesa, uscire ogni tanto e concedermi un mezzo da guidare per evitare la metropolitana. Ero così orgogliosa della mia prima automobilina. L’avevo pagata io, con i miei soldi. Ero riuscita a fare qualcosa senza dipendere dai miei e non dovevo neppure raccattare elemosine da gente che altrimenti mi avrebbe resa dipendente.

Ancora non dicevo nulla alle mie compagne di collettivo e di università. Intanto qualcuno prese a dire che la prostituzione è una schifezza, è solo schiavitù e che non può esistere qualcuna che lo fa così volentieri. E io ripensavo a quelle parole, la presunzione di chi osava parlare in nome di altre che non avevano neppure il diritto di raccontare cose differenti. Mi fecero sentire sbagliata, anormale e così mi chiedevo cosa rendeva quelle donne diverse dalle cattoliche integraliste, dai puritani e moralisti, da qualunque altra persona che nei secoli dei secoli aveva tentato di catturare, possedere e controllare il corpo delle donne per usi mai condivisi dalle donne stesse. Mi chiedevo: Non siamo ormai al punto in cui le donne possono fare del proprio corpo quello che vogliono? Non dicevamo che la libertà di scelta dipendeva da noi? Allora cosa c’è di sbagliato in quello che faccio io?

Per caso, un giorno, una mia collega d’università intuì cosa facevo. Vide che trafficavo col telefonino e non si fece i cazzi suoi. Capiva che c’era qualcosa di non detto e per scherzo chiese, ma che cosa sono tutti ‘sti segreti? Sarai mica una puttana? E lì per lì pensai che dire la verità fosse la migliore cosa. La verità, mia cara, è che vendo servizi sessuali e sono soddisfatta di quello che faccio. Mi disse che era un po’ incazzata perché non avevo avuto fiducia in lei, poi prese a parlarmi come fossi una vittima da tutelare e mi chiese cosa si provava, se mi facevano male e io mi resi conto che lei voleva il sangue. Voleva soddisfare una curiosità morbosa che forse in parte la eccitava. Allora, per scherzare, le dissi che mi penetravano in tre, facevo pompini seriali uno dietro l’altro, la mia vagina era diventata una caverna e a causa del mio mestiere non riuscivo neanche più a cagare regolarmente.

La stavo sfottendo e lei mi parlò di rimozione, tu non capisci, mi disse, non dici a te stessa la verità e io che sono tua amica devo dirti, per il tuo bene, che ti stai sbagliando e sono molto preoccupata per te. Dopo una settimana mi ricattò e disse che era giusto raccontarlo anche alle altre e allora precisai: certo, io lo dico, perché non mi vergogno di niente, ma poi la rottura di ovaie chi la sopporta? Devo essere trattata da demente da tutte quante? Perché il punto è che tutte queste simpatiche ragazze sono figlie di famiglie benestanti e non hanno bisogno di soldi per fare quello che vogliono. Possono sprecare i soldi delle tasse universitarie per dare solo una materia all’anno, possono permettersi un appartamento nel migliore condominio del centro città e io, invece, da sempre precaria, per quanto con una famiglia molto disponibile, vivo la realtà, quella vera. Nel mio mondo, se vai a fare la cameriera, guadagni poco e devi lavorare tanto, sicché non hai tempo per studiare e andare all’università. Col mio lavoro, invece, posso scegliere i tempi, e posso anche prendermi giorni di pausa senza che nessuno mi rompa le ovaie o mi licenzi.

I miei clienti sono sempre lì e aumentano perfino. Ora io sono un po’ più grande. Ho smesso di mangiare le unghie. I miei capelli hanno più o meno la stessa lunghezza. Ogni tanto oso indossare anche una gonna, mi depilo e il mio viso è colorato da un filo di trucco. Il mio mestiere continua a rendermi quel che mi serve e io posso prendere anche delle pause perché dopo la mini laurea voglio la specializzazione. Poi, quando avrò finito, penso che partirò per un lungo viaggio. Vorrei andare a vivere in un posto in cui la prostituzione è vista come un lavoro uguale agli altri. Voglio pagare contributi, tasse e voglio ottenere diritti e forse anche la speranza di una pensione nella mia vecchiaia. Oppure potrei partire per un altro continente, imparare molto bene un’altra lingua e poi cominciare anche a fare altro.

Per finire: quella mia “amica” non l’ho più vista. Le altre del gruppo non credo lo abbiano mai saputo. Io ho continuato a vivere della mia professione e a studiare mentre diventavo un po’ più grande. Che male c’è se io sono convinta di aver fatto la scelta più giusta per me?"

 

 

Alcune persone nonostante possano desiderare di prostituirsi si scontrano comunque con la realtà esterna che tende a disapprovarli e questa cosa è un ostacolo enorme che risolvono in tre modi:

- la persona si allontana dal posto dove è più sensibile al giudizio per prostituirsi altrove;

- la persona si prostituisce di nascosto;

- la persona si prostituisce e fa outing ma comunque soffre nel sapere che altri la disapprovano.

 

APPUNTI:

 il collegmaneto con la teoria madonna / puttan

 Qual'è la differenza fra troia e prostituta? Il termine prostituzione tende ad essere usato per intendere il fenomeno dello scambio sesso denaro o sesso ed altri ritorni, come già detto portandolo a descrivere un intero parco di situazioni. Con il termine troia c'è l'intenzionalità di offendere qualcuno per vendetta o per rabbia, non si bada al contenuto ma all'effetto che un parola fa per come viene percepita e sentita. Ad esempio l'uomo che definisce troia una ragazza che fa sesso con altri e siccome li invidia se la prende con lei chiamandola troia, oppure una ragazza che è repressa e invidia le ragazze che sono più libere e questo odio verso le altre e se stessa lo scarica definendole troie, oppure una ragazza a cui piace un uomo ma questo le viene rubato e chiama questa "troia", l'uso di questo termine è indicatore di una personalità che si vendica basandosi sulle offese.

A volte al posto del termine troia viene usato zoccola, puttana ed altri termini in base al luogo.

Una differenziazione dal web

1) escort: la dà a pagamento, ma solo a pochi ricchi e facoltosi di cui tu non fai parte. 
2) prostituta: la dà a pagamento a chiunque. 
3) puttana: è disinibita e non ha problemi nel darla a chiunque gli piaccia.
4) troia: la dà a tutti gratis, tranne che a te, ed è per questo che la chiami troia.

La prostituzione è diverso dallo sfruttamento alla prostituzione.

Prostituzione e bigottismo.

La prostituzione può essere una passione? Si. 

I RISVOLTI SOCIALI:

I numeri parlano ugualmente anche se solo una persona su cento può avere la prostituzione come passione essendo sette miliardi di persone vuol dire che 70 milioni di persone potrebbero prostituirsi facendolo come un lavoro appaganete.

Si potrebbe inquadrare la prostituzione anche sotto un profilo della convenienza politica ad esempio si potrebbe affermare che legalizzando e facendo delle leggi efficaci sulla prostituzione si avrebbe un:

1) Gettito fiscale a disposizione dello Stato

2) Si toglie un'attività molto lucrosa alla criminalità organizzata. Privare le mafie di questo genere di attività (droga compresa) le indebolisce.

ultima modifica il: 25-06-2019 - 8:02:39
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