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"Ma possiamo definire l'uomo un essere sociale se per alcune persone l'approccio è una molestia?"

Cos'è una molestia?

Si definisce molestia quella serie di comportamenti perpretati a carico di un soggetto nonostante quest'ultimo abbia chiesto esplicitamente di fermarsi. Detto in altri termini si può parlare di molestia solo e soltanto se la persona si ritrova ad avere a che fare con una persona che non smette di avere un comportamento nonostante abbia esplicitamente chiesto di farlo più.

Perché è necessario parlare di molestia? Perché ci sono numerosi comportamenti che non sono illegali  e che ognuno di noi può compiere, ma per alcune persone questi comportamenti seppur legali possono dare fastidio ed è qui che scatta l'utilità della molestia, ovvero rendere illegale qualcosa che seppur sia legale è stato chiesto di non essere fatto più.

Questa è la trasposizione del detto "la tua libertà finisce dove inizia quella degli altri" ovvero una persona è libera di fare quello che gli pare nei limiti della legge e delle richieste altrui che ne possono limitare la condotta interazionale.

Questo vuol dire che noi possiamo fare agli altri solo ciò che la legge ci dice che possiamo fare e se queste persone una volta che noi abbiamo fatto qualcosa chiedono di non farla più, sebbene sia legale diventa molestia se si continua quella condotta nei confronti di quella persona.

Per comprendere la molestia è necessario avere chiaro in mente quindi sia il concetto di interazione sia quello di richiesta esplicita, non si può dire ad un altro cosa non fare nella sua vita perché ci dà fastidio, l'unica cosa che possiamo dirgli è cosa non fare nei nostri confronti perché ci dà fastidio, ponendo l'accento sul fatto che tutto quello che ha fatto in modo legale prima che gli dicessimo di non farlo non è affatto una molestia, ma al più solo una "violenza legale".

Il concetto di violenza legale e non legale è fondamentale per risolvere la questione sulla molestia e l'uso erroneo e confusionario che le persone fanno nell'esprimersi, ogni volta che qualcuno ci fa soffrire e ci danneggia sta compiendo nei nostri confronti non una molestia ma una violenza, questa violenza può essere legale e non legale.

Facciamo degli esempi, una persona ci ferma per strada e ci dice che siamo brutti e faremmo meglio a nasconderci, la sua frase potrebbe farci soffrire e potremmo dirgli di sparire e non farsi più vedere, ciò non toglie che quella persona ha commesso una violenza legale facendo soffrire ma non c'è nulla che si possa fare per impedire che sia successo, che si ripeta o che risuccederà.

Viceversa se l'altro si fosse fermato e avesse iniziato ad insultarci o a picchiarci ecco che la violenza lì sarebbe stata illegale e punibile per legge.

Un'altra differenza è che la violenza è repentina e non dà modo di scegliere al soggetto che la riceve, mentre la molestia subentra proprio perché la persona ha avuto modo di esprimere il suo dissenso ma l'altro ha proseguito comunque.

Questo ci fa comprendere come violenza e molestia siano due fenomeni che possono coesistere, perché quello che si sviluppa inizialmente come una violenza potrebbe poi divenire molestia nel momento in cui il soggetto ha modo di esprimere il suo dissenso, di esporre la sua contrarietà.

L'uso del termine molestia è a questo punto chiaro, le persone tendono ad usare questo termine per cercare in qualche modo di difendersi e "attaccare" una violenza legale, come se volessero che qualcuno comunque intervenisse, che lo punisse, che lo fermasse, che non accadesse più, invece di guardare alle proprio vulnerabilità si punta a cambiare il mondo, a costruirlo a misura della propria sensibilità ed emotività.

Come vedremo più avanti nel corso dell'articolo questa visione non produce nulla se non confusione e ulteriore sofferenza per le persone che iniziano queste battaglie inutili verso l'esterno invece di focalizzarsi su un cambiamento interiore che non le renda più vulnerabili in quei sottori di "violenza legale".

 

Una volta distinta la differenza fra molestia e violenza potrebbe imbattersi in scenari più complessi,  evidenziamoli:

- il primo è definito scenario di vessazione, dove il soggetto anche se vorrebbe esprimere il dissenso non riesce perché è inibito dalla situazione di sudditanza fisica o psicologica nei confronti di qualcuno, un dipendente, un partner, un genitore, un professore, pensate al dipendente che desidera dire al suo datore di lavoro di smetterla con alcuni comportamenti ma al tempo stesso non riesce proprio per la situazione delicata, la paura di ripercussioni, la paura di incrinare o perdere il lavoro, etc... Questi soggetti potrebbero perfino essere portati a dire si, quando vorrebbero dire di no;

- il secondo è definito di inibizione generica, il soggetto non riesce ad esprimere il dissenso perché ha paura di qualcosa, non collegata all'interazione e al rapporto ma paure interne al soggetto. Pensiamo ad una persona che non riesce a dire di no ad un venditore per strada e non riesce ad allontanarlo, si sente violentato e molestato ma tutto si svolge nella sua testa;

- il terzo è definito scenario di scambio, il soggetto accetta la violenza per averne un vantaggio possibile o certo. L'esempio del sesso in cambio di posto di lavoro, la persona lo percepisce come una violenza per tutto il tempo ma lo fa per lavorare.

 

In ognuno di questi casi la persona potrà dire quello che vuole ma l'unica cosa a fare da discriminante sarà la legge, sempre se il soggetto riuscirà a dimostrare quello che è successo e il fatto che non sia riuscita ad esprimere dissenso non è qualcosa che aiuta in tal senso ma al più rema contro.

Uno dei problemi più significativi odierni è che con il web la giustizia sta passando dalla sede legale a quella mediatica, la gente disapprovando quello che pensa sia successo, di fatto distrugge la vita di una persona, basandosi sulla sua visione personale, specialmente se empatizza con il soggetto, ha la sua stessa visione distorta, credendo che sia molestia o violenza e quant'altro, senza attenersi ai fatti e reagendo per empatia, mettendo in gioco le sue vulnerabilità, come si sarebbe sentita lei.

L'obbiettivo di questo articolo non è tanto fare chiarezza da un punto di vista legale, quanto quello di fornire una terminologia chiara senza fare confusione, spiegare da un punto di vista esistenziale e di responsabilità personale ciò che succede e perché, evidenziandone anche i casi più complessi.

 

Chiarito questo l'articolo proseguirà con l'approfondimento della molestia. Alcune persone con una visione universale o ignorante potrebbero non accettare questa dinamica del "gli altri possono fare qualsiasi cosa purché sia legale nei loro confronti" e sono in una dimensione di "ma le persone non si devono permettere di fare così, è sbagliato, etc.." oppure "ma questi non se ne accorgono che danno fastidio?". L'errore nasce dal fatto che non si rendono conto che ogni persona è fatta a modo proprio e l'unico vincolo è la legge, per il resto le persone sono libere di fare qualsiasi cosa e sta al soggetto poi a sua volta essere libero di mettere la porala fine se qualcosa non la accetta.

Partire con il presupposto di "questa cosa è sbagliata (per tutti)" non dà modo al soggetto di capire la realtà, di capire il relativismo suo e di altri e che è suo compito asserire che quel comportamento è percepito come una violenza e non è gradito, sta all'assertività del soggetto quindi dare una risposta senza perdersi in illusori piagnistei lamentando molestie che non esistono in quanto una singola azione non può essere considerata come una molestia, così come non è molestia se il soggetto non ha espresso il desiderio che tale comportamento venga terminato.

L'unica soluzione pratica è quella di spostarsi in una sottocultura o comunque in un luogo dove la morale e le norme di quel luogo si sposino con la propria visione in modo che di fatto il soggetto si circondi di persone che accetta e tollera nei loro modo di fare e comportarsi.

Questo diventa possibile nei paesini o in luoghi frequentati da specifiche sottoculture ma di fatto impossibile in una città vasta che ospita diverse sottoculture diverse.

Questo cosa ci fa capire? Che persone quando usano la parola molestia in realtà stanno dimostrando la loro visione universale e la loro ignoranza con pensieri quali "stai facendo qualcosa di sbagliato perché il tuo agire dà fastidio a tutti quindi smettila, è considerato da tutti sbagliato e solo gli stupidi come te non se ne accorgono".

Il caso più eclatante è quello del "catcalling", ovvero il fenomeno per cui uomini si approcciano con metodi discutibili alle donne a volte limitandosi solo a giudizi o versi senza alcun secondo fine. Questo fenomeno viene chiamato molestia solo da quelle donne che non lo accettano mentre altre donne lo chiamano in altri modi e ci si fanno qualche risata sopra e ad altre piace come ad esempio alle istrioniche.

Se una donna si fermasse e dicesse a questo soggetto "non mi piace, non farlo mai più a me e fatti due domande sul fatto che non a tutte possa piacere" non ci sarebbe alcuna critica possibile, se l'altro continuasse sarebbe una reale molestia nei suoi confronti.

Il problema è che queste donne (quelle del catcalling) ma qualsiasi altra persona parli di molestia in modo erroneo e per evidenziare quello che non accetta dagli altri sta guardando il problema da una parte che non porterà a nulla, se desidera risolvere la questione l'unica cosa che può fare è fare i conti con se stessa e chiedersi "ma perché questa cosa mi fa soffrire così tanto? Perché reagisco così? Perché non lo accetto? Sono sicura che per tutti gli altri è così?".

Le persone che parlano di molestia e se la prendono con gli altri non si rendono conto del fatto che in questo caso il problema è una loro totale responsabilità, ogni volta che qualcuno compie un gesto legale nei tuoi confronti ma che percepisci come una violenza la cosa migliore da fare è quella di seguire questi due passaggi:

- essere assertivi e chiedere immediatamente di smetterla e far presente che la cosa ha generato fastidio alla tua persona;

- chiedersi perché altre persone hanno questo potere, perché una condotta normale o comunque frequente/possibile è in grado di farvi soffrire.

Il primo punto tende a risolvere la situazione momentanea o comunque vi dà gli strumenti legali se l'altro continuasse mentre il secondo tende a risolvere la situazione in modo definitivo e vi aiuta a mettere in modo un cambiamento che vi porterà nel futuro a non subire la stessa violenza psicologica per un comportamento che è in realtà legale/normale/possibile.

 

Questo esempio fa capire alle persone che nei confronti di un comportamento legale che fa soffrire è stupido dire "mi sta molestando fatelo smettere, tutti devono smettere" ma è necessario rendersi conto di come va il mondo, di quale sono le proprie responsabilità e di cosa si può fare rimanendo nell'ambito della coerenza e dell'efficacia, qual è il cambiamento migliore per smettere di soffrire.

Questo articolo ci fa capire ancora meglio cosa sia la violenza e come questa differisca dalla molestia, la molestia è "sei libero di fare quello che ti pare fino a quando rispetti la legge e l'altro non ti chiede di fermarti, se non ti fermi entri nella dinamica della molestia e commetti un'azione criminale" che a sua volta si potrebbe riconvertire in "se soffri è facile convinerti che tu sei dalla parte del giusto e il mondo è sbagliato ma la realtà è più complessa di così, prenditi la responsabilità della sua sensibilità e accetta che il mondo sia fatto così, l'unica soluzione definitiva è cambiare se stessi in modo che quell'evento scivoli addosso altrimenti l'unica alternativa è tentare di sensibilizzare ma senza passare per imposizioni varie o quello che si potrebbe definire il delirio della molestia".

Mentre la violenza è "so si essere sensibile ad alcune cose, so che alcuni comportamenti sono umani e la sofferenza fa di quei comportamenti dei comportamenti violenti ma solo nei miei confronti e verso la mia persona con il suo unico punto di vista".

 

Qualcuno potrebbe dire "si ma siamo in tante persone ad avere questa sensibilità a quel genere di comportamento e quindi siamo in molti a ritenerlo violento?" cosa rispondere a queste persone? Innanzitutto che sono necessari i numeri, siamo 8 miliardi di persone, in seconda cosa è che siamo in democrazia se ci fossero realmente i numeri una legge ci sarebbe stata e se in numeri sono recenti (cioè solo recentemente si sono raggiunti numeri significativi) si avvierà un iter democratico per stabilire se ci sono le basi per poter raggiungere a un determinato tipo di legge, tutto il resto è un discorso stupido e al limite del fascismo, ma appare chiaro fin da subito che se per ogni gruppo anche esteso sensibile a qualcosa si fosse fatta una legge a riguardo probabilmente non rimarrebbe la libertà di fare nulla.

L'unica soluzione fattibile è quella di uscire dalla propria fallacia universale, rendersi conto della propria responsabilità in quel versante e invece di prendersela con il mondo lavorare su stessi per fare in modo che quello che viene percepito come violenza venga accettato e reso o indifferente o piacevole. 

 

 

Ogni persona fino a quando non ti insulta e rimane nei limiti della legge può dire qualsiasi cosa desidera e pensa fino a quando gli diciamo di smetterla, se questa libertà degli altri ti fa soffrire ancor prima che tu possa chiedergli di smetterla il problema non è la realtà esterna ma sei tu e tocca a te cambiare come unica possibilità che si ha di stare meglio e di soffrire di meno.

Il mondo va in questa direzione e come già detto prima non è possibile cambiarlo in quanto farlo corrisponderebbe a bandire qualsiasi forma di libertà in quanto la scusa del "questo comportamento fa soffrire un gruppo di persone" porta all'unica conclusione del banbiamo tutto perché ogni cosa farà sempre soffrire qualcuno.

Chi spera di cambiare il mondo ha già perso in partenza, persone così disadattate da non arrivare a capire una loro fragilità e non capire la liberaltrui e che la molestia è uno strumento fondamentale che non c'entra nulla con la violenza da loro percepita.

Quindi se la molestia è un comportamento ripetuto all'atto pratico cosa è una molestia sessuale o una verbale?

Molestia sessuale significa che la persona ad esempio riceve avance sessuali da una persona non gradite, il soggetto chiede di smetterla ma l'altro continua.

Molesta verbale significa che la persona intrattiene una comunicazione verbale con una persona che invece ha già affermato a questa di lasciarla in pace e questa invece continua.

 

Il concetto di molestia è necessario per sapersi districare in una società in cui proprio perché si sta andando sempre pià verso la libertà così come un soggetto può fare quello che desidera nei limiti della legge così chi riceve questa forma di libertà è libero di chiedere di smetterla.

Capire questa forma di libertà è un passaggio fondamentale che spinge anche all'essere persone più calde (accoglienti) in quanto il soggetto essendo meno sensibile è fragile è più propenso a vedere e capire i mondi altrui con interesse piuttosto che risentirsi e allontanarsi continuamente ad ogni minima cosa che percepisce come una violenza.

A livello legale la molestia segue la dinamica descritta dall'AB ovvero vengono puniti civilmente e penalmente le persone che hanno continuato (questo passaggio viene descritto chiaramente con il concetto di petulanza) con un comportamento che la persona aveva già denunciato e intimato di cessare.

 

Qual è la differenza fra stalking e molestia? Lo stalking evidenzia esclusivamente il fenomeno del pedinamento, del tenere traccia e quindi questo soggetto si ritrova con qualcuno che anche se lontano ne percepisce la presenza, si rende conto di essere "tenuto d'occhio". Di solito stalking e molestie coesistono perché una persona che stalkera difficilmente si limita a solo questo comportamento.

Passiamo ora a degli esempi pratici, riprendendo il fenomeno del catcalling.

Se un uomo dice ad una donna che non conosce "hai un bel culo" o "ei bellezza" oppure "complimenti sei bella" "oppure che ti farei" etc.. si tratta di molestia? No e infatti la donna può rispondere come meglio desidera e può chiedere a quella persona di smetterla o può a sua volta rispondere con quello che pensa di quel soggetto.

Si tratta di molestia solo se la persona dice "guarda non mi piace che mi si dicano queste cose" e l'altro invece continua divenendo agli occhi della legge un molestatore.

Questo punto porta a numerosi scontri, da una parte ci sono le persone che criticano queste donne perché nella loro chiusura mentale dicono "ma i complimenti sono un piacere, non chiamate molestie ciò che non sono" dall'altra parte ci sono le donne che rispondono "non avete capito nulla, per noi è una molestia anche questo". Entrambi questi gruppi di persone cadono nell'errore egocentrico e assolutistico e non capiscono la dinamica di libertà del fare e del ricevere. Niente è molesto a prescindere ma lo può diventare se una persona non cessa un comportamento sgradito su esplicita richiesta.

Ciò che conta è capire che ognuno è fatto a suo modo e non c'è niente di assoluto, per alcune persone un comportamento può essere gradito mentre per altri violento, ed entrambi cadono in errore quando assolutizzano e dicono in nome della loro percezione se una cosa debba essere sempre fatta o non fatta.

La molestia è l'alternativa valida e in grado di adattarsi alla realtà della libertà, dando lo strumento ad un soggetto fragile ma consapevole di accettare la liberaltrui, rendersi conto che se ha sofferto è comunque causa sua ma al tempo stesso senza imporre nulla agli altri o cambiare il mondo dire a quella specifica persona di non farlo più.

 

La molestia riguarda ogni persona, uomini e donni e spazia in ogni campo non solo quello sessuale. Pensate a quando un venditore tenta di vendervi qualcosa e questo non cessa dopo aver detto espressamente che la sua presenza non è gradita.

 

In conclusione assertività, indifferenza e pazienza sono le strade da seguire per poter vivere serenamente in un mondo che procede verso la disinibizione e il contatto sempre più frequente fra sconosciuti per i motivi più disparati sapendo che la legge vi aiuterà ad allontare e punire eventuali molestatori. Se una persona non intende cambiare e conserva la propria fragilità l'unica cosa che può fare è accettare che la sofferenza è una sua causa e non un problema del mondo e quindi limitarsi a chiedere all'altro di smetterla ma non di fargliene una colpa per quello che ci ha fatto provare.

 

Qualcuno potrebbe opporsi e dire "ma io non posso farmi una passeggiata senza essere contattata da nessuno?" la risposta è no, per il semplice fatto che viviamo in un mondo libero dove ognuno nel rispetto della legge può fare quello che desidera, e non è vietato tentare di conoscere qualcuno o commentarlo, non si è costretti a interagire con nessuno e quindi invece di dare corda si può semplicemente essere indifferenti (se la persona è realmente indifferente) o chiedere che la smettano (se la persona è infastidita dal comportamento dell'altro). Libertà di essere contattati e libertà di rifiutarlo, chi non lo capisce e chi non riesce ad entrare in questa dinamica è da considerarsi come un disadattato sociale (chi non capisce questa realtà) e molestatore (chi non accetta che l'altro abbia espresso il dissenso di continuare).

Per capire quanto è delirante questa visione sostituite quella richiesta con altre simili come "ma io non posso farmi una passeggiata senza che ci sia qualcuno intorno a me? Possibile che non sono libera di essere l'unica persona in una piazza?" frase detta da un soggetto sociofobico che invece di accettare la "ma io non posso farmi una passeggiata senza che ci sia qualcuno che mi guarda?". Questo gioco aiuta a smascherare il tentativo di far passare una fragilità, specialmente se condivisa da più persone, come qualcosa di giusto perché lo si fa diventare normale, lo si riesce ad assolutizzare meglio e si riesce ad autoconvincersi che è il mondo esterno che va "costretto" a non fare più determinate cose.

 

 

Quando una donna afferma "Si ma io perché devo stare a perdere tempo con queste persone" dimostrando una scarsa presa di coscienza del fenomeno, dove è la perdita di tempo nel non rispondere ad un commento per strada? Dove è la perdita di tempo nel dire "no" con un sorriso e andare oltre. Questo ancora di più dimostra che sono persone che si nascondono dietro un dito per non riconoscere le loro fragilità e il loro disadattamento.

 

 

E' ora di rendersi conto che siamo cresciuti in un mondo di ghiaccio (si legga rompere il ghiaccio per approfondire) e fatto di persone inibite ma le cose stanno lentamente cambiando e chi non si adatta, chi non si rende conto e non cambia resterà in una dimensione piena di rancore per un mondo che non si capisce e non si accetta e che urterà costantemente le loro fragilità.

 

Un altro elemento chiave per capire meglio questo fenomeno è quello dell'oggettificazione, diverse persone hanno una visione distorta di questo fenomeno e della percezione di sé, si legga oggettificazione per approfondire.

 

A parti inverse si potrebbe lanciare questo suggerimento "Non farti alcun tipo di problema nell'agire verso ogni altra persona tenendo a mente di rispettare la legge, se desideri fare qualcosa ed è legale fallo ma fermati immediatamente quando l'altro ti dice che questa cosa non è gradita".

 

Se una persona sta soffrendo e non lo dice (affermando il proprio dissenso) la responsabilità non è tua ma sua, una persona che agisce non è tenuta a farsi un'infinita di paranoie per stare dietro alle fragilità degli altri, si smetterebbe di interagire e sopratutto si smetterebbe di interagire serenamente se ogni persona facesse così per stare dietro ad una parte di popolazione fragile e disadattata.

La violenza esiste e fa parte del gioco della vita, se inizi per precauzione a non fare più nulla per paura di far soffrire qualcuno smetti di vivere e giocare. Per vivere va accettato il fatto che qualunque cosa dirai o farai farà soffrire qualcuno e sarà disapprovati da altri ma tu falla comunque in quanto per la stessa logica differente ci saranno persone che non disapproveranno e non ne soffriranno e proprio per il fatto che ti sei esposto potrai trovarle in quanto saranno rimaranno.

In questo gioco è fondamentale non assolutizzare se no si cade nell'errore di quelli che assolutizzano la violenza percepita facendola passare per molestia universale o quelle persone che cadono nell'errore opposto assolutizzando che qualcosa invece non è una violenza per nessuno e quindi non può essere mai una molestia.

 

Non si può dedurre una molestia dall'esterno perché ci sono persone che nonostane soffrono e vedono qualcosa come una violenza, la desiderano comunque, pensate ad una donna che desidera essere contatta ma quando viene contatta soffre, si imbarazza ma comunque preferisce comunque questo scenario al non essere contattata. Un esterno potrebbe dedurre "questa ragazza forse la sto molestando" ma sarebbe un errore. Non fate deduzioni a partire da emozioni negative che potreste scorgere nell'altro e fermatevi solo se l'altro lo dice chiaramente. 

 

Riepilogando potremmo affermare che ci sono settori umani dove una persona è tenuta per prima a chiedersi se sta molestando o meno facendosi dare espressamente il consenso come quello dell'autorità mentre ci sono casi dove una persona è libera di fare quello che desidera fino a quando l'altro non mette in chiaro le cose, in questi ambiti se il soggetto non viene fermato espressamente può fare quello che desidera (sempre nel rispetto della legge) a propria discrezione anche se scorge nell'altro sofferenza per il fatto che non si può sapere dall'esterno se l'altro sia inibito, disaddatto o sia una persona grintosa che da una parte desidera fare una cosa con la quale vive un conflitto interiore (che è quello che traspare all'esterno).

Nessuno può mettersi nei panni degli altri, nessuno può dire se una cosa è molesta o meno, sta al soggetto non solo accettare il fatto che se soffre è una sua causa ma anche affermare il desiderio che l'altro si fermi.

 

 

 

Quali sono le fragilità più comuni dietro l'assolutizzazione a molestia?

- il sentimento di offesa, il soggetto ha ricevuto un comportamento dall'esterno che l'ha fatto sentire inferiore e invece di guardare alla propria fragilità parla di molestia per intendere che il mondo è sbagliato ed è il mondo che deve cambiare e non fare più questi gesti. Questo fenomeno lo troviamo ad esempio in quelle donne che quando vengono contattate da un uomo per strada o ricevono giudizi si sentono violentate perché percepiscono questo comportamento come un potere che loro non posso fermare, spostano quindi lo scenario della libertà a quello di "uomo contro donna" o "lui contro di lei" sentendosi inferiore e quindi sentendosi offese;

- il sentimento di rancore, analogamente al punto precedente il soggetto non accetta qualcosa e invece di pensare che questa è una particolare dinamica che riguarda la sua percezione delle cose (e non di tutti) parla di molestia per assolutizzare qualcosa a sbagliatoe  tentare di cambiare il mondo affinché questo produca solo elementi che accetta;

- emozioni negative, il soggetto soffre a causa del comportamento altrui e quindi lo percepisce come una forma di violenza e la chiama molestia per non guardare alla sua fragilità ma tentare di cambiare il mondo in modo che non sia più violento nei suoi confronti.

 

 

Si legga rispetto per approfondire.

 

APPUNTI:

Oltre la molestia, capire cosa accade nella mente di chi non accetta delle liberaltrui

Un'altra critica che le donne fanno "ti sfido a non scocciarti se anche a te una persona ogni 10 minuti ti facesse un complimento o un commento" qui si evince invece tutta la chiusura mentale, pensare che siccome loro si risentono così saranno sempre così e che tutte le persone sono così, cioè come a dire io mi "risento" quindi smettila perché io non poosso cambiare e il mondo non può cambiare, pensando anche allo stesso tempo che gli uomini non possono capire perché a loro non succede; il suggerimento che fa l'AB è proprio quello di cambiare le proprie credenze per vedere questo evento come indifferente o piacevole, esistono già diverse donne che ne sono indifferenti o ne sono contente, donne che si rendono conto che può essere anche qualcosa di positivo, non per forza perché c'è una persona che ci desidera conoscere ma perché ci si può fare un sorriso su e basta senza risentirsi, quindi perché continuare a ripetere sempre le stesse cose pensando che sia una verità assoluta? Sarei curioso di riascoltare queste donne a 80 anni, quando ormai con un corpo che è arrivato alla fine non solo non vengono più "commentate" ma non vengono nemmeno più considerate, come se non fossero più donne, mi piacerebbe sapere cosa ne pensano del fatto che più nessuna persona le commenta.

ultima modifica il: 15-11-2017 - 15:31:43
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